Detenzione inumana se nello spazio vivibile della cella è calcolato il letto a castello
Le sezioni Unite chiariscono l'impatto negativo di mobili non facilmente amovibili sull'area di movimento dei detenuti
In ordine all'individuazione dello spazio minimo vivibile all'interno di una cella la giurisprudenza ha oscillato sulla rilevanza della superficie materialmente calpestabile oppure di quella che comunque consenta il movimento. Tra queste due nozioni rappresentative di altrettanti filoni giurisprudenziali di legittimità si impone la fissazione di un criterio univoco. Da cui l'intervento attuale delle sezioni Unite penali della Corte di cassazione attraverso la sentenza n. 6551/2021.
La Cassazione respinge il ricorso del ministero che aveva contestato la decisione del magistrato di sorveglianza con cui era stata ritenuta al di sotto della soglia di un'umana carcerazione la circostanza di una detenzione dove i tre metri quadrati minimi venivano riconosciuti disponibili anche se in parte occupati dai mobili. L'articolo 3 della Convenzione dei diritti dell'uomo vieta appunto forme degradanti di carcerazione e la giurisprudenza della Corte Edu ha determinato dei criteri oggettivi per valutare tale spazio minimo in una cella collettiva. La giurisprudenza Cedu è tra l'altro richiamata come fonte diretta dalle norme italiane dell'ordinamento penitenziario, ma la Cassazione precisa che dove l'orientamento della Corte Edu non è consolidato il giudice italiano deve prodursi nella attività interpretativa a cui è chiamato senza adozione automatica di una decisione del giudice di Strasburgo.
Tale interpretazione da parte del giudice nazionale è anche indicata dalla Corte Ue come necessaria contro rigidi automatismi ricettivi delle pronunce della Corte Edu al di là di un orientamento manifestatosi come consolidato. In particolare, nella valutazione della legittimità ed eseguibilità di un mandato di arresto europeo il giudice deve esplicare un giudizio il più ampio possibile sulle condizioni detentive in cui si verrebbe a trovare il soggetto colpito dal Mae.
Il criterio consolidato
La Cassazione fa però rilevare che in materia esiste ormai un dato positivo insuperabile, frutto dell'elaborazione giurisprudenziale, che è quello dello spazio minimo individuale pari a tre metri quadrati e che da questi vanno sottratti tutti i mobili non facilmente amovibili, tra cui è ormai pacifico che rientrino i letti castello di una cella collettiva. Il contrasto risolto dalla Cassazione non si riferiva solo ai diversi orientamenti emersi nella giurisprudenza di legittimità italiana, ma anche alle oscillazioni di quella della Corte Edu emergenti dalle sentenze Torreggiani del 2013 , che aveva escluso dallo spazio fruibile l'area occupata dal letto a castello e la sentenza Marsic del 2016 che definiva spazio fruibile della cella quello calcolato al lordo dell'ingombro dei mobili. E la Cassazione interpreta proprio tale nozione definitivamente escludendo dalla superficie fruibile l'ingombro di un letto a castello senza dare rilevanza alle attività di riposo in un giudizio che esamina lo spazio di movimento assicurato al detenuto.