Daspo valido anche se non indica le singole partite cui è vietato l'accesso
Il destinatario del Daspo che viola il provvedimento con cui il Questore ha posto il divieto di accedere allo stadio in occasione di alcune competizioni sportive commette il reato di cui all'articolo 6 comma 6 della legge 401/1989, non potendo invocare a sua discolpa una pretesa genericità del contenuto del divieto. Il Questore, infatti, non può indicare i singoli eventi sportivi cui il tifoso non può partecipare, ma deve soltanto fissare criteri oggettivi che garantiscano la conoscibilità del precetto e la sua ottemperanza da parte del destinatario. Questo è quanto emerge dalla sentenza 3902/2018 della Corte d'appello di Roma.
I fatti - Protagonisti della vicenda sono due ultrà di una squadra di calcio laziale, già destinatari di Daspo, i quali venivano rintracciati dalla Digos all'interno dello stadio di Rieti in occasione di una partita valevole per il locale campionato di eccellenza, in violazione del divieto disposto nei loro confronti dal Questore di Roma di accedere ai luoghi in cui si svolgono competizioni agonistiche.
Per tale condotta i due tifosi venivano processati e condannati per il reato di cui all'articolo 6 comma 6 della legge 401/1989, che disciplina appunto il “Divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive”. La vicenda giudiziaria finiva così in appello dove la difesa degli imputati chiedeva l'assoluzione per i due ultrà sul presupposto della assoluta genericità del contenuto del Daspo, che vietava l'accesso agli stadi riferendosi agli «incontri agonistici, amichevoli e di beneficenza, calendarizzati e pubblicizzati delle squadre di calcio della lega Pro - 1 e 2 divisione, dilettanti nazionali, regionali e provinciali». In sostanza, difettava completamente il requisito della specificità che un così grave provvedimento impone per la sua emanazione.
La decisione - La Corte d'appello non è però dello stesso avviso e conferma la sentenza di primo grado. Per i giudici romani, infatti, non è fondata la pretesa illegittimità del provvedimento del Questore per la genericità e l'eccessiva latitudine del relativo contenuto. Ebbene, costante giurisprudenza ritiene che, ai fini della validità del Daspo, «non è necessario che le manifestazioni sportive siano nominativamente indicate, essendo sufficiente che queste ultime siano determinabili, sulla base di elementi di identificazione forniti nel provvedimento, in modo certo dal destinatario che ha l'onere di tenersi informato sul punto».
In effetti, afferma il Collegio, il provvedimento del questore non può far altro che «indicare in modo generico e astratto le future manifestazioni sportive in occasione delle quali sorge il divieto di accedere agli impianti sportivi, non essendo materialmente possibile che le specifichi una a una, poiché anche una sempre possibile variazione del calendario vanificherebbe la portata prescrittiva del provvedimento stesso».
L'importante, concludono i giudici, è che siano indicati criteri oggettivi che consentano al destinatario del provvedimento di individuare con certezza quali siano gli avvenimenti sportivi rientranti nel divieto. E nella specie, il riferimento ai campionati e tornei indicati nel provvedimento risulta «tale da garantire la piena conoscibilità del precetto e la possibilità della relativa ottemperanza da parte del destinatario».
Corte d'appello di Roma - Sezione II penale – Sentenza 18 aprile 2018 n. 3902
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