Società

Delibere assembleari e principio della domanda, il recente arresto della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, con ordinanza del 18 aprile 2023 n. 10233, ha enucleato una serie di rilevanti principi in materia di impugnazione di delibere societarie

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di Antonio Martini, Ilaria Canepa, Alessandro Botti e Arianna Trentino*

La Corte di Cassazione, con ordinanza del 18 aprile 2023 n. 10233 , ha enucleato una serie di rilevanti principi in materia di impugnazione di delibere societarie.

In primo luogo è stato ricordato che il principio per cui il giudice innanzi al quale è stata proposta domanda di nullità contrattuale ha il potere-dovere di rilevare, nel caso in cui emerga dagli atti di causa e previa provocazione del contraddittorio fra le parti sulla diversa causa di nullità, l'esistenza della nullità per titolo diverso da quello fatto valere dalla parte, è suscettibile di applicazione anche nell'ambito delle impugnazioni delle deliberazioni assembleari.

Nel caso, invece, in cui il giudice sia stato investito da una domanda che ne presuppone la "non-nullità", come ad esempio di esecuzione o di annullamento, la rilevabilità d'ufficio della nullità, nel corso del processo e fino alla precisazione delle conclusioni, rimane soggetta al principio della domanda: di conseguenza, il giudice, salvo il caso in cui sulla validità dell'atto si sia formato il giudicato, potrà sempre rilevare d'ufficio la nullità del contratto o della delibera, anche in sede di appello, posto che si tratta di eccezione in senso lato e in funzione di rigetto della domanda, ma non potrà accertare in dispositivo la nullità della delibera o del contratto in difetto di domanda proposta dalla parte.

Nel caso sottoposto al vaglio della Corte Suprema, a fronte della proposizione in primo grado della sola domanda di annullamento della delibera, gli ermellini hanno ribadito come l'attore non poteva proporre per la prima volta in appello la domanda di nullità e il giudice d'appello, conseguentemente, non poteva esaminarne la relativa domanda (né la Corte di Appello avrebbe potuto dichiarare d'ufficio la nullità, posto che in tal caso si avrebbe avuto l'inammissibile accoglimento di domanda nuova proposta in secondo grado).

E' stato, inoltre, precisato come, anche per la rilevabilità d'ufficio della nullità delle delibere, trovi applicazione il termine di decadenza di tre anni sancito dall'art. 2379 c.c. (secondo quanto previsto in modo specifico dalla norma contenuta nel secondo comma dell'articolo in parola).

In considerazione della particolare rilevanza del caso, è stato pertanto affermato il principio di diritto secondo cui «il giudice, se investito dell'azione di nullità di una delibera assembleare, ha sempre il potere (e il dovere), in ragione della natura autodeterminata del diritto cui tale domanda accede, di rilevare e di dichiarare in via ufficiosa, e anche in appello, la nullità della stessa per un vizio diverso da quello denunciato ;
- se, invece, la domanda ha per oggetto l'esecuzione o l'annullamento della delibera, la rilevabilità d'ufficio della nullità di quest'ultima da parte del giudice nel corso del processo e fino alla precisazione delle conclusioni dev'essere coordinata con il principio della domanda per cui il giudice, da una parte, può sempre rilevare la nullità della delibera, anche in appello, trattandosi di eccezione in senso lato, in funzione del rigetto della domanda ma, dall'altra parte, non può dichiarare la nullità della delibera impugnata ove manchi una domanda in tal senso ritualmente proposta, anche nel corso del giudizio che faccia seguito della rilevazione del giudice, dalla parte interessata;
- nell'uno e nell'altro caso, tuttavia, tale potere (e dovere) di rilevazione non può essere esercitato dal giudice oltre il termine di decadenza, la cui decorrenza è rilevabile d'ufficio e può essere impedita solo dalla formale rilevazione del vizio di nullità ad opera del giudice o della parte, pari a tre anni dall'iscrizione o dal deposito della delibera stessa nel registro delle imprese ovvero dalla sua trascrizione nel libro delle adunanze dell'assemblea».
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*A cura dell'Avv. Antonio Martini, partner, Avv. Ilaria Canepa e Alessandro Botti, Dott.ssa Arianna Trentino- Studio CBA

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