Detenzione domiciliare speciale, richiesta provvisoria al magistrato di sorveglianza
Lo ha stabilito la Corte costituzionale, con la sentenza n. 30 depositata oggi
La detenzione domiciliare speciale, come avviene già per quella ordinaria, può essere applicata in via provvisoria dal magistrato di sorveglianza a fronte al rischio di un rilevante danno per il figlio piccolo del detenuto che, per esempio, nelle more della decisione del tribunale potrebbe essere collocato in un istituto.
La Corte costituzionale con la sentenza n. 30 depositata oggi ha così dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 47-quinquies, commi 1, 3 e 7, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario), nella parte in cui non prevede che, ove appunto vi sia un grave pregiudizio per il minore derivante dalla protrazione dello stato di detenzione del genitore, l'istanza di detenzione domiciliare possa essere proposta direttamente al magistrato di sorveglianza, che a quel punto può disporre l'applicazione provvisoria della misura.
Accolta dunque la questione posta dal Magistrato di sorveglianza di Siena che riferiva di dover provvedere sull'istanza di ammissione urgente alla detenzione domiciliare speciale avanzata da un condannato con pena residua superiore ai quattro anni di reclusione, padre di una figlia minore di anni dieci, all'accudimento della quale la madre sarebbe impossibilitata per ragioni di salute.
La Consulta ricorda che la detenzione domiciliare speciale ha natura "sussidiaria" e "complementare" rispetto alla detenzione domiciliare ordinaria in quanto, "pur condividendo con tale misura la finalità di tutela del figlio in tenera età di persona condannata a pena detentiva, può trovare applicazione anche nell'ipotesi in cui la pena da scontare dal genitore superi il limite dei quattro anni di reclusione, viceversa ostativo alla concessione della misura ordinaria". Infatti, argomenta la Corte, mentre l'articolo 47-ter, comma 1, O.P. consente che la madre di prole di età inferiore a dieci anni (lettera a), o in sua vece il padre (lettera b), acceda all'espiazione domiciliare della pena della reclusione non superiore a quattro anni (anche se parte residua di maggior pena), l'articolo 47-quinquies, comma 1, O.P. ammette la detenzione domiciliare speciale «[q]uando non ricorrono le condizioni di cui all'articolo 47-ter» – quindi anche per l'espiazione di una pena superiore ai quattro anni di reclusione –, purché non sussista «un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti» e vi sia «la possibilità di ripristinare la convivenza con i figli», ciò al dichiarato fine «di provvedere alla cura e alla assistenza dei figli», e comunque «dopo l'espiazione di almeno un terzo della pena ovvero dopo l'espiazione di almeno quindici anni nel caso di condanna all'ergastolo».
Nonostante la diversità delle fattispecie regolate, connessa alla differente entità della pena da espiare, la decisione spiega che le due misure perseguono la stessa finalità, "cioè quella di evitare, fin dove possibile, che l'interesse del bambino sia compromesso dalla perdita delle cure parentali, determinata dalla permanenza in carcere del genitore, danno riflesso noto come ‘carcerizzazione dell'infante'".
Mentre però il comma 1-quater dell'articolo 47-ter O.P. stabilisce che, «[n]ei casi in cui vi sia un grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione», l'istanza di detenzione domiciliare – anziché al tribunale di sorveglianza – «è rivolta al magistrato di sorveglianza che può disporre l'applicazione provvisoria della misura»; questa disposizione non è ripetuta, né richiamata, dall'articolo 47-quinquies O.P.. Sicché, ammessa per la detenzione domiciliare ordinaria (segnatamente per quella nell'interesse del minore ex art. 47-ter, comma 1, lettere a) e b), OP), l'applicazione provvisoria della misura alternativa non è consentita per la detenzione domiciliare speciale, che pure dell'altra condivide la ratio di tutela del fanciullo.
Tuttavia, osserva la Corte, la "quota di espiazione preliminare", che rappresenta l'essenziale aspetto distintivo della detenzione domiciliare speciale rispetto a quella ordinaria, ha proprio la funzione di bilanciare il superamento del "tetto" dei quattro anni di reclusione, poiché l'espiazione intramuraria di almeno un terzo della pena (o quindici anni nel caso di ergastolo) consegna comunque agli uffici di sorveglianza i risultati di una consistente esperienza trattamentale.
Ne discende, conclude la Corte, che il magistrato di sorveglianza può applicare in via provvisoria la detenzione domiciliare speciale «quando sono offerte concrete indicazioni in ordine alla sussistenza dei presupposti per l'ammissione» e «al grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione», a ciò provvedendo con ordinanza tipicamente interinale, la quale «conserva efficacia fino alla decisione del tribunale di sorveglianza, cui il magistrato trasmette immediatamente gli atti, che decide entro sessanta giorni».