Danno alla salute, nesso causale: prescrizione agganciata alle conoscenze mediche
Lo Corte di cassazione, sentenza n. 30380 depositata il 17 ottobre, ha chiarito che il termine non decorre se mancano gli strumenti per accertare il nesso causale
Per valutare la prescrizione del danno alla salute, e dunque il relativo diritto al risarcimento, non si può prescindere dalla conoscenze via via acquisite nel tempo dalla scienza medica. In particolare, l'inizio di tale termine non può precedere la diffusione della conoscenza o della tecnica – nel caso risonanza magnetica – capace di accertare il nesso causale tra la patologia - sordità bilaterale -, e la malpractice sanitaria che aveva portato alla ipossia fetale al momento del parto. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 30380 depositata il 17 ottobre, accogliendo parzialmente, e con rinvio, il ricorso di un uomo affetto da ipoacusia neurosensoriale a seguito di un trauma subito alla nascita nel '79.
La Corte di appello di Lecce invece aveva considerato ormai prescritto il diritto a chiedere il risarcimento in quanto nonostante la sordità fosse stata definitivamente stata accertata nell''85, quando il ricorrente aveva 6 anni, soltanto nel 2006 – a seguito di una risonanza - il ricorrente aveva allegato che la stessa trovava origine nella "ipossia intrauterina del feto". Nessun peso invece venne dato alle ragioni della vittima secondo cui l'Rma di "recente acquisizione, invasiva e potenzialmente pericolosa, non rientrava nella prassi ordinaria di tutti gli audiolesi".
La Terza Sezione civile ricorda innanzi tutto che il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno inizia a decorrere "non dal momento in cui il fatto si verifica nella sua materialità e realtà fenomenica, ma da quando esso si manifesta all'esterno con tutti i connotati che ne determinano l'illiceità".
Sicché, prosegue, l'exordium praescriptionis "coincide con il momento in cui viene ad emersione il completamento della fattispecie costitutiva del diritto, da accertarsi, rispetto al soggetto danneggiato, secondo un criterio oggettivo di conoscibilità della etiopatogenesi". Applicando tale principio alla fattispecie, prosegue il ragionamento, non si può perciò ignorare che l'attore abbia dedotto di aver potuto conoscere il nesso causale col parto "soltanto nel 2006, a seguito di risonanza magnetica, quale esame diagnostico ritenuto solo di ‘recente acquisizione'".
Al contrario, prosegue la Cassazione, "l'oggettiva conoscibilità della causa della malattia a carico dell'attore, da valutarsi in correlazione alla diffusione delle conoscenze scientifiche, non risulta affatto dalla sentenza impugnata". La quale si sofferma sul profilo della "carente diligenza nell'accertamento della etiopatogenesi della malattia in ragione di elementi che, tuttavia, non forniscono il dato oggettivo su cui avrebbe dovuto fare leva la condotta diligente, ossia lo stato delle acquisizioni della scienza medica che avrebbero potuto consentire di conoscere, già in epoca precedente al 2006, l'esistenza del nesso eziologico tra sordità bilaterale e ipossia fetale".
Il giudice di appello ha, dunque, ricondotto nella fattispecie legale deputata a dettare la disciplina della decorrenza della prescrizione (art. 2935 c.c., ), "un fatto materiale privo dei connotati idonei a consentire di trarre dalla norma stessa le proprie conseguenze giuridiche, contraddicendone, pertanto, la pur corretta ermeneusi". Così facendo "è incorsa in un vizio di sussunzione e ciò proprio in ragione del mancato accertamento del fatto sopra evidenziato, ossia il dato oggettivo della diffusione delle conoscenze scientifiche in relazione all'esistenza del nesso causale tra la sordità bilaterale … e la ipossia fetale che si assume patita dallo stesso in occasione della nascita".