Il CommentoAmministrativo

Effetti della crisi d'impresa su affidamento ed esecuzione dei contratti pubblici: fallimento e procedure concorsuali "minori"

Proiezione del panorama giurisprudenziale e normativo attuale, anche alla luce di una recentissima pronuncia della Corte di Giustizia Europea, con attenzione specifica all'attuazione del PNRR sul fronte sia della crisi dell'insolvenza sia della programmata riforma del Codice Appalti.

di Rizzardo del Giudice*

Premetto una breve presentazione riferita ai contenuti ed agli spunti di riflessione - che tali appunto vogliono essere – ai quali mi affiderò con una proiezione del panorama giurisprudenziale e normativo attuale, anche alla luce di una recentissima pronuncia della Corte di Giustizia Europea, con attenzione specifica all'attuazione del PNRR sul fronte sia della crisi dell'insolvenza sia della programmata riforma del Codice Appalti.

Potrei definire l'argomento su cui vi intratterrò una sorte di patologia della contrattualistica pubblica perché vede come ambito di esame le peculiari situazioni nelle quali l'appaltatore, per ragioni di varia natura che oggi possiamo anche considerare assai più significative nel panorama economico, viene a trovarsi per effetto di condizioni definite - in senso lato - di insolvenza.

Voglio partire da una considerazione di carattere generale e cioè dalla visione, tradizionalmente tanto preclusiva alla partecipazione alla gara quanto di impedimento alla prosecuzione del contratto, delle situazioni patologiche che colpiscono le imprese: e quindi del fallimento, della liquidazione coatta, del concordato e dell'amministrazione straordinaria.

L'approccio tradizionale, in termini di effetto preclusivo alla partecipazione alla gara e di risoluzione del contratto, appare tipico e specifico della contrattualistica pubblica e trova un sedimento ancora nella legislazione antecedente la legge Merloni: basti a tal fine ricordare le disposizioni che erano contenute nella regolamentazione dell'Albo Nazionale Costruttori istituito con L. n. 57/1962, nella quale la manifestazione di situazioni di insolvenza – e quindi il conseguente concordato o la dichiarazione di fallimento - costituivano già in allora una preclusione sia alla partecipazione alle gare sia all'esecuzione del contratto ove già affidato: e ciò diversamente rispetto alla disciplina che caratterizza gli stessi eventi nell'ambito della Legge Fallimentare dove la risoluzione del contratto d'appalto, fattispecie normata oggi dall'art. 81 L.F., è affidata all'iniziativa del Curatore ma non è necessariamente un evento scontato.

Questa impostazione trova la propria radice in una concezione del fallimento e del concordato nonché, seppure in fattispecie di minore rilevanza statistica, dell'amministrazione straordinaria e della liquidazione coatta quali eventi demolitori della realtà d'impresa.

Eventi demolitori attenuatisi solo per effetto delle modifiche alla Legge Fallimentare di cui al D.L. n. 83/2012 - che ha introdotto il concordato in continuità - anche nella forma "prenotativa" del concordato in bianco - e delle norme di coordinamento tra la Legge Fallimentare ed il Codice dei contratti D. L.vo n. 163/2006 in tema di partecipazione alle gare delle imprese interessate da procedure concorsuali.

La ricostruzione dell'evento insolvenza in termini demolitori sulla realtà d'impresa permane tuttavia, come vedremo, nelle motivazioni ed in parte anche nelle conclusioni cui l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato è pervenuta in due sentenze di notevole importanza - entrambe del 2021 – che potremmo definire in qualche misura gemelle.

Una prima sentenza si è occupata della disciplina normativa riconducibile ai meccanismi espulsivi delle imprese colpite dal fallimento o in concordato non in continuità, nell'ottica di cui alle norme recate dal Codice nell'art. 48 commi 17, 18 e 19 (nonché nei corrispondenti subalterni bis e ter, introdotti dalla novella del 2017).

Una seconda decisione si è occupata della tematica specifica inerente la partecipazione alle gare dell'imprenditore in concordato con riserva, nella fase antecedente il deposito del Piano e l'ammissione dell'impresa alla procedura ai sensi dell'art. 163 Legge Fallimentare.

Entrambe le sentenze, di cui nel seguito meglio diremo, si contraddistinguono per una matrice comune: rappresentata dall'affermazione per cui gli eventi determinati dalla situazione di insolvenza provocano un effetto tipicamente demolitorio della realtà economica e giuridica dell'impresa in crisi.

Per contro osservo, ed anticipo fin d'ora, che la ricostruzione ermeneutica della normativa dell'Unione porta invece a negare che il fallimento - ed ancor meno il concordato non in continuità, e quindi il "concordato liquidatorio" - valgano a costituire un evento necessariamente demolitorio della realtà aziendale e dell'impresa.

Infatti se prendiamo in considerazione la Direttiva Europea n. 1023/2019 in tema di insolvenza – la quale peraltro costituisce uno dei punti cardine di riferimento anche dei due nuovi istituti normativi che caratterizzano l'ordinamento interno quali il Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza nonché l'istituto della Composizione negoziata della crisi, quest'ultimo di recente introduzione con il DL n. 118/2021 - dobbiamo riconoscere che in tale Direttiva dell'Unione si esprime con chiarezza il principio per cui la situazione di insolvenza, nelle sue varie manifestazioni patologiche, non rappresenta affatto un evento demolitorio dell'impresa, quanto piuttosto una fase di transizione della realtà aziendale.

L'insolvenza, ed i relativi effetti, si caratterizzano quindi – nella ricostruzione dogmatica del legislatore europeo - quali situazioni particolari che incidono sulla competitività dell'impresa e che impongono interventi correttivi caratterizzati dalla finalità di porre rimedio ad una situazione non necessariamente irreversibile, ed anzi propedeutici ad un recupero di efficienza e di competitività sul mercato: prospettive alle quali è dunque del tutto estranea una concezione puramente demolitoria dell'impresa.

Ciò premesso ritengo ancora necessaria una parentesi espositiva dedicata ad un peculiare aspetto: inerente al tema di specifico rilievo delle odierne riflessioni.
Intendo riferirmi allo specifico e peculiare rapporto tra la situazione patologica di cui ho fatto cenno, configurata quale insolvenza dell'impresa, l'ambito della contrattualistica pubblica e le funzioni normative che prendono avvio dall'attuazione del PNRR e che ne devono garantire l'utilizzo proficuo delle risorse.

Rammento, in merito a quest'ultimo tema, che nell'ambito delle riforme orizzontali, riconducibili alle sedici componenti che rappresentano lo sviluppo cronologico e di attuazione del PNRR, ben due di esse sono collocate - quanto a tempi di realizzazione - nel 2021.

Mi riferisco in particolare alla riforma del quadro normativo in materia di insolvenza ed a quella finalizzata alla semplificazione delle norme e degli istituti nel settore dei contratti pubblici: ben sappiamo, peraltro, che esse nel 2021 non sono state compiutamente realizzate ma hanno semplicemente preso avvio.

Per quanto riguarda la prima delle citate riforme il Legislatore ha già posto mano ad un primo intervento con il D.L. n. 118/2021 nel quale, oltre a ridisegnare in parte il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, ha introdotto il nuovo istituito della Composizione negoziata della crisi: alla quale peraltro, nella trattazione conclusiva, farò un cenno per verificare se anche tale istituto sia o meno riconducibile agli eventi patologici che incidono sull'esclusione dell'impresa dalla gara e sull'esecuzione dell'appalto, ove già sia intervenuta l'aggiudicazione e la stipula del relativo contratto.

Certo è che sia nel primo decreto attuativo del PNRR, vale a dire nel D.L. n. 152/2021 convertito in L. n. 233/2021 i cui art. 30 ter e 30 sexies si occupano specificatamente della materia della crisi d'impresa, sia nel successivo D.L. n. 36/2022 alla data odierna in attesa di conversione e comunemente noto quale decreto PNRR n. 2 - il quale ultimo ha pure differito al 15 luglio 2022 l'entrata in vigore del Codice delle Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza - è presente un collegamento specifico e marcato tra la disciplina dell'insolvenza e la specifica finalità di riattivazione dell'impresa con l'obiettivo di preservarne i contenuti economici e di competitività all'esito della procedura finalizzata alla rimozione della situazione di crisi.

Trattasi dunque di un articolato obiettivo che ben si coordina con l'esigenza - che vedremo assai valorizzata nella giurisprudenza dell'Unione e di cui farò a breve specifico cenno - di non considerare affatto il fallimento, ora definito "liquidazione giudiziale", e neppure il concordato liquidatorio, quali realtà ed eventi ad effetto puramente demolitorio dell'impresa: tali da imporre necessariamente alla Stazione Appaltante la riedizione della gara.

L'opzione normativa, e la conseguente ermeneutica, di matrice europeista sono invece orientate alla predisposizione e valorizzazione di strumenti ed iniziative, anche in sede applicativa della Direttiva UE n. 24 del 2014, che consentono tanto l'aggiudicazione quanto la prosecuzione nell'esecuzione del contratto d'appalto anche in presenza di eventi critici particolarmente incisivi della struttura aziendale ed in passato configurati come irrimediabilmente demolitori della realtà d'impresa.

Le considerazioni che precedono rappresentano quindi un corollario ed un elemento di efficace supporto delle finalità cui il PNRR è orientato: in primo luogo a sostengo di quel principio di accelerazione delle procedure di cui dapprima ho fatto cenno ed altresì nell'ottica di sostenere il preminente interesse al mantenimento del contratto d'appalto, evitando in tal modo i noti effetti di rallentamento e di inefficienza - oltreché l'aumento significativo dei costi – per contro inevitabili sia nel caso venga indetta una nuova gara, sia ove si intenda far applicazione del meccanismo di scorrimento previsto dall'art. 110 del Codice.

In tema di contratti pubblici il panorama normativo di riferimento per la gestione delle situazioni che poc'anzi ho definito patologiche, e quindi in particolare del fallimento e del concordato, vede oggi una frammentazione di norme: articolata da un lato nelle previsioni contenute nel Codice, di cui darò a breve una sintetica rappresentazione, d'altro lato nelle norme della Legge Fallimentare.

I due compendi normativi non sono però efficacemente coordinati poiché, come sappiamo, la disciplina delle procedure concorsuali – in particolare di quella concordataria - mutua la propria origine da un primo intervento legislativo del 2012 (con il D.L. n. 83/2012) seguito da un secondo correttivo di qualche anno successivo: entrambi tuttavia antecedenti all'entrata in vigore del Codice dei contratti come configurato nel D. L.vo n. 50 del 2016, a tacere peraltro delle innumerevoli modifiche successive di cui quest'ultimo è stato oggetto.

Allo stato dell'arte il panorama normativo si articola nella previsione cardine dell' art. 80 comma V^ lettera b) del Codice , il quale configura come elemento ostativo l'evento traumatico sia del fallimento e della liquidazione coatta amministrativa sia del concordato preventivo, con una sola eccezione - che vedremo essere stata ampliata dall' Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la Sentenza n. 9 del 2021 - riferita al concordato in continuità.

Il già menzionato art. 80 comma V^ lettera b) richiama infatti, quale motivo di deroga alla generale disciplina ad effetto escludente, sia i contenuti dell'art. 110 del Codice medesimo sia il disposto dell'art. 180 bis del Regio Decreto n. 267 del 1942 vale a dire della Legge Fallimentare.

Sappiamo altresì che l'art. 110 comma 3° del Codice prevede, nel caso di fallimento intervenuto in corso di esecuzione e come unica ipotesi derogatoria alla risoluzione del contratto, la sola opzione rappresentata dall'ammissione della Curatela all'esercizio provvisorio.

D'altro lato, e per quanto concerne il concordato, la già citata norma del Codice dei Contratti – in tal caso nei commi IV^ e V^ - consente sia la partecipazione alla gara, sia la stipula del contratto e la relativa esecuzione da parte dell'impresa in procedura concorsuale, subordinatamente però ad alcune rigide condizioni.

Esse, quanto al regime concordatario, non sono tuttavia enunciate direttamente nell'art. 110 del Codice dei contratti, bensì attingono la propria disciplina mediante rinvio all'art. 186 bis della Legge Fallimentare : il rinvio è dunque limitato all'ipotesi di concordato in continuità aziendale.

Quest'ultimo può assumere sia la forma della continuità strictu sensu - e cioè con prosecuzione dell'attività da parte dello stesso imprenditore in concordato – sia la fattispecie di cessione dell'azienda, che deve però avvenire in attività dell'azienda stessa, sia infine la configurazione, che è stata definita come ipotesi riconducibile alla categoria del concordato in continuità indiretta, nella quale il Piano concordatario prevede la cessione dell'azienda ad una Società di nuova costituzione.

Al di fuori di queste tre ipotesi l'evento insolvenza, e dunque la fattispecie di natura cosiddetta demolitoria – quale costituita dal fallimento non accompagnato dall'autorizzazione all'esercizio provvisorio o dal concordato puramente liquidatorio - permane come elemento ostativo sia alla partecipazione alla gara sia all'esecuzione del contratto d'appalto.

Vedremo tuttavia a breve come l'orientamento assunto dalla Corte di Giustizia in recentissima sentenza del febbraio 2022 induca invece una notevole criticità in ordine alle conclusioni cui la stessa Adunanza Plenaria è pervenuta nelle sentenze gemelle di cui ho fatto cenno e delle quali ora avrei piacere di darvi una brevissima illustrazione.

L'Adunanza Plenaria come dicevo si è occupata di due questioni molto interessanti riconducibili ai rapporti tra patologia nell'esercizio dell'impresa ed aggiudicazione e/o esecuzione dei contratti pubblici di lavori, forniture o servizi.

Una prima sentenza del 27 maggio 2021, la n. 9 , si è occupata di un tema specifico e cioè della possibilità o meno per l'imprenditore che abbia formulato richiesta di concordato prenotativo - alias concordato in bianco o concordato con riserva ai sensi dell'art. 161 comma VI^ della Legge Fallimentare - di partecipare alla gara e di eseguire il contratto.

Nella seconda sentenza, che reca il n. 10 e porta la stessa data del 27 maggio 2021, l'Adunanza Plenaria si è invece occupata dell'interpretazione dell'art. 48 commi da 17 a 19 e da 19 bis a 19 ter del D. L.vo n. 50/2016.

Le due sentenze, per quanto siano per così dire gemelle, non paiono affatto figlie della stessa madre o degli stessi genitori.

Preciso, per completezza espositiva, che la sentenza AP n. 10 del 2021 trae spunto dalla vicenda di un imprenditore, interessato da una procedura concorsuale, che aveva partecipato ad una gara nella Regione Sicilia ed era stato escluso in quanto mandatario di RTI, e la cui impugnazione avanti il TAR Sicilia si era conclusa con la reiezione del ricorso: anzi in parte con la declaratoria di inammissibilità ed in parte con la reiezione.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana – investito dell'appello - aveva però preso spunto da una interpretazione particolarmente elastica coniata da alcune sentenze dei Giudici Amministrativi orientati, nell'applicazione dell'art. 48 del Codice, a consentire quantomeno la sostituzione eterogena del componente il Raggruppamento, e ciò mediante l'introduzione di una nuova impresa in qualità di mandante.

Per tale ragione il giudice dell'appello aveva quindi sollevato il dubbio in ordine alla possibilità di applicare il medesimo istituto dell'integrazione esterna, così detta additiva o eterogena, anche per quanto riguarda l'impresa mandataria: il che, nella fattispecie, avrebbe "salvato" il ricorrente (ed il raggruppamento di cui era mandatario) dall'esclusione !

La Sentenza dell'Adunanza Plenaria Consiglio di Stato, si è espressa affermando un principio molto radicale e cioè il principio per cui tutte le modifiche soggettive nell'ambito del raggruppamento di imprese - che tengano seguito ad eventi patologici (nella specie di insolvenza) riferiti sia ad imprese mandanti che ad imprese mandatarie - possono risolversi solo attraverso una riorganizzazione interna o al massimo attraverso l'estromissione dal raggruppamento stesso dell'impresa colpita dall'evento.

L'Adunanza Plenaria ha ricondotto questa esigenza all'osservanza dei principi di trasparenza e di tutela della par condicio dei concorrenti.

Su altro fronte invece la sentenza dell'Adunanza Plenaria n. 9 del 2021- pur essendo riconducibile, nell'ultima parte della motivazione, al medesimo concetto ispiratore della "gemella" – si occupa del tema specifico inerente gli effetti del concordato prenotativo, quindi non accompagnato dalla presentazione del Piano, sulla partecipazione dell'impresa alle gare.

Osservo – così come osserva il giudice remittente la questione all'Adunanza Plenaria – che in tale fattispecie sussiste incertezza, seppure temporanea, in ordine ai contenuti del Piano poiché non obbligatorio, e di regola assente, nella fase prenotativa del Concordato: il che impedisce di verificare (a priori) se il concordato sarà definitivamente orientato verso la continuità aziendale o verso l'effetto liquidatorio.

In riferimento a tale fattispecie l'Adunanza Plenaria con la citata decisone n. 9 del 2021 ha assunto una posizione molto più elastica affermando che in questo caso, poiché il concordato prenotativo non si differenzia (e non costituisce un tertium genus) rispetto al concordato in continuità o al concordato liquidatorio - principio peraltro già condiviso dalla Cassazione Civile – non è consentito all'interprete adottare una soluzione ermeneutica che si traduca, a priori, nell'esclusione dell'imprenditore, che si sia avvalso delle previsioni di cui all'art. 161 VI^ comma della Legge Fallimentare, sia dalla partecipazione alla gara, sia dalla stipulazione ed esecuzione del contratto del quale abbia conseguito l'aggiudicazione.

L'Adunanza Plenaria ha integrato il decisum con un'unica puntualizzazione, del resto ben comprensibile, e così ha affermato la necessità che sia la partecipazione alla gara sia l'esecuzione del contratto siano autorizzate - fino ad intervenuta ammissione definitiva al concordato e configurazione dello stesso come procedura in continuità o liquidatoria - dal Tribunale, previa acquisizione del parere del Commissario Giudiziale ove nominato.

È interessante evidenziare come l'Adunanza Plenaria ricostruisca l'ammissibilità della partecipazione alla gara, e della stipula nonché esecuzione del contratto da parte dell'impresa in concordato prenotativo, valorizzando lo stretto collegamento tra il disposto di cui all'art. 110 del Codice dei contratti e l'art. 186 quater della Legge Fallimentare come riformulato con D.L. n. 83/2012 e successive modifiche.

Conclude poi l'Adunanza Plenaria precisando, sempre nella sentenza n. 9 del 2021, che l'eventuale effetto traumatico che si innesti sulla fattispecie prenotativa - vale a dire la dichiarazione di fallimento - apre la strada all'applicazione dell'art. 110 del Codice: e quindi alla risoluzione del contratto ed al meccanismo di scorrimento previsto dal I^ comma della citata norma, oppure ancora - nell'ipotesi di ammissione della procedura all'esercizio provvisorio - alla gestione del rapporto contrattuale da parte della Curatela.

Quindi due visioni, riconducibili all'interpretazione estremamente autorevole dell'Adunanza Plenaria, che però muovono da due concetti diversi: perché nella sentenza n. 10 riferita all'art. 48 del Codice dei contratti è ancora marcatamente presente il tradizionale concetto demolitorio del fallimento e del concordato meramente liquidatorio, mentre nella gemella sentenza n. 9 si intravvede un'apertura verso l'esigenza di non espungere necessariamente l'imprenditore dall'esecuzione del contratto o dalla partecipazione alla gara fino a che non sia assolutamente certo e chiaro che quell'imprenditore non potrà recuperare l'efficienza e la continuità aziendale.

Chiudo quindi queste considerazioni con un richiamo a quella pronuncia della Corte di Giustizia di cui avevo fatto cenno in apertura delle considerazioni stesse, decisione che reputo estremamente interessante soprattutto nella prospettiva di una diversa lettura delle norme interne che attualmente disciplinano le situazioni patologiche di cui ho dianzi trattato.

La sentenza della Corte di Giustizia Europea Sez. IV^ n. 461 del 03 febbraio 2022 , quindi estremamente recente, prende avvio da una fattispecie che è opportuno sintetizzare. Il tutto si svolge di fronte alle Corti di Giurisdizione Amministrativa della Svezia.

Un imprenditore che aveva ottenuto l'affidamento di un contratto pubblico, nella formula di un accordo quadro, veniva dichiarato insolvente nelle more di esecuzione del contratto: di conseguenza veniva applicata dalla Stazione Appaltante la specifica normativa contenuta nella Legge svedese n. 1145 del 2016 la quale prevedeva la facoltà, per la Stazione Appaltante stessa, di proseguire il rapporto con il soggetto che fosse subentrato all'imprenditore insolvente.

È interessante altresì il richiamo alla pronuncia emessa in sede di impugnazione - che successivamente approda alla Corte di Giustizia – pronunciata dopo la sentenza di rigetto del ricorso da parte del Tribunale Amministrativo di Prima Istanza di Stoccolma.

La decisione da ultimo richiamata, emessa dalla Corte di Seconda Istanza di Stoccolma ed i cui contenuti sono descritti negli atti della Causa Corte Giustizia C-461/20, valorizza infatti il richiamo all'art. 72, paragrafo 1, lettera d) della direttiva U.E. 24/2014 - che sappiamo essere una delle direttive recepite dal nostro Codice - il quale configura l'ipotesi di insolvenza come fattispecie assimilata ad altri istituiti che colpiscono le imprese provocandone però non l'esclusione dal mercato di riferimento, quanto piuttosto un'evoluzione fisiologica dell'attività: assimilando quindi l'evento "insolvenza" alle riorganizzazione aziendali, puramente interne, alle incorporazioni, alle fusioni ed alle acquisizioni.

Nella specie l'elemento interessante era dato dalla circostanza per cui il soggetto che la Stazione Appaltante aveva individuato come legittimo subentrante all'impresa fallita in realtà non ne aveva neppure acquisito l'azienda ma aveva semplicemente acquisito i soli diritti, costituiti in capo all'impresa (divenuta) insolvente, conseguenti all'aggiudicazione nonché alla stipulazione dell'accordo quadro.

Il ricorrente in primo grado - che chiaramente aveva assunto una posizione contrapposta - aveva invece sostenuto che solo per effetto del concreto trasferimento degli assets aziendali si poteva realizzare la fattispecie disciplinata dall'art. 72 della Direttiva U.E. 24/2014, recepita nella norma di diritto interno della Svezia di cui ho fatto cenno, costituita dalla Legge n. 1145 del 2016, sub. capo 17), art. 13, primo comma.

L'aspetto estremamente interessante della Sentenza n. 461 del 03 febbraio 2022 è rappresentato dalla circostanza per cui la Corte di Giustizia Europea – nella parte motiva - ha completamente abbandonando l'interpretazione demolitoria del concetto di fallimento, ricostruendone gli effetti (giuridici ed economici) come riconducibili all'evoluzione della realtà imprenditoriale, senza che esso produca significativi effetti traumatici alla struttura dell'impresa.

Ribadisco, per la notevole importanza (a mio giudizio) dell'affermazione, che la ricostruzione ermeneutica della Corte Europea si colloca nello specifico ambito applicativo delle norme in tema di legittimo subentro di un soggetto terzo nel procedimento di gara e/o nell'esecuzione del contratto d'appalto: e concerne quindi il tema di nostro specifico interesse.

La Corte Europea approda in definitiva all'affermazione secondo cui il subentro di un soggetto, che abbia puramente e semplicemente acquisito i diritti derivanti da un contratto stipulato tra l'imprenditore fallito ed una Stazione Appaltante, è in linea di principio consentito: alla sola condizione - di carattere oggettivo – rappresentata dal mantenimento in essere delle caratteristiche oggettive e di contenuto economico del contratto originariamente sottoscritto.

Ove sia acclarata questa condizione, e ove si verifichi che il soggetto subentrante è titolare dei requisiti di onorabilità e dei requisiti comunemente definiti generali, è irrilevante che vi sia o non vi sia stata l'effettiva cessione al terzo subentrante del compendio aziendale da parte del soggetto fallito, originario concorrente alla gara o aggiudicatario dell'appalto.

Al mio modo di vedere questo incipit della recentissima pronuncia di giurisdizione comunitaria scardina i presupposti su cui invece si basa l'affermazione e l'interpretazione giurisprudenziale corrente nell'ordinamento interno: affermazione secondo la quale qualsiasi subentro ad un imprenditore che sia colpito da uno degli eventi che abbiamo dianzi ricostruito come traumatici e demolitori – quali il fallimento o il concordato liquidatorio – dovrebbe essere necessariamente interpretato come una lesione alla par condicio dei concorrenti che in origine avevano partecipato alla gara e costituisca quindi evento a cui deve conseguire o lo scorrimento della graduatoria o, in mancanza, la riedizione della gara.

La verità è che l'interpretazione da ultimo espressa dalla Corte di Giustizia Europea pone l'accento non tanto sulla sostituzione soggettiva dell'esecutore dell'appalto ma sul mantenimento delle originarie caratteristiche oggettive, afferenti e qualificanti le condizioni economiche dell'affidamento.

Se così è, e qui veramente concludo, appare d'obbligo affermare che in presenza della dichiarazione di fallimento (o di concordato liquidatorio) dell'imprenditore aggiudicatario – e purché si individui un soggetto titolare dei requisiti di carattere generale prescritti ex art. 80 del Codice – non è precluso il subentro (nella gara o nell'esecuzione del contratto) di un soggetto terzo al di fuori di una logica "competitiva": con il solo limite costituito, nell'ipotesi di affidamento già intervenuto, dal necessario mantenimento delle condizioni economiche che hanno caratterizzato l'aggiudicazione iniziale.

Tale interpretazione, oltreché maggiormente orientata ai principi della legislazione europea, eviterebbe anche ed in molti casi la necessità di una riedizione della gara e/o dello scorrimento della graduatoria.

Conseguenze (estreme) alle quali si dovrebbe allora pervenire solo ove il Curatore non fosse in grado di proporre alla Stazione Appaltante un soggetto il cui subentro possa avvenire alle condizioni di cui ho fatto cenno.

Le considerazioni che precedono inducono, quale conseguenza automatica, che la medesima conclusione debba ritenersi applicabile alla fattispecie di concordato meramente liquidatorio: nel quale il soggetto che subentra, acquisendo gli assets dell'imprenditore in regime concordatario, ove sia titolare dei requisiti di carattere generale, può ben proseguire l'attività di esecuzione del contratto o di partecipazione alla gara mutuando la propria legittimazione dall'applicazione del richiamato art. 72 della Direttiva Comunitaria 2014/24/UE.

Vi sarebbe anche un ulteriore aspetto di interesse sul piano ermeneutico e cioè la verifica in ordine all'incidenza dell'ammissione dell'imprenditore alla procedura di Composizione negoziata della crisi ai sensi del D.L. n. 118 del 2021 quanto all'applicazione delle disposizioni contenute nelle norme del Codice dei contratti pubblici di cui ho fatto cenno: e cioè dell'art. 80 comma V^ lett. b), dell'art. 48 nella declinazione dei tre commi 17, 18 e 19 e dei relativi subalterni (bis e ter) ed infine del disposto di cui all'art. 110 del Codice stesso.

Esprimo solo una considerazione di massima.
Pare indiscutibile che se qualifichiamo il concetto di insolvenza che caratterizza la disciplina europea come istituto che necessariamente presuppone lo spossamento dell'imprenditore insolvente, e l'intervento sostitutivo (anche indiretto) da parte dell'Autorità Giudiziaria nella gestione dell'impresa, non possiamo sicuramente configurare l'istituto introdotto nell'agosto del 2021, e cioè la Composizione Negoziata della crisi, tra le procedure di insolvenza rilevanti ai sensi del già richiamato art. 80 comma V^ lett. b), dell'art. 48 e dell'art. 110 del Codice: semplicemente perché la procedura di cui da ultimo ho fatto cenno non comporta spossessamento alcuno dell'impresa in capo all'imprenditore, ma semplicemente l'affiancamento a quest'ultimo della figura dell'esperto.

Trattasi comunque di un tema complesso, al quale mi riprometto di dedicare in seguito un migliore e più adeguato approfondimento.

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*A cura di Rizzardo del Giudice Avvocato Foro di Treviso, Partner 24 ORE Avvocati