Penale

Dichirazione infedele, confermato il maxi sequestro da 6 mln a Mirko Vucinic

Per la Cassazione, sentenza n. 29095/2020, pur giocando dal 2014 negli Emirati aveva mantenuto la residenza in Italia

di Francesco Machina Grifeo

La Cassazione, sentenza n. 29095 depositata il 21 ottobre scorso, ha giudicato inammissibile il ricorso dell'ex attaccante montenegrino della Juventus Mirko Vucinic (già alla Roma e prima ancora al Lecce) contro il maxisequestro del valore di 5,8 milioni di euro per dichiarazione infedele nelle annualità dal 2014 al 2017. Il provvedimento disposto nel novembre 2019 dal Gip del Tribunale di Lecce era stato confermato (a dicembre) dal Tribunale del riesame. In quegli anni, infatti, secondo la Corte, se è vero che il calciatore militava nelle fila dell'Al-Jazira (che l'aveva comprato per 6,3mln dai Bianconeri), giocando dunque ad Abu Dhabi negli Emirati Arabi, non aveva però realmente spostato il proprio centro di interessi nel paese a fiscalità privilegiata.

Ai fini delle imposte sui redditi, ricorda la III Sezione penale, si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d'imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza. Ma si considerano altresì residenti, fino a prova contraria, i cittadini trasferiti in Stati a fiscalità privilegiata.

Il Tribunale ha poi preso in esame anche la Convenzione sulle doppie imposizioni che, ai fini della residenza, valuta tre parametri: il possesso di una abitazione permanente; il centro di interessi vitali ed il luogo abituale di soggiorno.

Così ricostruito il quadro normativo, l'ordinanza riporta in modo dettagliato tutta una serie di indicatori sfavorevoli al ricorrente: il mancato trasferimento della residenza di moglie e figli che frequentavano la scuola in Italia; il versamento di contributi per collaboratori domestici; la proprietà di autoveicoli e motoveicoli; la titolarità di immobile ed utenze a Roma e Lecce; le rilevanti spese sostenute (nell'ordine di centinaia di migliaia di euro).

Per la Suprema corte dunque si tratta di "un complesso ed articolato percorso motivazionale" all'esito del quale il Tribunale - con argomento non censurabile - ha concluso per il fumus del delitto contestato, assumendo che il fuoriclasse "avesse mantenuto effettivo e sostanziale domicilio in Italia per almeno 183 giorni in ciascuno degli anni coinvolti" ed ha così confermato l'omessa dichiarazione dei redditi percepiti negli Emirati Arabi Uniti. Oltre al fatto, conclude la decisione, che il calciatore non ha mai sostenuto di aver pagato le tasse all'estero, presupposto indispensabile per l'applicazione della Convenzione sulle doppie imposizioni

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