Penale

Dlgs 231, società responsabile se il modello è carente sulla prevenzione

Lo ha stabilito la Cassazione in relazione a un reato in materia di lavoro commesso da un dirigente

di Marco Pauletti

La società è responsabile del reato in materia di lavoro commesso dal proprio dirigente nonostante l’adozione di un modello organizzativo risultato, però, carente nella parte relativa alla prevenzione degli infortuni. Nella specie l’ente ha tratto vantaggio dalla condotta, che si è sostanziata in un risparmio di spesa.
A fornire questa rigorosa interpretazione è la Corte di Cassazione, IV sezione penale, con la sentenza 33976/2022, secondo cui, in estrema sintesi, la mera adozione del modello organizzativo non è sufficiente ad assicurare all’ente l’impunibilità relativa ai reati espressamente previsti dal catalogo, nel caso non risulti concretamente idoneo a prevenire quei reati maggiormente ricollegati alle più frequenti aree di rischio nell’attività dell’impresa.
Nel caso in esame, al presidente del consiglio di amministrazione di una società, in quanto soggetto apicale, veniva contestato il reato previsto dall’articolo 590, comma 3 del Codice penale. Più in particolare aveva messo, a disposizione di un lavoratore, un meccanismo privo dei requisiti per la sicurezza, cagionando a titolo di colpa, consistita in negligenza, imprudenza o imperizia, delle lesioni in violazione della disciplina antinfortunistica (articolo71 del Testo unico sulla sicurezza sul lavoro).
Di conseguenza alla società era contestata la violazione prevista dall’articolo 25 septies del Dlgs 231/2001.
La Corte di appello confermava la condanna di primo grado per le lesioni personali gravi ai danni di un dipendente, a vantaggio dell’ente, imputato al presidente del consiglio di amministrazione della società.
L’ente ricorreva in Cassazione lamentando, tra l’altro, l’inosservanza ed erronea applicazione dell’articolo 5 del Dlgs 231/2001, in merito al criterio di imputazione della responsabilità dell’ente.
La Cassazione ha respinto il ricorso confermando che in tema di responsabilità degli enti, la colpa di organizzazione, è da ritenersi relativa al rimprovero derivante dalla inottemperanza, da parte della società, dell’obbligo di adottare le cautele, organizzative e gestionali, necessarie a prevenire la commissione dei previsti reati
Il modello da adottare deve tener conto delle aree di rischio più prossime all’attività in concreto svolta dall’impresa: nella specie, la mancata predisposizione delle dovute cautele antinfortunistiche, sottintende l’inadeguatezza del modello organizzativo, rispetto ai possibili scenari.
Peraltro trattandosi reato cosiddetto colposo d’evento si può concretizzare la responsabilità per un fatto commesso, da un soggetto in posizione apicale, nell’interesse o a vantaggio dell’ente stesso, a titolo di colpa. Secondo le sezioni unite (38343/2014) esiste, infatti, perfetta compatibilità fra l’inosservanza della prescrizione cautelare e l’esito vantaggioso per l’ente.
Per la sentenza, inoltre, nonostante l’implementazione di un corretto ed efficace modello da parte dell’ente, l’omessa predisposizione di presidi di sicurezza – soprattutto in aree ad elevato coefficiente di rischio – configura, innanzitutto, un risparmio di spesa e, conseguentemente, un incremento economico. Difatti, “al risparmio di risorse economiche conseguente alla mancata predisposizione dei procedimenti e presidi di sicurezza [...] e all’incremento economico conseguente all’incremento della produttività, non ostacolata dal rispetto della normativa prevenzionale, nonché al risparmio sui costi di consulenza, interventi strumentali e sulle attività di formazione”, consegue un concreto, anche se esiguo, incremento economico.
In ogni caso poiché il citato articolo 25-septies non richiede né un vantaggio cospicuo, né la natura sistematica delle violazioni della normativa antinfortunistica, ai fini della responsabilità, la Corte ha ritenuto infondata la censura del ricorrente sull’esiguità del vantaggio economico.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©