Decreto ingiuntivo infondato, paga la toga
La Cassazione (sentenza 4662) accoglie il ricorso dell’impresa contro la presidenza del Consiglio dei ministri
Il magistrato è responsabile per i danni subìti dall’impresa se avalla un decreto ingiuntivo provvisorio, in assenza di sufficienti presupposti. Per escludere la “colpa” della toga non basta che il via libera all’esecuzione provvisoria del decreto sia stata subordinata al deposito di una cauzione, che si rivela non valida a causa del comportamento scorretto del creditore. La Cassazione (sentenza 4662) accoglie il ricorso dell’impresa contro la presidenza del Consiglio dei ministri, teso ad ottenere il risarcimento per la responsabilità dei magistrati. Un diritto negato nei giudizi di merito. Ad avviso della Corte territoriale, il danno all’azienda non era stato provocato dall’ esecuzione del decreto, benché non fondato su elementi solidi , ma dal dolo del creditore. E questo perché il decreto ingiuntivo contestato non era un provvedimento decisorio, ai fini della definizione della causa. Come dimostrato dal fatto che l’opposizione dell’azienda era stata accolta e il decreto revocato. Condizione che avrebbe comportato il venire meno del danno. Il pregiudizio era invece il risultato dalla condotta processuale scorretta del creditore, che aveva prodotto una fideiussione non valida. Il suo fallimento, unito a quello della società garante, avevano impedito alla ricorrente di recuperare quanto versato in virtù del provvedimento monitorio. Un comportamento, ai limiti del dolo, tale da far venire meno il nesso di causalità tra il danno prodotto e la colpa dei magistrati.
Di parere diverso la Suprema corte che, ai fini del nesso causale, valorizza il principio del «più probabile che non», chiarendo che il pregiudizio non si sarebbe prodotto senza l’errore, commesso a monte dalle toghe, che avevano dato il via libera ad un provvedimento illegittimo. In questo contesto il dolo del creditore può, semmai, incidere sull’entità del risarcimento, ma non è sufficiente per escludere la responsabilità dei magistrati.
Conclusione che la Cassazione affida ad un principio di diritto. I giudici di legittimità chiariscono, infatti, che «in caso di comportamento colposo di un soggetto, idoneo a cagionare un danno, la condotta dolosa di un altro soggetto, che non si ponga come autonoma, eccezionale ed atipica rispetto alla serie causale già in atto, non è idonea a interrompere il nesso causale con l’evento dannoso, ma potrà al più, assumere rilievo solo sul piano della selezione delle conseguenze dannose risarcibili».