Civile

Destituibile il notaio che non versa le imposte all’erario

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di Adriano Pischetola

Non è fondata la questione della legittimità costituzionale della previsione contenuta nella legge notarile (articolo 147, comma 2, della legge 89/13), dove è stabilito che la destituzione, quale sanzione disciplinare, è «sempre» applicata se il notaio, dopo essere stato condannato per due volte alla sospensione per aver posto in essere una condotta sanzionabile ai sensi del medesimo articolo 147, contravviene nuovamente alle prescrizioni della citata norma nei dieci anni successivi all’ultima violazione.

In particolare, tale previsione non può essere oggetto di censura sul piano della legittimità costituzionale neppure se la sua applicazione possa confliggere con altra previsione della medesima legge (articolo 144) per cui, se ricorrano circostanze attenuanti o risulti che il notaio, dopo aver commesso l’infrazione, si sia adoperato per eliminare le conseguenze dannose della violazione o abbia riparato interamente il danno prodotto, è sostituita la sanzione della sospensione alla destituzione.

Questo quanto sancito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 133 emessa il 17 aprile 2019 e depositata in Cancelleria il 29 maggio 2019.

La fattispecie riguarda un notaio che era già stato per due volte ritenuto responsabile – nel 2012 e nel 2013 – dell’illecito previsto dall’articolo 147, comma 1, della legge 89/13, per non avere versato all’erario le somme corrisposte dai clienti per la registrazione e la trascrizione degli atti rogati. Nel primo caso gli era stata inflitta la sanzione della sospensione per la durata di due mesi, e nel secondo caso quella della sospensione per la durata di un anno.

Nel 2015 la Commissione amministrativa regionale di disciplina (Co.Re.Di.) aveva ritenuto nuovamente responsabile il notaio per altre condotte integranti l’illecito disciplinare di cui sempre all’articolo 147, la stessa Commissione aveva applicato il secondo comma della disposizione e quindi aveva irrogato la sanzione della destituzione del notaio stesso, in quanto l’ulteriore violazione risultava perpetrata nei dieci anni successivi all’ultima già posta in essere.

La questione di legittimità costituzionale era stata sollevata dalla Cassazione, dopo che il ricorso del notaio era già stato respinto dalla Corte d’appello, in ragione del fatto che la sanzione della destituzione sarebbe «prevista dalla legge in modo inderogabile, sulla base di una presunzione iuris et de iure di gravità del fatto», dando vita ad una sorta di “automatismo sanzionatorio”, comportando l’inapplicabilità di una possibile ’graduazione’ proporzionale della sanzione, e quindi un presumibile contrasto della norma con il principio di eguaglianza.

Ma la Consulta ha spazzato via tutte le questioni di legittimità costituzionale sollevate. Non c’è contrasto con l’articolo 3 della Costituzione in quanto, nella fattispecie, la recidività del notaio incolpato, connessa con la particolare rilevanza degli interessi «della circolazione dei beni giuridici», affidati alla professionalità e autorevolezza del ruolo e della funzione notarile, richiede l’applicazione della sanzione massima della destituzione.

Corte costituzionale – Sentenza 133/2019

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