Famiglia

Nell'opposizione al precetto sui crediti maturati dal genitore per il mantenimento del figlio maggiorenne solo questioni relativi alla validità ed efficacia del titolo

La Suprema corte con l'ordinanza 27602 ha ribadito l'esclusione dei motivi sopravvenuti

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di Elisabetta Iorio

Nel procedimento di opposizione a precetto, relativo a crediti maturati per il mancato pagamento dell’assegno di mantenimento a favore del figlio, disposto in sede di separazione o di divorzio, possono essere dedotte unicamente questioni relative alla validità ed efficacia del titolo esecutivo e non anche fatti sopravvenuti, i quali debbono farsi valere unicamente col procedimento di modifica delle condizioni della separazione o del divorzio.   A ribadirlo nuovamente è la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 27602, depositata il 3 dicembre 2020.

 La vicenda in esame

Il padre di un figlio maggiorenne aveva impugnato la sentenza della Corte di Appello, che aveva confermato il provvedimento di rigetto del Tribunale, relativo all’opposizione da lui promossa, a seguito della notifica dell’atto di precetto per il mancato pagamento del contributo al mantenimento del figlio maggiorenne per i 5 anni precedenti.

Il padre impugnava la sentenza di appello, avanti la Corte di Cassazione, lamentando, come primo motivo, la violazione di legge, in quanto la Corte, erroneamente, avrebbe ritenuto sussistere la legittimazione della madre a richiedere l’assegno di mantenimento per il figlio, benché quest’ultimo fosse maggiorenne. Il ricorrente, come secondo motivo, deduceva l’errore procedurale per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., non avendo la Corte Territoriale valutato la sussistenza di un accordo di fatto intervenuto tra padre e figlio in ordine al mantenimento.

 Le motivazioni della Suprema corte

La Suprema corte dichiarava entrambi i motivi inammissibili.

La Cassazione riteneva che i Giudici di merito avessero deciso la controversia conformemente ai principi ripetutamente espressi dalla giurisprudenza di legittimità.

Infatti, il Tribunale e la Corte di Appello avevano respinto l’opposizione a precetto con congrua motivazione, ritenendo che permaneva la legittimazione della madre a chiedere il pagamento dell’assegno di mantenimento per il figlio, anche se divenuto maggiorenne, e che, in ogni caso, si tratterebbe di questione da far valere non con l’opposizione a precetto, ma con la modifica delle condizioni di divorzio. Ugualmente, se si intende dimostrare che il figlio, divenuto maggiorenne, abbia una propria fonte di reddito, a seguito di un tacito accordo con il padre che l’avrebbe assunto nella propria azienda.

La a Suprema Corte ha richiamato espressamente la sentenza di legittimità n. 17689 del 2 luglio 2019 e ha ribadito il principio secondo cui in sede di opposizione a precetto non possono essere fatte valere questioni che dovrebbero essere vagliate in sede di modifica delle condizioni di divorzio, quali fatti sopravvenuti alla sentenza di divorzio, come il dedotto accordo tra il padre e il figlio in ordine al mantenimento.

La Suprema Corte ha sottolineato che il fatto sopravvenuto non aveva privato il titolo esecutivo in materia di famiglia di efficacia e validità, in quanto assistito di un’attitudine al giudicato cd. “rebus sic stantibus”, riguardo alla quale i fatti sopravvenuti potevano rilevare solo attraverso la speciale procedura di modifica delle condizioni della sentenza di divorzio in punto mantenimento figlio, devoluta esclusivamente al Giudice del divorzio e a questi riservata a tutela del superiore interesse pubblicistico di composizione della crisi famigliare.

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