Responsabilità

Errore medico, premorienza e perdita di chance valutabili separatamente

La Cassazione, sentenza n. 26851 depositata oggi, apre ad una "autonoma valutazione" a fronte dell'accertamento di un danno tanto da perdita anticipata della vita, quanto dalla possibilità di vivere ancora più a lungo

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di Francesco Machina Grifeo

Con una articolata decisione la Terza sezione civile della Cassazione (Presidente Travaglino, Relatore Porreca), sentenza n. 26851 depositata oggi, offre risposta positiva, ricorrendo specifiche condizioni, al quesito se accanto al danno da premorienza, ovvero accanto al danno – non per non essere guarito ma – per non aver avuto una vita che si sarebbe protratta più a lungo e per un tempo determinato, l'errore medico possa determinare anche il ristoro della perdita della "chance" di sopravvivere ancora più a lungo.

La Suprema corte tiene fermo il generale principio della generale irrisarcibilità dell'ulteriore danno da perdita di chance in presenza di un danno da perdita anticipata della vita. Tuttavia, aggiunge, in via eccezionale possono darsi ipotesi in cui il Giudice di merito ritenga, anche sulla base della prova scientifica acquisita, che, oltre al tempo determinato di vita anticipatamente perduta, esista, in relazione alle specifiche circostanze del caso concreto, la seria, concreta e apprezzabile possibilità (sulla base dell'eziologica certezza della sua riconducibilità all'errore medico) che, oltre quel tempo, il paziente avrebbe potuto sopravvivere ancora più a lungo.

In tal caso, prosegue la decisione, sempre che e soltanto se tale possibilità non si risolva in una mera speranza, ovvero si collochi in una dimensione di assoluta incertezza eventistica, che non attinga la soglia di quella seria, concreta, apprezzabile possibilità (come lascerebbe intendere, in via di presunzione semplice, l'avvenuta morte, benché anticipata, del paziente), tale ulteriore e diversa voce di danno risulterà concretamente e limitatamente risarcibile, in via equitativa, al di là e a prescindere dai parametri (sia pur diminuiti percentualmente) relativi al danno biologico e al quello da premorienza.

Un interessantissimo approdo che tuttavia non viene applicato al caso affrontato relativo ad un errore diagnostico rispetto ad una patologia tumorale, con conseguente omissione terapeutica. Per il Collegio infatti le conclusioni della Corte di appello (favorevoli agli eredi del paziente deceduto) sulla sussistenza della probabilità positiva rispetto all'ipotesi negativa contraria, con riferimento alla morte anticipata e al peggioramento della qualità della vita, sono assertivamente richiamate senza confrontarsi con i rilievi per cui i dati utilizzati erano relativi a soggetti con carcinoma allo stadio iniziale e non di tipo 2B, e associando la doppia terapia mancata in raffronto a soggetti non sottoposti neppure a chemioterapia.

Non basta cioè affermare che la chemioterapia non avrebbe consentito «alcuna possibilità di guarigione», perché sarebbe poi stato necessario verificare e spiegare se tale scelta terapeutica avrebbe avuto o meno un'incidenza migliorativa essa stessa, come contributo a un maggiore intervallo libero da malattia, al fine di raffrontare la maggiore probabilità positiva rispetto all'uso delle terapie mancate.

In via generale, dunque, vale il principio secondo cui, quando sia certo che la condotta del medico abbia provocato (o provocherà) la morte anticipata del paziente, la morte stessa diviene, di regola, evento assorbente di qualsiasi considerazione sulla risarcibilità di chance future. Ma esiste una eccezione.

Dunque, riepilogando: a) vivere in modo peggiore, sul piano dinamico-relazionale, la propria malattia negli ultimi tempi della propria vita a causa di diagnosi e/o cure tardive da errore medico, rappresenta un danno biologico differenziale; b) trascorrere quegli ultimi tempi della propria vita con l'acquisita consapevolezza delle conseguenze sulla (ridotta) durata della vita stessa a causa di diagnosi e/o cure tardive da errore medico, costituisce un danno morale; c) perdere la possibilità, seria apprezzabile e concreta, ma incerta nell'an e nel quantum, di vivere più a lungo a causa di diagnosi e/o cure tardive da errore medico, è un danno da perdita di chance; d) la perdita anticipata della vita a causa di un errore medico, è un danno risarcibile non per la vittima, ma per i suoi congiunti.

Ne consegue, pertanto, che: a) nel caso di perdita anticipata della vita (una vita che sarebbe comunque stata perduta per effetto della malattia) sarà risarcibile il danno biologico differenziale, sulla base del criterio causale del "più probabile che non"; b) il danno da perdita di chance di sopravvivenza sarà invece risarcito, equitativamente, una volta che, da un lato, vi sia incertezza sull'efficienza causale della condotta illecita quoad mortem, ma, al contempo, vi sia certezza eziologica che la condotta colpevole abbia cagionato la perdita della possibilità di vivere più a lungo; c) infine, il danno da perdita anticipata della vita e il danno da perdita di chance di sopravvivenza, di regola, non saranno né sovrapponibili né congiuntamente risarcibili, pur potendo e ccezionalmente costituire oggetto di separata ed autonoma valutazione qualora l'accertamento si sia concluso nel senso dell'esistenza di un danno tanto da perdita anticipata della vita, quanto dalla possibilità di vivere ancora più a lungo, qualora questa possibilità non sia quantificabile temporalmente, ma risulti seria, concreta e apprezzabile, e sempre che entrambi i danni siano riconducibili eziologicamente (secondo i criteri rispettivamente precisati) alla condotta colpevole dell'agente.

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