Professione e Mercato

Esame d'Avvocato, le Camere civili aprono ad una preselezione a quiz: risultati più equi

«L'idea di una preselezione (preselezione, si badi: non selezione!) – scrive il Presidente Uncc de Notaristefani - non mi dispiace»

di Francesco Machina Grifeo

Anche l'Unione camere civili prende posizione sul tema di una possibile riforma dell'esame di avvocato. Il dibattito che ha ripreso fiato a seguito dell'arrivo in Commissione giustizia di un Ddl a firma della Senatrice Lonardo , viaggia su due distinti binari: la ricerca di una soluzione a breve per gli scritti di metà dicembre: in questa settimana il Ministro Bonafede dovrebbe rispondere ad una interrogazione del Senatore Ferri sulla possibilità di svolgere l'esame in sicurezza; ed una rivisitazione invece complessiva delle prove di abilitazione.

Su questo secondo aspetto interviene Antonio de Notaristefani, Presidente dell'Unione delle Camere civili, affermando che "chi oggi protesta ha ragione da vendere" perché l'esame così com'è "non garantisce né la preparazione né una selezione equa", per verificarlo, prosegue, "basterebbe andare a confrontare le percentuali di promozione che, in una stessa sede, si registrano tra una sottocommissione", dove si trovano "oscillazioni talmente ampie da non essere giustificabili".

"Per questo – afferma de Notaristefani - , l'idea di una preselezione (preselezione, si badi: non selezione!) mediante quiz che renda gestibili i numeri, senza lasciare margini alla discrezionalità di chi esamina non mi dispiace: di quella discrezionalità a volte si è abusato, in un senso o nell'altro".

"Ovviamente – prosegue -, i quiz possono permettere di verificare le nozioni teoriche, ma non le competenze professionali, che dovrebbero essere assicurate da una pratica troppo spesso ridotta a manovalanza". Tuttavia, incalza de Notaristefani, "una preselezione che garantisca equità nell'accesso al successivo esame di quelle competenze professionali può essere utile, in primo luogo ai nostri giovani: una valutazione seria serve a fare largo ai migliori, ed a garantire il funzionamento dell'ascensore sociale, perché se vengono fatti tutti cavalieri poi troveranno lavoro soltanto quelli che sono figli d'arte, o hanno relazioni in grado di garantirglielo".

Il vero problema, secondo il Presidente dei civilisti, infatti, non risiede tanto nell'esame, quanto nel successivo accesso al lavoro. "Per questo - prosegue -, non ha alcun senso continuare ad allargare a dismisura le maglie di accesso agli albi inassenza di reali sbocchi al mercato, o protestare perché questo avvenga".

"Anche io – continua - , prima di fare l'esame, volevo soltanto essere promosso, ed è giusto che sia così. Ma oggi, che ho sperimentato sulla mia pelle le difficoltà di inserimento, mi rendo conto che se si vogliono garantire delle eque opportunità a tutti ci vuole in primo luogo serietà: la selezione verrà fatta comunque, meglio che sia basata sul merito che sulle relazioni".

L'intervento si chiude poi con un auspicio: "Mi piacerebbe che il superamento dell'esame venisse considerato da solo sufficiente per permettere ai migliori, giovani e meno giovani, di accedere ai primi incarichi, magari anche giudiziari, senza dover fare affidamento sulla benevolenza di qualcuno, e senza dovere scendere e salire per l'altrui scale: in fondo, sarebbe una versione più moderna del vecchio numero chiuso, previsto in origine dalla precedente legge professionale".

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