Penale

Detenzione di materiale pedopornografico per immagini salvate nello storage cloud di un account in un sito

Non è quindi la navigazione in sé a rilevare ma la materiale disponibilità dei files anche se per un tempo limitato apprezzabile

di Paola Rossi

Il mantenimento di diversi files, che ritraggono minori in versione esplicitamente sessuale, accessibili dall'interno di un proprio account creato su un sito internet costituisce detenzione di materiale pedopornografico ai sensi dell'articolo 600 quater del Codice penale.

Il ricorso respinto dalla Cassazione penale con la sentenza n. 4212/2023 pretendeva di contestare la condanna a un anno di detenzione e 800 euro di multa, sostenendo che i giudici avevano condannato il ricorrente per il rinvenimento di sole 18 tracce di navigazione verso siti pedopornografici.

La Cassazione, nel respingere il ricorso, chiarisce invece che il reato di detenzione del materiale vietato contestato al ricorrente è stato accertato in base al contenuto del cloud storage abbinato all'account dell'imputato su due siti dedicati a tali odiosi interessi sessuali.

I giudici di legittimità affermano, partendo dal caso concreto, che la possibilità di conservare files immagine, magari anche per un tempo limitato comunque apprezzabile, in un proprio account personale, accessibile solo da chi ne ha le credenziali, integra la condotta di detenzione punita dalla norma penale che combatte il fenomeno della pedopornografia.

La circostanza che le immagini fossero state rinvenute all'interno di un account a un sito non esclude la relazione diretta e personale di chi le ha immagazzinate nel suo profilo. Non è infatti, rilevante, che non si trattase di un device personale come lo smartphone o il proprio personal computer.

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