Penale

È diffamatoria la memoria conclusionale della lite civile con cui il depositante offende l'avvocato di controparte

La Cassazione conferma il reato a carico dell'avvocato per la diffusività dell'atto nell'ambito giudiziario

di Paola Rossi

Condannato per diffamazione l'avvocato che - nel doppio ruolo di parte e patrocinatore in una causa civile - deposita memoria conclusionale contenente offese alla reputazione del difensore della controparte. La diffusività del mezzo utilizzato per offendere è stata confermata dalla Cassazione che ha respinto il ricorso dell'avvocato-imputato con la sentenza n. 27041/2021.

Il ricorrente contestava l'avvenuta commissione del reato asserendo che l'atto "incriminato" è di fatto indirizzato solo alla controparte e al giudice. La Cassazione dà, invece, rilievo alla conoscibilità del contenuto dell'atto - al momento del deposito - sicuramente da parte degli addetti alla cancelleria. Quindi, si può aggiungere, con l'effetto pernicioso di essere diffuse le offese proprio nell'ambito di lavoro dell'avvocato cui sono riferite. Inoltre, conclude la Cassazione, l'avvocato autore delle offese non poteva non avere coscienza di tale diffusività della memoria conclusionale all'interno degli uffici giudiziari, in quanto da lui conosciuti per esperienza professionale.

Infine, contestava il ricorrente il mancato riconoscimento dell'esimente di avere egli agito in stato d'ira. La Cassazione respinge anche tale motivo di impugnazione ricordando che oltre un certo lasso di tempo intercorso tra lo scritto offensivo e il momento storico al quale le offese si riferiscono non si può più parlare di ira, che è tipicamente reazione emotiva se non istantanea che si realizza nell'immediatezza dei fatti che la provocano. Altrimenti, conclude la Cassazione, si tratta di odio o rancore che non rappresentano l'esimente vantata.

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