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Esclusa l'esistenza di malafede da parte di chi deposita un marchio non usato ormai da tempo: le ultime notizie dal Tribunale Ue

Con sentenza (T-250/21, Zdút c. EUIPO, 6 luglio 2022) che ha annullato la decisione della Commissione Ricorsi dell'EUIPO, il Tribunale dell'Unione Europea ha escluso l'esistenza di malafede da parte di chi deposita un marchio non usato ormai da molto tempo ed ha compiuto sforzi per renderlo nuovamente noto al pubblico

di Niccolò Ferretti e Daniele Caponetto*

Una recente pronuncia del Tribunale dell'UE ha fornito importanti canoni interpretativi riguardo un fenomeno che si verifica con relativa frequenza: la registrazione, da parte di soggetti diversi da chi ne è stato un tempo titolare, di marchi ancora noti, ma inutilizzati da anni o, addirittura, da decenni.

Il caso sottoposto al Tribunale riguarda la legittimità, secondo la normativa comunitaria, della registrazione, richiesta nel 2013 dal sig. Ladislav Zdút e concessa nel 2014, del marchio "NEHERA" per una pluralità di prodotti, tra cui anche pelletteria, articoli di abbigliamento, scarpe ed altro.

Dopo alcuni anni, nel 2019, i sig.ri Isabel Nehera, Jean-Henri Nehera e Natacha Sehnal, nipoti di Jan Nehera, noto imprenditore del secolo scorso, hanno presentato alla divisione di annullamento dell'EUIPO domanda di nullità del predetto marchio, per contrasto col Regolamento comunitario sul marchio UE, lamentando il fatto che il deposito del segno fosse stato richiesto in malafede. Rappresentavano che il loro nonno aveva costituito in Cecoslovacchia negli anni '30 un'impresa di prodotti di abbigliamento e accessori contraddistinti dal marchio "Nehera" e che il sig. Zdút aveva depositato e usato un marchio nazionale identico al marchio contestato.

Nel 2020, la divisione di annullamento dell'EUIPO ha respinto la domanda di dichiarazione di nullità per mancanza dell'asserita malafede del registrante.

In senso opposto, si è invece orientata la Commissione dei Ricorsi EUIPO, sostenendo che il marchio del passato fosse largamente conosciuto ed usato in Cecoslovacchia negli anni '30, che il sig. Zdút fosse ben al corrente di questa notorietà e che, pertanto, lo avesse richiesto con il preciso scopo di trarre indebito vantaggio da questa circostanza. La Commissione ha concluso ritenendo sussistente la malafede del richiedente e pertanto dichiarando nullo il marchio. Zdút ha infine ricorso al Tribunale UE per l'annullamento di questa pronuncia.

Il Tribunale ha anzitutto analizzato la nozione di malafede necessaria per pronunciare la nullità di un marchio. Il concetto non è normativamente specificato, ma la giurisprudenza comunitaria ha nel tempo fornito alcune interpretazioni. Essa è definita come uno stato d'animo non corretto, mirato a pregiudicare gli interessi di terzi o ad ottenere, senza pregiudizi di terzi specifici, un diritto esclusivo non conforme alle tipiche funzioni del marchio.

Per accertare la malafede, va considerato il grado di notorietà del segno al momento della richiesta di registrazione e il pubblico di riferimento che deve valutare tale notorietà, rappresentato dal consumatore medio dei prodotti per i quali il marchio è stato registrato.

Infine, conclude il Tribunale, spetta a chi agisce per la nullità dimostrare che chi ha richiesto il marchio fosse in malafede al momento della domanda di registrazione. In pratica, occorreva che il sig. Zdút avesse registrato con lo scopo di sfruttare in maniera parassitaria la notorietà del sig. Nehera e del vecchio marchio, e che avesse inoltre tratto un indebito vantaggio da questa circostanza.

Il Tribunale ha quindi valutato congiuntamente tutti gli elementi del caso per pronunciarsi sulla eventuale malafede del registrante. Ha analizzato il contesto fattuale e storico, la tutela giuridica accordata al vecchio marchio, la sua notorietà, e la conoscenza da parte del ricorrente dell'esistenza e della notorietà del marchio anteriore.

Per i giudici è emerso che il Sig. Nehera aveva usato il suo marchio negli anni '30 e '40 per contraddistinguere i propri prodotti, che tale segno era largamente conosciuto, che già a partire dagli anni '50 risultava estinto per mancato rinnovo e che esistenza e notorietà di questo marchio fossero ben conosciute dal sig. Zdút.

Quanto alla conoscenza del pubblico alla data di deposito, il Tribunale conclude che nel 2013 il vecchio marchio e la storia del sig. Nehera erano del tutto dimenticati e che il sig. Zdút aveva dedicato molti sforzi, tempo e denaro per far rivivere il marchio anteriore e far conoscere la storia del suo ex titolare. Il registrante, dice il Tribunale, si è adoperato per ripristinare, a proprie spese, la notorietà del vecchio marchio e l'immagine storica del sig. Jan Nehera.

Tale condotta non è apparsa censurabile e non integrava la malafede del registrante in fase di deposito.

Il Tribunale ha dunque accolto la domanda di annullamento della pronuncia di nullità promossa dal sig. Zdút.

Questa decisione, come accennato, non è la sola ad aver affrontato casi in cui un marchio storico abbandonato è stato fatto rivivere dopo molto tempo da soggetti diversi dagli originari titolari. Casi analoghi sono stati trattati anche da varie Corti nazionali, che hanno generalmente escluso il ricorrere di malafede e la nullità del marchio non più usato e ridepositato da terzi dopo molto tempo.

In Italia, relativamente recente è stato il caso "Lambretta", marchio notoriamente conosciuto, non usato né rinnovato dagli anni '80 in poi e in seguito ridepositato dopo decenni da terzi estranei all'impresa ex titolare dello stesso. Anche in questo caso ci si interrogava sulla legittimità dell'operazione di riappropriazione del marchio.Una sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i presupposti della decadenza coordinandola con la nozione di mancato uso del marchio.

La decadenza, come previsto dalla legge, si verifica dopo cinque anni di non uso del marchio: affinché essa maturi non è però richiesta anche la perdita di capacità distintiva. Può ben succedere che i consumatori, anche dopo molto tempo, abbiano ancora memoria del vecchio marchio decaduto.

In questi casi la decadenza non è evitata e, quindi, il marchio può essere ridepositato anche da terzi privi di legami con l'azienda originaria desiderosi di far rivivere il marchio noto in tempi passati.

Si ricordano altri casi, giudiziari e non, di revival di marchi del passato ripresi dopo decenni, come quello della casa automobilistica Isotta Fraschini, assai nota nella prima metà del ‘900, il cui marchio è stato ridepositato dopo oltre cinquant'anni dalla cessazione dell'attività di produzione dei veicoli. Ed ancora, il caso del marchio Schiaparelli, appartenuto all'omonima stilista e celebre fino al secondo dopoguerra, assente dal mercato per oltre sessant'anni e poi ridepositato nei primi anni duemila. Infine, analoga vicenda è quella del marchio di abbigliamento Galitzine, celebre negli anni '60, trasferito varie volte e recentemente rilanciato nel settore.

*a cura degli avvocati Niccolò Ferretti e Daniele Caponetto, di Nunziante Magrone


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