Enti locali, col part time fino al 50% incarico presso un altro comune senza autorizzazione
Lo ha stabilito la Corte di cassazione, sentenza n. 22497 depositata oggi
I dipendenti pubblici con un part time non superiore al 50% possono instaurare rapporti con altri enti anche in assenza di autorizzazione da parte dell'amministrazione di appartenenza. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, sentenza n. 22497 depositata oggi, al termine di una ricostruzione molto tecnica dell'intreccio normativo. La Suprema corte ha così respinto il ricorso di un piccolo comune della Lombardia che dopo aver concesso il part time ad un proprio dipendente lo aveva licenziato dopo essersi accorto che aveva instaurato un secondo rapporto di lavoro, ovviamente sempre a tempo parziale, con un municipio non lontano senza averne dato alcuna comunicazione.
Una volta licenziato, l'impiegato ha proposto ricorso e prima il Tribunale di Lodi e poi la Corte di Appello di Milano gli hanno dato ragione sul presupposto che essendo impiegato a tempo parziale per 18 ore (al 50%), non fosse soggetto alla disciplina autorizzativa degli incarichi di cui all'articolo 53, commi da 7 a 13, del Testo unico sul pubblico impiego (Dlgs n. 165 del 2001), trovando piuttosto applicazione la deroga prevista dal precedente comma 6 dell'articolo 53. Contro questa decisione però il municipio si è rivolto alla Cassazione.
Secondo l'ente ricorrente, il dipendente pur avendo, in astratto, diritto ad accedere al lavoro part-time, avrebbe dovuto essere specificamente autorizzato ad instaurare un secondo rapporto di pubblico impiego con un altro ente locale. Deporrebbe in tal senso l'articolo 1 della legge n. 662 del 1996, precisamente il comma 58, che vieta la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale qualora l'attività lavorativa debba intercorrere con un'amministrazione pubblica, e il 58 bis, che prescrive che i dipendenti degli enti locali possano svolgere prestazioni per conto di altri enti previa autorizzazione rilasciata dall'amministrazione di appartenenza. Tale ricostruzione sarebbe avallata anche dall'articolo . 92 del Dlgs n. 267 del 2000, per il quale "I dipendenti degli enti locali a tempo parziale, purché autorizzati dall'amministrazione di appartenenza, possono prestare attività lavorativa presso altri enti".
Per la IV Sezione civile tuttavia tale interpretazione non tiene conto della "disciplina complessiva". Infatti, il richiamo dell'articolo 53, comma 1, del Dlgs n. 165 del 2001 alla deroga prevista, per i rapporti di lavoro a tempo parziale, "dall'articolo 1, commi 57 e seguenti della legge 23 dicembre 1996, n. 662" non si estende al comma 56 dell'articolo 1 della legge n. 662 del 1996 il quale, invece, stabilisce che "Le disposizioni di cui all'articolo 58, comma 1, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché le disposizioni di legge e di regolamento che vietano l'iscrizione in albi professionali non si applicano ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni con rapporto di lavoro a tempo parziale, con prestazione lavorativa non superiore al 50 per cento di quella a tempo pieno". Ciò, prosegue il ragionamento, si spiega perché l'articolo 58, comma 1, del Dlgs n. 29 del 1993 è stato sostituito proprio dall'articolo 53, comma 1, del Dlgs n. 165 del 2001.
Ne deriva, continua la Corte, che il regime dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni con rapporto di lavoro a tempo parziale, con prestazione lavorativa non superiore al 50 per cento di quella a tempo pieno non è interessato dalla regolamentazione introdotta dall'articolo 53, comma 1, del Dlgs n. 165 del 2001 e, quindi, dal richiamo ivi contenuto ai "commi 57 e seguenti della legge 23 dicembre 1996, n. 662" (con l'unica eccezione di quanto stabilito dal comma 58 bis). Conclusione confermata anche dal comma 60 dell'art. 1 della legge n. 662 del 1996.
Inoltre, i commi da 7 a 13 dell'articolo 53 del Dlgs n. 165 del 2001 sono proprio quelli che regolano l'autorizzazione degli incarichi retribuiti dei dipendenti pubblici da parte dell'amministrazione di appartenenza, il versamento del compenso per l'incarico non consentito alla Pa, il divieto di conferimento di incarichi retribuiti a dipendenti di altre amministrazioni pubbliche senza "la previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi" da parte di enti pubblici, enti pubblici economici e soggetti privati, la richiesta di autorizzazione all'amministrazione di appartenenza e la relativa procedura. Ne deriva che il comma 58 dell'articolo 1 della legge n. 662 del 1996, che vieta la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale qualora l'attività lavorativa di lavoro subordinato debba intercorrere con un'amministrazione pubblica, non può riferirsi ai "dipendenti delle pubbliche amministrazioni con rapporto di lavoro a tempo parziale, con prestazione lavorativa non superiore al 50 per cento di quella a tempo pieno".
Mentre il successivo comma 58 bis, per il quale i dipendenti degli enti locali possono svolgere prestazioni per conto di altri enti previa autorizzazione rilasciata dall'amministrazione di appartenenza, va letto "nella sua interezza". E allora si comprende che l'autorizzazione "riguarda esclusivamente i decreti ministeriali con i quali le amministrazioni provvedono, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, ad indicare le attività che, in ragione della interferenza con i compiti istituzionali, sono comunque non consentite ai loro dipendenti, mentre la menzione, contenuta alla fine del citato comma 58 bis, del fatto che "I dipendenti degli enti locali possono svolgere prestazioni per conto di altri enti previa autorizzazione rilasciata dall'amministrazione di appartenenza" serve solo a chiarire che, per "I dipendenti degli enti locali", è possibile chiedere comunque un'autorizzazione anche in questi casi.
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di Michele Giammusso*