Società

Decreto Concorrenza, esenzione fiscale sui capital gain realizzati dai Fondi pensione che investono in fondi venture capital

Con le modifiche apportate dal Decreto Concorrenza alla legge di bilancio 2017 aumentano le risorse destinabili all’ecosistema delle startup del tech

Premessa

Il 16 dicembre 2024 è stato approvato da Camera e Senato e pertanto convertito in LEGGE 16 dicembre 2024, n. 193, il testo definitivo della c.d. “Legge Concorrenza”, elaborato dal Ministero del Made in Italy, con la collaborazione di esperti e operatori del settore.

Tra le diverse misure, volte a sostenere lo sviluppo del mercato del venture capital – con particolare riguardo ai progetti che coinvolgono le startup tecnologiche – è stato previsto il coinvolgimento proattivo degli enti di previdenza obbligatoria (di seguito “Casse di Previdenza”) e delle forme di previdenza complementare (di seguito “Fondi Pensione”).

Nello specifico, l’art. 33 della Legge Concorrenza ha modificato ed integrato il testo dalla legge n. 232 del 2016 (c.d. “Legge di Bilancio per il 2017”) che già consentiva agli enti di previdenza obbligatoria e alle forme di previdenza complementare di effettuare investimenti, definiti “qualificati”, nella misura massima del 10% del loro attivo patrimoniale, in specifiche classi di investimento, tra le quali anche quote o azioni di fondi per il venture capital, residenti fiscalmente in Italia, nella UE o nel SEE.

Novità apportate dalla Legge Concorrenza alla Legge di Bilancio 2017: regime di esenzione fiscale sui capital gain realizzati da enti di previdenza obbligatoria e dalle forme di previdenza complementare

Intervenendo sui commi 90 e 94 dell’art. 1 della Legge di Bilancio 2017, l’art. 33 della Legge Concorrenza, inizialmente stabilisce quale condizione di accesso al regime di non imponibilità (ossia l’esenzione fiscale dall’imposta sul capital gain del 26%), per i redditi derivanti da investimenti qualificati in quote o azioni di Fondi per il venture capital effettuati da enti di previdenza obbligatoria e dalle forme di previdenza complementare, che i suddetti “investimenti qualificati” in quote o azioni di fondi per il venture capital siano almeno pari al 5% del paniere degli investimenti qualificati risultanti dal rendiconto dell’esercizio precedente e, a partire dall’anno 2026, almeno pari al 10% del paniere degli investimenti qualificati risultanti dal rendiconto dell’esercizio precedente.

La legge 232/2016, così come emendata dalla Legge Concorrenza, prevede dunque nella forma attualmente vigente:

  • all’art. 1 comma 88, che le Casse di Previdenza e i fondi pensione integrativi possono destinare somme, fino al 10 per cento dell’attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell’esercizio precedente, agli “investimenti qualificati” indicati al successivo comma 89 (e al successivo comma 100, che qui però non rileva ai nostri fini);
  • all’art. 1 comma 89, che le somme di cui al precedente comma 88possono essere investite, specificamente, in:

a) azioni o quote di imprese residenti nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo con stabile organizzazione nel territorio medesimo;

b) in quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio residenti nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo, che investono prevalentemente negli strumenti finanziari di cui alla lettera a).

b-bis) quote di prestiti, di fondi di credito cartolarizzati erogati od originati per il tramite di piattaforme di prestiti per soggetti finanziatori non professionali, gestite da società iscritte nell’albo degli intermediari finanziari tenuto dalla Banca d’Italia di cui all’articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, da istituti di pagamento rientranti nel campo di applicazione dell’articolo 114 del medesimo testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993 o da soggetti vigilati operanti nel territorio italiano in quanto autorizzati in altri Stati dell’Unione europea.

b-ter) quote o azioni di Fondi per il Venture Capital residenti nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo.

  • all’art. 1 comma 90, che: “I redditi, diversi da quelli relativi a partecipazioni qualificate di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, generati dagli investimenti qualificati indicati al comma 89 del presente articolo, sono esenti ai fini dell’imposta sul reddito purché gli investimenti qualificati in quote o azioni di Fondi per il Venture Capital di cui al comma 89, lettera b-ter), siano almeno pari al 5 per cento del paniere degli investimenti qualificati risultanti dal rendiconto dell’esercizio precedente e, a partire dall’anno 2026, almeno pari al 10 per cento del paniere degli investimenti qualificati risultanti dal rendiconto dell’esercizio precedente.”

In sintesi, ove una Cassa di Previdenza/Fondo Pensione investa le somme raccolte negli “asset qualificati” elencati al comma 89, entro il limite massimo consentito del 10 per cento del proprio attivo patrimoniale, e, di questi investimenti qualificati, almeno il 5 per cento (10% a partire dal 2026) consista in quote o azioni di Fondi per il Venture Capital (definiti come vedremo infra) residenti Italia, nella UE o nel SEE, la stessa Cassa di Previdenza/Fondo Pensione potrà beneficiare dell’esenzione fiscale dall’imposta sul capital gain (26%) in relazione ai redditi generati da tutti gli investimenti qualificati (per capirci, quelli elencati al comma 89) effettuati.

Con la novità introdotta nella Legge Concorrenza, dunque, i fondi pensione, per poter mantenere le esenzioni fiscali previste, dovranno investire in Fondi per il venture capital almeno il 5% degli investimenti qualificati dell’anno precedente, quota che dovrà salire al 10% a partire dal 2026 e questo comporterà un aumento delle risorse destinabili all’ecosistema delle startup del tech.

In particolare, per il significato della nozione di “Fondi per il Venture Capital” occorre far riferimento alla definizione di cui al comma 213 dell’art. 1 della legge del 30/12/2018 n. 145 (Legge di Bilancio 2019):

“Sono Fondi per il Venture Capital di cui al comma 212 e di cui all’articolo 1, comma 89, lettera b-ter), della legge 11 dicembre 2016, n. 232, introdotta dalla lettera b) del comma 210 del presente articolo, gli organismi di investimento collettivo del risparmio che destinano almeno il 70 per cento dei capitali raccolti in investimenti in favore di piccole e medie imprese, come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, non quotate, residenti nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo con stabili organizzazioni nel territorio medesimo e che soddisfano almeno una delle seguenti condizioni:

a) non hanno operato in alcun mercato;

b) operano in un mercato qualsiasi da meno di sette anni dalla loro prima vendita commerciale;

c) necessitano di un investimento iniziale per il finanziamento del rischio che, sulla base di un piano aziendale elaborato per il lancio di un nuovo prodotto o l’ingresso su un nuovo mercato geografico, è superiore al 50 per cento del loro fatturato medio annuo negli ultimi cinque anni.”

Conclusioni

Alla luce della definizione di cui sopra, le Casse di Previdenza/Fondi Pensione, per beneficiare della esenzione fiscale sui capital gain menzionata in precedenza possono pertanto investire in veicoli che rivestono la forma di organismi di investimento collettivo del risparmio chiusi o società di investimento a capitale fisso, residenti in Italia, in UE o nel SEE e nella misura in cui rispettino l’ulteriore condizione che investano almeno il 70% dei capitali raccolti in piccole e medie imprese (PMI) non quotate in mercati regolamentati e operative sul territorio dello Stato che soddisfano almeno una delle condizioni di cui alle lettere a), b) o c) di cui sopra, siano esse fiscalmente residenti in Italia o in UE o nel SEE purché dotate di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato.
Su quest’ultimo aspetto territoriale, la definizione di cui all’art. 1 comma 213 Legge di Bilancio 2019 non è particolarmente chiara, ma si ritiene, anche sulla base di contributi di autorevole dottrina, di poter avallare questa interpretazione.

______

* Luca Petroni, Associate Partner, Avvocato, Rödl & Partner e Emanuele Spagnoletti Zeuli, Manager, Dottore Commercialista, Rödl & Partner

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©