Professione e Mercato

Equo compenso professionisti: Viceministro Sisto, verso l'ok della Camera

Il testo-base, licenziato dalla Commissione Giustizia di Montecitorio nei giorni scorsi, a prima firma del presidente del Consiglio Giorgia Meloni, è al vaglio del Parlamento

La proposta di legge sull'equo compenso per le prestazioni rese dai liberi professionisti iscritti ad Ordini e Collegi (di cui 1,7 milioni sono associati alle Casse di previdenza private) sbarca oggi nell'Aula della Camera, per la discussione generale.

Il testo-base, licenziato dalla Commissione Giustizia di Montecitorio nei giorni scorsi, è quello a prima firma del presidente del Consiglio Giorgia Meloni (che lo aveva depositato in Parlamento ad ottobre dello scorso anno, prima, cioè, di ricevere dal Capo dello Stato Sergio Mattarella l'incarico per la formazione del governo, ndr), cui è stato unificato il provvedimento siglato dal deputato della Lega Jacopo Morrone.

L'obiettivo dell'iniziativa è rafforzare il principio della giusta remunerazione per i servizi professionali, inserito nel nostro ordinamento nel 2017 (su impulso del Pd e, in particolare, dell'allora ministro della Giustizia Andrea Orlando, che aveva al principio concepito la norma per i soli avvocati), e finora scarsamente applicato, soprattutto dalla Pubblica amministrazione; si prevede che ad osservare l'equo compenso debbano essere le imprese che impiegano più di 50 dipendenti, o che fatturano più di 10 milioni di euro all'anno. Ed è, inoltre, stabilita la nullità delle clausole che prevedono una remunerazione per il lavoratore autonomo inferiore ai parametri, rimettendo al giudice il compito di rideterminare il compenso iniquo e, eventualmente, di condannare il cliente al pagamento di un indennizzo in favore del professionista. La proposta di legge, stando al calendario dell'Assemblea della Camera, dovrebbe staccare il traguardo entro la metà della settimana.

Per il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto la proposta di legge si avvia verso il varo della Camera (dove oggi si tiene la discussione generale sul testo) ed è un provvedimento "sicuramente migliorabile, ma bisogna spingere per approvarlo nel più breve tempo possibile, per dare un primo segnale concreto di attenzione" verso le varie categorie di lavoratori autonomi. Per Sisto nel testo si consente agli Ordini di attuare "un'alta sorveglianza dei rapporti fra contraenti forti e professionisti eventualmente non iscritti agli Ordini", permettendo così, tra l'altro, a questi ultimi di "stanare esercizi abusivi della professione".

Camere civili, Parlamento approvi la legge - Per l'Unione Nazionale delle Camere civili il Parlamento deve approvare così com'è la legge sull'equo compenso. "Pur trattandosi di una legge sicuramente perfettibile, un compenso equo, nel settore della giurisdizione, si rende necessario per garantire la qualità della giustizia e non solo la libertà e la dignità degli Avvocati, necessari partecipi di una giustizia giusta, migliore e ragionevolmente veloce - sottolinea l'Uncc - Il provvedimento, quindi, risponde ad interessi di carattere generale, laddove tutela il decoro professionale di coloro che sono chiamati a difendere i cittadini e le imprese". Non solo: "in un momento in cui vi è uno sforzo finanziario ed organizzativo imponente per migliorare l'efficienza della giustizia, l'approvazione di tale norma appare indispensabile, perché costituisce un presupposto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del PNRR".

Adc (commercialisti), discrimina professioni – Critica invece l'Associazione dottori commercialisti, il sindacato presieduto da Maria Pia Nucera. "La proposta di Legge sull'equo compenso, oggi in discussione alla Camera, se approvata, sarebbe un provvedimento che discriminerebbe le professioni ordinistiche", perché nel testo di FdI-Lega è previsto che la sanzione, in caso di mancata osservanza del vincolo della giusta remunerazione, "venga applicata soltanto agli iscritti agli Ordini e non già a tutti i professionisti che accettano un compenso inferiore al dovuto, affermando di fatto l'imposizione del concetto dei "due pesi e due misure": si sanzionano gli iscritti agli Ordini, e si escludono coloro che, pur esercitando una professione, non hanno Ordine di riferimento".

"Stabilire che gli Ordini professionali siano i soli tenuti ad impugnare gli eventuali contratti stipulati in difetto di un equo compenso, non solo per i propri iscritti, ma anche per i non iscritti, li costringerebbe a porre in essere delle attività e a sostenerne i relativi costi che sarebbero sempre a carico degli iscritti ordinistici, tenendo indenni coloro che, non avendo Ordini, non sono tenuti a corrispondere alcuna quota d'iscrizione", si legge, ancora, nella nota.

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