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Esame d'avvocato: il caso di civile, fideiussione omnibus e la nullità parziale derivante dalla violazioni antitrust

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di Patrizia Cianni

Con la recente sentenza a Sezioni Unite 30 dicembre 2021, n. 41994, la Corte di Cassazione ha risolto il contrasto relativo alla questione delle fideiussioni riproducenti le clausole del contratto tipo, già giudicato contrario alle regole della concorrenza antitrust, giacché frutto di un’intesa restrittiva della concorrenza affermando il principio per il quale le clausole coincidenti con il contratto tipo sono nulle (nullità parziale), restando viceversa valido il contratto di fideiussione.

A – IL CASO

La Società Alfa ha concluso un contratto di conto corrente e un contratto di finanziamento sotto forma di mutuo, con un l’istituto di credito Beta, per l’importo di 75 mila euro.

A garanzia dei citati contratti, Tizio, uno dei soci, ha sottoscritto due distinte fideiussioni sino a concorrenza della somma di 166 mila euro.

Nel 2010, la banca Beta ha comunicato alla Società Alfa (debitore principale) la risoluzione dei contratti chiedendo la restituzione dello scoperto e nel 2011, il creditore ha ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti del fideiussore Tizio in relazione alle due fideiussioni prestate.

L’ingiunto Tizio ha proposto opposizione e il giudice, su istanza dell’opponente, ha sospeso il giudizio ex  art. 295 c. p. c. in quanto nelle more del giudizio di opposizione, il fideiussore Tizio ha instaurato un procedimento davanti alla Corte d’Appello ai sensi di quanto previsto dall’art. 33 della legge n. 287/1990, nel testo applicabile ratione temporis, evocando in giudizio la banca Beta e chiedendo che fossero dichiarati nulli i contratti di fideiussione per violazione della disciplina antritrust (in particolare, art. 2 c. 2 lett. a) Legge n. 287/1990).

Tizio ha chiesto, altresì, la condanna dell’Istituto di credito al risarcimento del danno oltre alla cancellazione del nominativo dalla Centrale Rischi; in subordine, ha domandato la nullità delle singole clausole contrattuali violative della disciplina di cui sopra ed infine, ha chiesto che venisse dichiarato che egli nulla doveva, poiché la banca aveva proposto le sue istanze nei confronti del fideiussore ben oltre il termine di sei mesi previsto dall’art. 1957 c.c.. 

La Corte d’appello ha dichiarato la nullità delle clausole contestate, condannato la banca Beta al pagamento del risarcimento del danno non patrimoniale e ordinato la cancellazione del nominativo di Tizio dalla Centrale Rischi della Banca d’Italia.

Avverso tale denuncia l’Istituto di credito decide di proporre ricorso per cassazione.

Il candidato, assunte le vesti del legale di Tizio, rediga motivato parere illustrando le questioni giuridiche emergenti dalla fattispecie in esame.

1) La decisione in esame: Corte Suprema di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza del 30 dicembre 2021, n. 41994.

2) La questione giuridica

Se la coincidenza, totale o parziale, tra le condizioni dell’intesa a monte - dichiarata nulla dall’organo di vigilanza di settore - e le condizioni del contratto a valle, giustifichi la dichiarazione di nullità delle clausole accettate dal fideiussore, oppure legittimi solo l’esercizio dell’azione di risarcimento del danno.

Nel caso della nullità delle clausole del contratto a valle, quale sia il regime applicabile all’azione di nullità.

Se sia ammissibile una dichiarazione di nullità parziale della fideiussione.

Se occorra indagare la sussistenza della volontà delle parti di prestare ugualmente il proprio consenso al rilascio della garanzia, ovvero l’esclusione di un mutamento dell’assetto d’interessi derivante dal contratto.

3) Riferimenti normativi: artt. 2, 6 e 8 L. n. 287/1990, art. 101 TFUI, artt. 1419 e 1957 c.c. .

B – LA SOLUZIONE DEL CASO

4) Le possibili interpretazioni

La disciplina normativa nazionale ed europea

La Legge n. 287/1990 che contiene le norme a tutela della concorrenza e del mercato all’art. 2 c. 2 lett. a), in materia di intese restrittive della libertà di concorrenza vieta “le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, anche attraverso attività consistenti nel fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni contrattuali” ed al comma successivo dispone che le intese vietate sono nulle ad ogni effetto.

L’art. 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) prevede che sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno. Tali accordi sono nulli di pieno diritto.

Lo schema ABI e le clausole violative della concorrenza

Quasi tutte le banche italiane aderiscono all’Associazione Bancaria Italiana (ABI) che, al fine di perseguire i propri compiti, predispone schemi negoziali concernenti condizioni generali di contratto che gli istituti di credito possono utilizzare nei rapporti con la clientela.

Nel 2002, è stato redatto uno schema negoziale per il contratto di fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie (fideiussione omnibus) nel quale la Banca d’Italia, quale autorità garante della concorrenza degli istituti di credito, evidenziava l’esistenza di clausole restrittive della concorrenza.

Precisamente si tratta delle clausole 2, 6 e 8 del citato schema contrattuale, ossia:

- la clausola di reviviscenza (art. 2) secondo cui il fideiussore deve “rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo”;

- la clausola di rinuncia ai termini ex art 1957 c. c. (art. 6) a mente della quale “i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi, dall’art. 1957 c.c., che si intende derogato”;

- la clausola di sopravvivenza (art. 8) secondo la quale “qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate” e dunque sancisce l’insensibilità della garanzia prestata agli eventuali vizi del titolo in virtù del quale il debitore principale è tenuto nei confronti della Banca.

Successivamente con Provvedimento n. 5 del 02.05.05 la Banca d’Italia, in funzione di Autorità Garante della concorrenza tra Istituti creditizi ai sensi degli artt. 14 e 20 L. n. 287 del 1990, si è pronunciata sul contrasto tra lo schema contrattuale di fideiussione omnibus predisposto dall’A.B.I. e l’art. 2 della L. n. 287/90 (Legge Antitrust), dichiarando che gli artt. 2, 6, 8 del suddetto schema contrattuale contengono disposizioni che, nella misura in cui vengano applicate in modo uniforme, sono in contrasto con l’art. 2 comma 2 lettera a) della L. n. 287/90 e lesive della concorrenza.

In particolare, la clausola di rinuncia al termine ex art. 1957 c. c. e la clausola di sopravvivenza addossano al fideiussore le conseguenze negative derivanti:

- dall’inosservanza degli obblighi di diligenza della banca (che ha omesso di agire nel termine di 6 mesi previsto dall’art. 1957 c. c.);

- oppure dall’invalidità o dall’inefficacia dell’obbligazione principale e degli atti estintivi della stessa (venendo così meno il carattere accessorio tipico dell’obbligazione fideiussoria).

La giurisprudenza della Suprema Corte sulle fideiussioni prestate a garanzie delle operazioni conformi allo schema di contratto predisposto dall’ABI

La Suprema Corte di Cassazione prima con sentenza 12 dicembre 2017, n. 29810, e successivamente con sentenza 22 maggio 2019, n. 13846 ha statuito che, alla luce del provvedimento n. 55 del 02.05.05 della Banca d’Italia, sono nulle le fideiussioni prestate a garanzia delle operazioni conformi allo schema di contratto predisposto dall’A.B.I., e che da tale accertamento non sono esclusi i contratti che costituiscono applicazione “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale vietata dall’art. 2 L. n. 287/90.

In particolare la pronuncia n. 29810/ 2017 ha statuito che “Sono nulle le fideiussioni prestate a garanzia delle operazioni bancarie (c.d. fideiussioni omnibus) conformi allo schema di contratto predisposto dall’ABI (in via segnata, alla luce del provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 di Banca d’Italia, le fideiussioni che contengono la sostanza delle seguenti clausole: «il fideiussore è tenuto a rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo»; «qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l'obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate»; «i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi, dall’art. 1957 c.c., che si intende derogato»)”.

L’orientamento espresso in tali pronunce è stato recepito in maniera difforme e contrastante dalla successiva giurisprudenza dei Tribunali nazionali che in alcuni casi hanno statuito la nullità totale di tali fideiussioni ed in altri casi ne hanno sancito la nullità parziale mentre in altri casi ancora non hanno ravvisato alcuna invalidità delle fideiussioni predisposte sul suddetto modello ABI.

Le sorti del contratto a valle

Con riferimento alle sorti del contratto a valle, stipulato tra la banca e il cliente, laddove riproduca le clausole contrarie alla disciplina antitrust contenute nello schema ABI a monte e dunque sulla questione se il cliente può godere della tutela demolitoria derivante dalla declaratoria di nullità oppure può invocare unicamente il diritto al risarcimento del danno si registrano orientamenti diversi sia in giurisprudenza che in dottrina.

La giurisprudenza sul punto oscilla tra un primo indirizzo secondo il quale la soluzione preferibile è la nullità totale del contratto di fideiussione a valle dell’intesa vietata ed un secondo che ritiene preferibile la tesi della nullità parziale delle clausole del contratto.

In dottrina una prima tesi ritiene che nel contratto a valle sia configurabile una nullità derivata che consegue al collegamento negoziale sussistente tra l’intesa a monte e il contratto con il consumatore finale mentre altra tesi, invece, afferma che la nullità della fideiussione a valle dipenda dall’illiceità della causa dell’intesa anticoncorrenziale ex art. 1418 c. 2 c. c..

Una terza impostazione ravvisa la nullità assoluta della fideiussione, poiché l’oggetto del contratto persegue il risultato vietato a cui l’intesa tra imprese è diretta mentre un altro filone interpretativo propende per la nullità parziale in nome del principio di conservazione del negozio giuridico.

La posizione assunta dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione sentenza n. 41994/2021

Dopo aver ricostruito e ripercorso i vari indirizzi giurisprudenziali e dottrinali in merito alle tutele riconoscibili al cliente-fideiussore, le Sezioni Unite hanno aderito alla tesi della nullità parziale in quanto la ratio dell’art. 2 c. 2 lett. a) legge antitrust consiste nel creare un bilanciamento tra libertà di concorrenza e tutela delle situazioni giuridiche dei soggetti diversi dagli imprenditori.

Invero, la legge antitrust ha come destinatari non soltanto gli imprenditori ma anche gli altri soggetti del mercato, come il consumatore finale (Corte Cass., Sez. Un., n. 2207/2005) per cui il destinatario, quindi, è legittimato ad esperire sia la tutela reale che quella risarcitoria.

Inoltre, l’art. 2 c. 3 legge cit. commina la nullità delle intese vietate ad ogni effetto, con ciò facendo riferimento anche ai contratti che realizzano l’intesa vietata.

Dunque, l e Sezioni Unite della Suprema Corte hanno affermato che la realizzazione delle finalità perseguite dalla disciplina antitrust è garantita dalla tutela risarcitoria unitamente a quella reale.

Invero, la finalità propria della disciplina antitrust è quella di tutelare l’interesse del mercato e non solo del singolo contraente che abbia subito un danno per cui il rimedio risarcitorio esperibile dal singolo non ha efficacia dissuasiva per le imprese che abbiano aderito all’intesa vietata o che, pur non aderendovi abbiano recepito le clausole illecite nello schema negoziale.

Ne consegue che il riconoscimento del diritto della vittima di far valere la nullità del contratto appare, invece, “un adeguato completamento del sistema delle tutele, non nell’interesse esclusivo del singolo, bensì in quello della trasparenza e della correttezza del mercato, posto a fondamento della normativa antitrust”.

Tale soluzione appare anche conforme a quanto previsto a livello europeo in quanto la Corte di Giustizia ha affermato che il consumatore ha diritto al risarcimento del danno subito per effetto della condotta anticoncorrenziale ma la sede naturale per valutare la sorte del contratto a valle dell’intesa vietata è quella dell’ordinamento interno degli Stati membri.

La nullità parziale delle clausole del contratto di fideiussione a valle tutela sia il cliente attraverso l’espunzione delle clausole vietate che la banca che mantiene in vita la garanzia fideiussoria in quanto risponde al principio di conservazione del negozio.

L’art. 1419 c.c.  prevede a seguito della nullità della singola clausola (o di alcune clausole) una regola ed una eccezione laddove stabilisce che:

- non colpisce l’intero contratto se tale clausola è scindibile dal resto del negozio (regola),

- si estende all’intero contratto solo nel caso in cui la parte dimostri che quella clausola non gode di esistenza autonoma ma si trova in correlazione inscindibile con il resto per cui i contraenti non avrebbero concluso il contratto senza quella clausola colpita da nullità (eccezione).

Attraverso l’analisi del n esso funzionale tra atto a monte e contratto a valle va affermato che l a nullità dell’intesa a monte comporta la nullità derivata del contratto a valle (ossia la fideiussione tra banca e cliente) limitatamente alle clausole riproduttive di quelle previste dallo schema ABI e dichiarate nulle dal provvedimento della Banca d’Italia (n. 55/2005).

Invero, poiché i contratti a valle dell’intesa vietata “partecipano della stessa natura anticoncorrenziale dell’atto a monte”, sono colpiti dalla stessa forma di invalidità che colpisce il primo per cui si vuole punire la distorsione della concorrenza a prescindere dal fatto che essa si realizzi anche con comportamenti non contrattuali, come le intese.

Ne consegue che la normativa antitrust può risultare violata da una combinazione di atti tra i quali sussista un collegamento funzionale: le intese a monte e i contratti a valle e tale collegamento si verifica quando il contratto a valle riproduce, totalmente o parzialmente, l’atto a monte dichiarato nullo dall’autorità di vigilanza.

In tal modo, infatti, il contratto di fideiussione che riproduce le “clausole vietate” dello schema ABI diviene uno strumento per violare la disciplina antitrust creando un meccanismo distorsivo della concorrenza che la legge intende evitare.

La portata di tale nullità è più ampia di quella codicistica prevista dall’art. 1418 c.c. e delle altre nullità previste dall’ordinamento (come le nullità di protezione predisposte a tutela del consumatore) e per questo la si definisce “speciale” in quanto colpisce anche la combinazione di atti collegati da un nesso funzionale, non tutti riconducibili ad una fattispecie contrattuale e la sua ampiezza trova la propria ratio nell’esigenza di tutelare l’ordine pubblico economico.

Ne consegue che nel caso in cui nel contratto di fideiussione (a valle) siano riprodotte solo le tre clausole dichiarate nulle dalla Banca d’Italia, opera il principio di conservazione degli atti negoziali, che rappresenta la regola per cui il contratto di fideiussione a valle è nullo limitatamente alle clausole riproduttive dello schema illecito a monte e la nullità dipende dal fatto che tale schema sia adottato in violazione della disciplina antitrust (interna ed europea).

Per contro, è nullo l’intero contratto, in deroga al principio di conservazione, nel caso in cui sia dimostrata la diversa volontà delle parti «nel senso dell’essenzialità - per l’assetto di interessi divisato - della parte del contratto colpita da nullità».

Nel caso di specie, la fideiussione è pienamente valida, ma viene depurata ai sensi dell’art. 1419 c.c. dalle clausole riproduttive di quelle dichiarate nulle dalla Banca d’Italia, in quanto anticoncorrenziali.

In conclusione, la pronuncia afferma importanti principi a tutela dei garanti:

- legittimazione a far valere la nullità sia in capo all’imprenditore sia al consumatore finale;

- cumulabilità dell’azione di nullità con la domanda di ripetizione di indebito e di risarcimento del danno;

- riconoscimento dei provvedimenti della Banca d’Italia e delle pronunce delle Autority alla stregua di atti con “elevata attitudine a provare la condotta anticoncorrenziale (…)” con scarsa discrezionalità valutativa al “giudice del merito” che “è quindi tenuto (…) ad apprezzarne il contenuto”;

- rilevabilità d’ufficio della nullità parziale delle fideiussioni.

Si tratta di importanti baluardi difensivi in favore di tutti coloro che abbiano prestato garanzie fideiussorie a Banche e finanziarie in favore di attività imprenditoriali, soprattutto in caso di crisi di solvibilità di queste ultime con conseguenti azioni recuperatorie da parte dei creditori.

Il principio di diritto

I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, comma 2, lett. a) della legge n. 287 del 1990  e 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, comma 3 della legge succitata e dell’art. 1419 cod. civ., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti