Penale

Delitti contro la P.A. – Una recente sentenza della Cassazione sulla fattispecie di Frode nelle pubbliche forniture ex art. 356 c.p.

Nota a margine della sentenza, Cassazione Penale, sez VI, 18-09-2020, dep. 08-10-2020, n. 28130

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di Fabrizio Ventimiglia e Stefania Messina*


Con la decisione in commento, la Corte di Cassazione, sesta sezione penale, ha affermato che, ai fini della configurabilità dei reati di inadempimento di contratti di pubbliche forniture e di frode nelle pubbliche forniture, il termine "fornitura" si riferisce sia alle cose che alle opere, e quindi anche al "facere" costituito dalle prestazioni di materiali e attività tecniche e lavorative di un'impresa, volte ad assicurare il soddisfacimento delle finalità sottese al servizio pubblico.


Questa in sintesi la vicenda processuale.

Il Tribunale del Riesame di Cagliari confermava con ordinanza del 12.02.2020 il decreto emesso dal G.I.P. del Tribunale di Oristano, con il quale, nell'ambito di un procedimento penale a carico della responsabile di un'Agenzia interinale di Sassari in relazione all'ipotesi delittuosa di cui all'art. 356 c.p., contestata in concorso col responsabile del servizio professioni sanitarie dell'Azienda sanitaria locale di Oristano, era stata rigettata la richiesta di revoca del divieto temporaneo di esercitare attività imprenditoriali, misura cautelare applicata all'indagata per avere quest'ultima, secondo la provvisoria ipotesi accusatoria, somministrato manodopera interinale senza osservare le clausole contrattuali finalizzate a selezionare il personale in modo oggettivo nell'esecuzione del contratto di appalto stipulato tra l'Agenzia interinale e l'A.s.l.

L'indagata, pertanto, ricorreva per Cassazione avverso la citata ordinanza, chiedendone l'annullamento, eccependo in particolare l'inosservanza o l'errata applicata del reato ex art. 356 c.p. Più nello specifico, rilevava la ricorrente, come, anzitutto, non fossero previste, nel contratto d'appalto e nel capitolato, particolari modalità volte ad assicurare l'oggettività della selezione del personale e che – in considerazione del fatto che il rapporto di lavoro subordinato col lavoratore sussiste in capo all'Agenzia somministratrice e non alla P.A. – la selezione effettuata dalle agenzie di lavoro non fosse volta a garantirne l'imparzialità nella scelta dei lavoratori, quanto piuttosto ad individuare risorse corrispondenti ad una specifica e urgente necessità dell'ente pubblico.

Da ultimo, l'erronea applicazione della fattispecie di reato contestata deriverebbe da una errata interpretazione del contratto, nel caso di specie non concernente "cose od opere" (come richiesto dal combinato disposto degli artt. 355 e 356 c.p.), ma prestazioni lavorative non rientranti nel novero dei contratti di fornitura di cose materiali.

La Corte di Cassazione, dichiarando fondati i primi due motivi di ricorso, ha annullato l'ordinanza del Tribunale di Cagliari rinviando ad altra sezione del medesimo Tribunale per un nuovo giudizio.

I Giudici di legittimità hanno modo, tuttavia, di chiarire, in risposta alle censure contenute nel motivo di ricorso relative alla impossibilità di ritenere integrato il reato oggetto di contestazioni in ipotesi di contratti non riguardanti "cose od opere" che – per la configurabilità dei reati di cui agli artt. 355 e 356 c.p. – per "forniture" si devono intendere sia le cose che le opere, categoria tra cui rientra la fornitura di prestazioni lavorative e quindi il contratto di lavoro interinale.

La Suprema Corte ha modo di sottolineare, inoltre, come l'affidamento della P.A. del servizio all'Agenzia interinale non obbliga la stessa ad attivare alcun contratto essendo rimessa tale opzione ad una valutazione unilaterale della medesima sulla situazione contingente.

Va, inoltre, rimarcato, ad avviso dei Giudici, che nel rapporto di somministrazione di lavoro interinale, il quale, come noto, intercorre tra tre soggetti (somministratore, lavoratore e agenzia/ente pubblico), il lavoratore dipende giuridicamente dalla sola agenzia fornitrice – sebbene presti il suo lavoro presso l'ente – e da ciò ne deriva che la c.d. esternalizzazione del pubblico impiego non è giuridicamente riconducibile alla categoria del pubblico impiego, alla quale soltanto è correlata la previsione costituzionale dell'accesso mediante pubblico concorso (art. 97, co. 4, Cost.).

Peraltro, ad avviso dei Giudici di legittimità, ciò che va verificato ai fini di una valutazione sulla rilevanza penalistica ai sensi degli artt. 355 o 356 c.p., è se le modalità di selezione e formazione del personale (coerenti i principi consacrati all'art. 97 Cost.) siano espressamente previste in specifiche norme legislative e/o negli accordi contrattuali fra la P.A. e l'Agenzia somministratrice.

Mentre infatti, la Corte di Cassazione considera sufficiente per la configurazione del reato di cui all'art. 355 c.p. la constatazione dell'illiceità civile dell'inadempimento, con riferimento alla fattispecie di cui all'art. 356 c.p. deve essere ravvisabile il dolo generico rappresentato dalla consapevolezza e volontà di consegnare cose in tutto o in parte difformi in modo apprezzabilmente significativo da quelle convenute o disposte con legge o atto amministrativo.

Concludono, pertanto, i Giudici della Suprema Corte, in accoglimento dei primi due motivi di ricorso, dichiarando l'annullamento dell'ordinanza impugnata in quanto nel percorso motivazionale non risulta adeguatamente individuato e determinato il contenuto contrattuale sulla base del quale il Tribunale di Cagliari ha ravvisato una lesione del principio di buon andamento e imparzialità della P.A.

* Fabrizio Ventimiglia e Stefania Messina, Studio Legale Ventimiglia

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