Esigenze cautelari e rilevanza del cosiddetto tempo silente
Misure cautelari - Personali - Estinzione - Revoca - Reato di cui all'art. 275, comma 3, cod. proc. pen. - Decorso del c.d. 'tempo silente' - Rilevanza nella fase di revoca o sostituzione della misura - Esclusione - Ragioni.
In tema di misure cautelari applicate per un reato di cui all'art. 275, comma 3, cod. proc. pen., il c.d. "tempo silente" trascorso dalla commissione del reato non costituisce oggetto di valutazione ex art. 299 cod. proc. pen., ai fini dei provvedimenti di revoca o di sostituzione della misura, rispetto ai quali l'unico tempo che assume rilievo è quello trascorso dall'applicazione o dall'esecuzione della stessa, siccome qualificabile, in presenza di ulteriori elementi di valutazione, come fatto sopravvenuto da cui poter desumere il venir meno ovvero l'attenuazione delle originarie esigenze cautelari.
• Corte di cassazione, sezione 3 penale, sentenza 2 novembre 2022 n. 41116
Misura cautelare degli arresti domiciliari - Sostituzione con misura meno gravosa - Tempo silente - Insufficienza - Necessità di ulteriori elementi - Inammissibilità.
Il c.d. "tempo silente" trascorso dalla commissione del reato deve essere oggetto di valutazione, a norma dell'articolo 292 c.p.p., comma 1, lettera c), da parte del giudice che emette l'ordinanza che dispone la misura cautelare, mentre analoga valutazione non è richiesta dall'articolo 299 c.p.p. ai fini della revoca o della sostituzione della misura, rispetto alle quali l'unico tempo che assume rilievo è quello trascorso dall'applicazione o dall'esecuzione della misura in poi, essendo qualificabile, in presenza di ulteriori elementi, come fatto sopravvenuto da cui presumere il venir meno ovvero l'attenuazione delle originarie esigenze cautelari.
• Corte di cassazione, sezione 2 penale, sentenza 7 luglio 2022 n. 26242
Misure cautelari - Personali - Disposizioni generali - Esigenze cautelari - Reati di cui all'art. 416-bis cod. pen. - Custodia cautelare in carcere - Presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari - Incidenza del cd. tempo silente - Residualità.
La presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari viene meno solo col recesso dell'indagato dall'associazione o con l'esaurimento dell'attività associativa, mentre il c.d. tempo silente non può, da solo, costituire prova dell'irreversibile allontanamento dell'indagato dal sodalizio: esso è valutabile in via residuale, quale uno dei possibili elementi - tra cui per es. un'attività di collaborazione o il trasferimento in altra zona territoriale - che dimostrino, in modo obiettivo e concreto, una situazione indicativa dell'assenza di esigenze cautelari.
• Corte di cassazione, sezione 2 penale, sentenza 21 febbraio 2022 n. 5892
Misure cautelari - Personali - Disposizioni generali - Esigenze cautelari - Reato ex art. 416-bis cod. pen. - Esigenze cautelari - Presunzione relativa di sussistenza - Operatività - Tempo decorso dalla condotta di partecipazione (cd. tempo silente) - Apprezzabilità - Condizioni.
In tema di custodia cautelare in carcere disposta per il reato di cui all'art. 416-bis cod. pen., la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all'art. 275, comma 3, cod. proc. pen. può essere superata solo con il recesso dell'indagato dall'associazione o con l'esaurimento dell'attività associativa, mentre il cd. "tempo silente" (ossia il decorso di un apprezzabile lasso di tempo tra l'emissione della misura e i fatti contestati) non può, da solo, costituire prova dell'irreversibile allontanamento dell'indagato dal sodalizio, potendo essere valutato esclusivamente in via residuale, quale uno dei possibili elementi (tra cui, ad esempio, un'attività di collaborazione o il trasferimento in altra zona territoriale) volto a fornire la dimostrazione, in modo obiettivo e concreto, di una situazione indicativa dell'assenza di esigenze cautelari.
• Corte di cassazione, sezione 2 penale, sentenza 26 febbraio 2021 n. 7837
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