Civile

Embrioni, decide la donna anche se l’ex è contrario

La volontà della partner impedisce all’ex di revocare un consenso validamente prestato

di Patrizia Maciocchi

La donna può impiantare gli embrioni creati e crioconservati anche se il marito, ormai ex, si oppone. La volontà della partner di tentare la gravidanza rende impossibile per l’uomo revocare un consenso validamente prestato. Con i conseguenti diritti e doveri morali ed economici legati all’assunzione della paternità. Con un’ordinanza (9240), inedita in Italia, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, avalla la decisione adottata dal giudice monocratico, e respinge il ricorso dell’ex marito. I giudici ricordano che la possibilità di revocare il consenso finisce con il momento della fecondazione: da allora prevale il diritto alla vita dell’embrione. Conclusione considerata in linea con la legge 40 che identifica il concepito con l’embrione. Una soggettività, riconosciuta anche dalla Consulta (sentenza 151 del 2009) degna di una tutela costituzionale, suscettibile di essere affievolita solo in caso di conflitto con altri interessi di pari rilievo rispetto alla Carta.

I giudici respingono al mittente la tesi del padre “pentito” secondo il quale la sopravvenuta separazione comporterebbe una lesione dell’articolo 5 della legge, rivolta « alle coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi in età potenzialmente fertile». Presupposti che sarebbero disattesi solo in apparenza. La stato di coniugi separati non si può, infatti, porre sullo stesso piano di quello del genitore single o della coppia omossessuale, con modelli di vita che si allontanano da quello tradizionale. Il minore, figlio di separati, gode di entrambi i genitori che devono assumere i loro obblighi. L’ordinamento garantisce, infatti, una tutela civile e penale per salvaguardare l’interesse dei figli sotto ogni aspetto: conflitti di coppia compresi.

Al padre, che rivendica il diritto all’autodeterminazione, il Tribunale risponde ricordando il principio dell’autoresponsabilità. E il legittimo affidamento che la donna ha fatto su un consenso validamente prestato.

I problemi psicologici ai quali andrebbe incontro il ricorrente per il rifiuto di ipotizzare un figlio con una donna con la quale non condivide più un progetto di vita, possono essere speculari a quelli della donna nel non veder realizzato il progetto di maternità nel quale aveva creduto sulla base di un valido impegno. A questo punto, gli interessi contrastanti delle parti vanno bilanciati con la tutela dell’aspettativa di vita dell’embrione. Il punto di equilibrio é garantito dalla possibilità di cambiare idea sul consenso fino al momento della fecondazione.

Del tutto fuori fuoco l’esigenza di tutela dei terzi, intesi come nuovi partner, sollevata dal ricorrente: non si vede in cosa dovrebbe fare affidamento un terzo, informato della preesistente Pma.

Per l’avvocato della signora, Gianni Baldini si tratta di un’ordinanza che farà molto discutere «Di fatto, in base a questa decisione, il sì prestato alla procreazione medicalmente assistita non è limitato al trattamento sanitario, ma diventa irreversibile e comporta, anche a distanza di anni, il dovere di essere padre ». Ma questo è solo un primo grado di giudizio.

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