Lavoro

Dimensione dell'azienda e giustificato motivo di licenziamento, onere probatorio in capo al datore di lavoro

L'assolvimento dell'onere consente l'applicabilità al licenziamento illegittimo del solo risarcimento pecuniario

di Francesco Giglioni

Con sentenza n. 38029 pubblicata in data 29.12.2022 , la Corte Suprema di Cassazione, Sez. Lavoro, ha ribadito che, nel riparto dell'onere probatorio, spetta al datore di lavoro, e non al lavoratore, provare le dimensioni dell'impresa o il giustificato motivo del licenziamento.

Nella fattispecie all'esame della Corte, la lavoratrice aveva impugnato il licenziamento intimatole dall'Azienda per mancato superamento della prova.

Nel ricorso introduttivo, la lavoratrice aveva allegato il fatto del superamento del requisito dimensionale previsto dall'art. 18, L. 300/1970 da parte dell'Azienda e quest'ultima non aveva dimostrato il fatto impeditivo del mancato superamento.

Il datore di lavoro aveva, pertanto, presentato ricorso per Cassazione, deducendo, tra gli altri, l'illegittimità della decisione con cui la Corte territoriale aveva reintegrato la lavoratrice, pur non avendo quest'ultima, secondo la ricorrente, assolto all'onere di dimostrare i requisiti dimensionali dell'azienda.

La sentenza ha dichiarato il motivo inammissibile ed infondato, ribadendo che:
"Anche dopo la sentenza a Sezioni Unite n. 141/2006 , questa Corte ha costantemente ribadito che, ai fini dell'applicazione della tutela reale o obbligatoria del licenziamento di cui sia stata accertata l'invalidità, sono fatti costitutivi del diritto soggettivo del lavoratore a riprendere l'attività e, sul piano processuale, dell'azione di impugnazione del licenziamento esclusivamente l'esistenza del rapporto di lavoro subordinato e l'illegittimità dell'atto espulsivo, mentre le dimensioni dell'impresa, inferiori ai limiti stabiliti dall'art. 18 St. Lav., costituiscono, insieme al giustificato motivo del licenziamento, fatti impeditivi che devono, perciò, essere provati dal datore di lavoro ."

Secondo l'orientamento consolidato della Corte, infatti, l'assolvimento di un siffatto onere probatorio consente al datore di lavoro di dimostrare, anche ai sensi dell'art. 1218 c.c. (impossibilità della prestazione per causa non imputabile al debitore), che l'inadempimento degli obblighi derivanti dal contratto non è ad esso imputabile e che quindi non sussiste il diritto del lavoratore a riprendere il suo posto di lavoro, con conseguente applicabilità al licenziamento illegittimo del (solo) risarcimento pecuniario.

Addossare sul datore di lavoro l'onere di provare i fatti impeditivi quali la dimensione dell'impresa o la impossibilità di assolvere gli obblighi contrattuali per motivi oggettivi risponde, secondo la sentenza, ad una equa e corretta ripartizione dell'onere probatorio tra datore e lavoratore, essendo troppo difficile, per quest'ultimo, entrare nella disponibilità di fatti "idonei" a provare il numero dei lavoratori occupati nell'impresa ( Cass. Civ. Sez. Lavoro 19.4.2017 n. 9867 ).


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