Professione e Mercato

Equo compenso e nuovi contratti: ecco le dieci clausole vietate

<span class="argomento"/> Nelle prossime convenzioni no a importi più bassi rispetto a quelli dei parametri ministeriali. Stop anche a pagamenti in ritardo, consulenze gratuite e rinuncia al rimborso delle spese

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di Valeria Uva

La legge sull’equo compenso, approvata in via definitiva il 12 aprile, comporterà anche la riscrittura degli accordi tra i professionisti e i propri clienti. In primo luogo sotto il profilo economico, perché dovrà essere reso in modo esplicito il riferimento, appunto, a un compenso equo e per stabilirlo occorrerà guardare ai parametri presenti nei decreti ministeriali, emanati nel tempo, categoria per categoria.

Ma il lavoro di revisione non si fermerà ai parametri: negli accordi futuri vanno inserite (o eliminate) una serie di clausole previste dalla legge, tutte a garanzia del lavoro svolto dal professionista e di una sua equa remunerazione. Per porre fine ai comportamenti vessatori.

La revisione non riguarda le convenzioni cliente-professionista esistenti: la legge infatti varrà soltanto per quelle future. E questo desta qualche preoccupazione per il rischio di comportamenti opportunistici. «Abbiamo avuto sentore di qualche azienda che intende continuare a lasciare in vita le vecchie convenzioni, senza più procedere a rinnovi, dopo l’arrivo dell’equo compenso», ha dichiarato il neopresidente del Consiglio nazionale forense, Francesco Greco, alla presentazione del Rapporto sull’avvocatura di Cassa forense e Censis la scorsa settimana.

Anche se quindi varrà per il futuro la legge è però già chiara nello specificare che le clausole a cui conformarsi non sono solo nelle convenzioni ma «si applicano a ogni tipo di accordo preparatorio o definitivo, purché vincolante per il professionista». Quindi anche, ad esempio, a lettere di incarico o contratti a valle della convenzione.

Certo il perimetro di applicazione dell’equo compenso resta limitato: varrà per tutte le pubbliche amministrazioni (ma non per società di cartolarizzazione o riscossione), per banche e assicurazioni e per le imprese che hanno in alternativa o più di 50 dipendenti o un fatturato annuo superiore ai dieci milioni. Secondo le prime stime si tratta di circa 27mila pubbliche amministrazioni e 51mila aziende private. Una platea che secondo molti dovrebbe essere al più presto allargata.

Vediamo nel dettaglio come devono essere riscritte le nuove convenzioni.

Le dieci clausole vietate

Sono nulle tutte le clausole che:

1) prevedono un compenso inferiore agli importi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini; per i non ordinistici i parametri devono ancora essere fissati (in teoria la legge impone al ministero di farlo entro 60 giorni).

2) impongono l’anticipazione delle spese da parte del professionista o vietano al professionista di chiedere acconti;

3) lasciano al cliente la possibilità di modificare unilateralmente le condizioni del contratto;

4) danno al cliente la facoltà di rifiutare la stipula scritta degli elementi essenziali del contratto;

5) permettono al cliente di pretendere dal professionista incaricato prestazioni aggiuntive gratis;

6) prevedono per il professionista la rinuncia al rimborso spese;

7) nei rinnovi prevedono la possibilità di applicare l’equo compenso anche agli incarichi pendenti se questo comporta una parcella minore;

8) condizionano il pagamento di assistenza e consulenza in materia contrattuale alla firma del contratto;

9) prevedono termini di pagamento superiori a 60 giorni dalla fattura o dalla richiesta di pagamento;

10) obbligano il professionista a pagare a clienti o a terzi compensi, corrispettivi o rimborsi per l’uso di software, banche dati, gestionali, servizi di assistenza tecnica o di formazione e, più in generale, di qualsiasi altro bene o servizio richiesto dal cliente.

Per gli avvocati c’è poi un divieto in più che vieta clausole che, in caso di liquidazione delle spese di lite in favore del cliente, riconoscano all’avvocato solo un minore importo previsto nella convenzione.

Le conseguenze

Se negli accordi è inserita una di queste clausole vietate, questa e solo questa sarà nulla in modo automatico, d’ufficio. Il resto del patto resta in vigore. Questo per evitare l’effetto controproducente di perdere del tutto l’incarico. È più complessa la procedura in caso di compenso inferiore a quello previsto dai parametri. In questo caso deve essere il professionista ad attivarsi ricorrendo al giudice. Quest’ultimo potrà richiedere un parere di congruità dell’Ordine sui compensi pattuiti. La strada del parere di congruità dell’Ordine può essere percorsa anche dal professionista in modo autonomo. Se il debitore non si oppone vale come titolo esecutivo immediato. Altrimenti il debitore ha 40 giorni di tempo per proporre un giudizio di opposizione.

Da notare che il professionista che ha accettato compensi inferiori ai parametri o comunque non equi rischia la sanzione disciplinare dell’Ordine. Sanzione che non è applicabile per gli autonomi che non hanno un Ordine.

LE REGOLE MANCANTI

1 Professioni non regolamentate
Senza parametri

L’equo compenso estende il meccanismo dei “decreti parametri” che indicano gli importi minimi e massimi per le varie prestazioni di ogni categoria anche alle professioni non regolamentate della legge 4/2013, finora prive di un riferimento normativo.
La legge assegna 60 giorni al ministero delle Imprese e del made in Italy per definire, insieme con le categorie interessate, i primi decreti parametri. Ma il termine non è perentorio

2 Codici deontologici
Da aggiornare

I consigli nazionali delle professioni ordinistiche dovranno ora rivedere i codici deontologici per inserire le sanzioni per gli iscritti che preventivano o accettano un compenso non equo e proporzionato, comunque inferiore ai parametri ministeriali. Sanzionabile anche chi non avvisa i clienti della nulltà di clausole che non rispettano l’equo compenso. Sanzioni alle quali i professionisti non ordinistici sfuggono proprio per la mancanza di un Ordine vigilante

3 La revisione
Dei vecchi valori

Fatta eccezione per gli avvocati, i cui parametri sono stati aggiornati l’anno scorso, tutte le altre categorie hanno valori vecchi, anche di dieci anni. Quelli dei commercialisti, dei notai e dei consulenti del lavoro, ad esempio, sono fermi dal 2013. I professionisti tecnici fanno riferimento a importi rivisti nel 2016. Oltre alla mancata rivalutazione, questo comporta che alcune nuove prestazioni non siano previste. Parte quindi ora un urgente lavoro di revisione.
La legge sull’equo compenso prevede aggiornamenti biennali

4 La vigilanza
Con l’Osservatorio

Va istituito presso il ministero della Giustizia un Osservatorio nazionale sull’equo compenso, composto da rappresentanti ministeriali, degli Ordini e delle associazioni di categoria non regolamentate. È guidato dal ministro della Giustizia. Darà un parere, su richiesta, sui nuovi decreti parametri e sulle convenzioni tipo tra aziende e Ordini. Potrà segnalare al ministero condotte o prassi lesive dell’equo compenso. Farà una relazione annuale al Parlamento sull’applicazione della legge

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