Equo compenso, annullato l'Avviso del comune di Lacco Ameno (Ischia) - Parametri da tenere in conto
Accolto il ricorso del Coa Roma. I parametri vanno tenuti in conto, no a compensi completamente sganciati in peius rispetto a quelli liquidabili in base al Dm 55/2014
L'Ordine degli avvocati di Roma vince sull'equo compenso contro il comune di Lacco Ameno, nell'isola di Ischia. Il Coa aveva impugnato l'Avviso pubblico per l'aggiornamento dell'elenco di avvocati per l'affidamento degli incarichi di assistenza legale del 22 marzo scorso, con riferimento alla determinazione del compenso, inferiore ai parametri del Dm 55/2014 (aggiornato dal Dm 147/2022) e all'imposizione di ulteriori obblighi non oggetto di alcuna remunerazione.
In caso di pluralità di giudizi "connessi", poi, si stabiliva che al professionista era dovuta una "maggiorazione del 10% per ogni successivo giudizio e comunque fino ad un massimo di 20. In tal modo, secondo il Coa, si arrivava ad un compenso irrisorio: veniva fatto il caso di due giudizi connessi innanzi a un Tar in cui il primo sarebbe stato compensato con un onorario di euro 600 e il secondo con un onorario di 60 euro. Si esponeva così il professionista, in assenza di una definita e predeterminata definizione di "connessione", anche al rischio che l'ente remuneri «in modo irrisorio un giudizio che presenti questioni di fatto e diritto del tutto diverse da quelle del giudizio-base».
Secondo il comune invece l'Avviso costituiva un "mero aggiornamento" dell'elenco formato nel 2021, per cui la lesione deriverebbe semmai dall'avviso del 2021 che però non era stato impugnato.
Per il Tar Campania, Sezione Sesta, sentenza 14 novembre 2022 n. 7037, che ha accolto integralmente il ricorso dell'Ordine capitolino, i compensi previsti «sono obiettivamente tali da ledere il principio dell'equo compenso dato che risultano pressochè irrisori, anche se si ritenesse che la maggiorazione del 15% per spese generali non debba intendersi in essi compresa ma debba ad essi aggiungersi come sostenuto dal comune».
E l'esempio del giudizio innanzi al Tar, prosegue il Tribunale, risulta in "persuasivo". Il compenso di 600 euro oltre Iva infatti è «estremamente basso almeno nel caso di contenzioso di normale difficoltà», mentre «può risultare adeguato solo nel caso di contenziosi molto semplici o non implicanti alcuna particolare questione giuridica» (in materia di accesso o ai ricorsi per l'ottemperanza).
«Nel caso di contenziosi di normale difficoltà o di notevole difficoltà (basti pensare a ricorsi in materia di edilizia o di urbanistica e appalti) – prosegue la decisione - esso invece risulta effettivamente irrisorio o comunque ben lontano dal risultare proporzionato a qualità e quantità dell'impegno richiesto, come dimostra il confronto con il compenso calcolato in base al D.M. n. 55», che per una controversia di valore indeterminabile e di complessità bassa, per come recentemente modificato, prevede un compenso di oltre 1000 euro per il solo studio della controversia. Il Tar però si affretta a ribadire che «ciò non significa che il compenso vada liquidato in base ai parametri del D.M. n. 55 ma non può negarsi che questi parametri vadano tenuti in conto, potendosi senz'altro ammettere compensi inferiori ma non compensi che risultino completamente sganciati in peius rispetto a quelli liquidabili in base al D.M.».
In definitiva, gli atti impugnati «sono anzitutto lesivi del principio dell'equo compenso, prevedendo corrispettivi per l'attività professionale completamente sganciati da una valutazione in concreto di qualità e quantità dell'impegno richiesto al professionista". Mentre il fatto che il singolo professionista resti libero di valutare la convenienza dell'incarico e di rifiutarlo nel caso in cui ritenga non equo il compenso «non rileva, dato che ciò non esclude la violazione dell'articolo 19-quaterdecies, comma 3, cioè la violazione dell'obbligo dell'amministrazione di garantire un compenso equo».
Il Tar ha così disposto l'annullamento delle disposizioni dell'avviso pubblico
«relative alla determinazione del compenso spettante all'avvocato per l'attività
professionale svolta».