Responsabilità

Enel risarcisce se non applica il contratto per fasce orarie come promesso

Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con l'ordinanza n. 21534 depositata oggi, respingendo il ricorso della compagnia elettrica

di Francesco Machina Grifeo

Scatta la risoluzione del contratto con il diritto al risarcimento del danno nel caso in cui Enel energia dopo aver promesso una tariffa differenziata, per fasce orarie e per tipo di consumi, installando anche un contatore utile a questo calcolo, abbia invece preteso un conguaglio annuale – di 8mila euro – e minacciato di sospendere l'erogazione nell'ipotesi di mancato pagamento. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con l'ordinanza n. 21534 depositata oggi, respingendo il ricorso della compagnia elettrica.

Di fronte alla pretesa di Enel, il cliente aveva dapprima richiesto un provvedimento cautelare, volto ad impedire la sospensione dell'erogazione, e poi promosso una causa per ottenere la risoluzione del contratto ed il risarcimento del danno "avendo l'ente promesso una certa prestazione (computo di fasce orarie, e soprattutto installazione di apposito contatore), che invece non aveva effettuato".

Il Tribunale ha accolto le domande del consumatore, ha dichiarato la risoluzione del contratto e non dovute le somme pretese da Enel che è stata inoltre condannata alle spese, ex articolo 96, 3 comma c.p.c., "in quanto pur essendo stata inibita con provvedimento cautelare la sospensione della fornitura, ha continuato a minacciare di farlo".

Presentato ricorso, la Corte di Appello l'ha respinto basando la sua decisione sul fatto che: a) Enel ha applicato tariffe diverse da quelle promesse in contratto; b) ha preteso corrispettivi per consumi anomali rispetto all' andamento degli anni precedenti e di difficile verificazione anche per il CTU. Mentre la condanna aggravata alle spese è dipesa dal comportamento complessivo di Enel che ha disatteso anche le cautele ottenute dal cliente.

Promosso un ulteriore ricorso in Cassazione, i motivi sono stati tutti ritenuti inammissibili nella parte in cui prevedevano una rivalutazione dei fatti o comunque infondati. Riguardo alla condanna alle spese, in particolare, per la Suprema corte il giudice del merito ha correttamente ritenuto la causa di valore intedeterminabile considerato che "il consumatore ha agito per la risoluzione del contratto e non per il pagamento di una somma, salvo il riconoscimento del danno, risoluzione che costituisce il petitum diretto, mentre l'accertamento del diritto di non pagare il corrispettivo richiesto dei consumi, costituisce petitum mediato".

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