Professione e Mercato

Equo compenso: la soddisfazione dell'Avvocatura - Il testo torna alla Camera

Mario Scialla (Coordinatore Ocf): le posizioni contrarie o che chiedono ulteriori modifiche buone solo per raccogliere like populisti

"Si proceda senza tentennamenti da parte di tutte le forze politiche per la definitiva approvazione della legge a tutela delle professioni autonome": così O.C.F, tramite il coordinatore Mario Scialla e il referente del gruppo di lavoro su Equo Compenso, Pierfrancesco Foschi, esprime la soddisfazione dell'avvocatura per l'approvazione all'unanimità nella seduta del 22.03.23 del Senato del DDL 495 sull'Equo Compenso con la sola necessaria unica modifica del richiamo al nuovo procedimento semplificato introdotto dalla riforma Cartabia in luogo dell'abrogato procedimento sommario per il recupero dei crediti professionali.

Il resto del testo del DDL coincide con quello che già fu approvato alla Camera prima del termine della precedente Legislatura, per cui OCF rinnova il fermo auspicio che, ora, l'iter per l'approvazione da parte dei deputati, cui il DDL ritorna per il voto definitivo, sia altrettanto spedito ed unanime, recependo finalmente le accorate istanze di tutti i professionisti autonomi italiani, a salvaguardia degli standard qualitativi delle prestazioni che le estreme liberalizzazioni hanno messo in secondo piano. Infatti, sin dai lavori preparatori della legge, pressoché tutte le forze politiche, anche dell'attuale opposizione, condivisero quanto OCF per l'avvocatura e le altre associazioni di categoria da tempo segnalano: dopo l'abolizione dieci anni fa, dei minimi tariffari professionali si è assistito ad una totale deregulation che, senza arrivare agli estremi di bandi e convenzioni che talora propongono persino la gratuità delle prestazioni, ha eroso, prima ancora dell'equità del compenso, l'autonomia funzionale del professionista e le minime tutele che i principi costituzionali di tutela del lavoro (anche autonomo) su cui dovrebbe fondarsi la nostra Repubblica richiederebbero, spingendo i professionisti, specie verso i committenti più forti, in un'area di indefinito parasubordinato senza tutele. Ciò mina l'autonomia dei liberi professionisti, unica vera garanzia di tutela diffusa dei cittadini, prima che dei consumatori.

Contrariamente a qualche isolata opinione contraria all'equo compenso, davvero poco tecnica e superficialmente buona per raccogliere like populisti sui social al pari dei ciclici interventi che col pretesto di maggiori tutele per tutte le professioni, vorrebbero rivedere o emendare il testo, così da non portarlo mai a compimento come una tela di Penelope, va ricordato che l'equo compenso riguarderà tutti i professionisti e non solo l'avvocatura, la quale vive da anni una situazione ben lontana dall'immagine che ancora le si vuole attribuire.

Tanto l'osservatorio presso il CNF quanto il monitoraggio di OCF hanno raccolto innumerevoli (più di 100 casi all'anno) esempi di bandi e convenzioni nazionali da parte di banche, assicurazioni e Pubbliche Amministrazioni con clausole platealmente vessatorie e compensi ben sotto i parametri delle tabelle ministeriali i minimi previsti.

Ciò con gli effetti di proletarizzazione già recentemente registrati dall'allarmante indagine di Censis e Cassa Previdenza Avvocati, per cui il 32% degli avvocati è prossimo ad abbandonare la toga e i numeri degli iscritti già si sono ridotti negli ultimi due anni e infine ricordando che nel 2020/2021 tra i 470.000 professionisti che presentarono domanda per il bonus di ultima istanza di 600 euro alle casse di previdenza, ben 140 mila erano avvocati, uno su tre. Insomma, i paladini delle spending review dovrebbero invocarle all'interno delle P.A. e non sulla pelle dei lavoratori autonomi, salvo che non si vogliano tutelare lobby, ormai sovranazionali, di banche, assicurazioni e grandi imprese.

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