Lavoro

Esonero contributivo, una lettura interpretativa delle recenti misure

Con il D.L. 14 agosto 2020, n. 104 il Legislatore ha definito un articolato dispositivo normativo - nel quale peraltro si colloca anche il sopravvenuto articolo 12 del Decreto ristori - volto a preservare i livelli occupazionali in un frangente in cui la crisi sanitaria si è certamente inasprita

di : Massimiliano Arlati e Luca Barbieri *


L'intreccio di norme da considerare e le ‘ingombranti' incognite non ancora dissolte – il cenno è qui rivolto alle misure di esonero contributivo di cui all'articolo 3 del D.L. 14 agosto 2020, n. 104 e all'articolo 12, comma 14 del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137 – rendono oltremodo difficile l'individuazione di una strategia economica ed organizzativa rispondente alle mutevoli esigenze (immediate e di medio termine).

L'esercizio consiste dunque nel tracciare un progetto imprenditoriale equilibrato e bilanciato rispetto alle possibili alternative e combinazioni: la disciplina in tema di trattamenti d'integrazione salariale, il divieto di licenziamento collettivo e individuale per giustificato motivo oggettivo e le misure esonerative dall'obbligo di versamento della contribuzione obbligatoria posta a carico del datore di lavoro rappresentano fattori primari (e ineludibili) delle politiche imprenditoriali formatesi dal 15 agosto 2020 ad oggi.

Come anticipato, proprio con riguardo alle misure volte ad introdurre benefici previdenziali sono emerse profonde contraddizioni ed elementi d'incertezza che di fatto pregiudicano l'esercizio della capacità progettuale delle imprese, in una fase (difficile) in cui il quadro normativo - vòlto a preservare e consolidare i livelli occupazionali - avrebbe dovuto agevolare l'attività di programmazione anziché inibirla.

In tal senso, sono emblematici i già richiamati articolo 3 del D.L. 14 agosto 2020, n. 104 e articolo 12, comma 14 del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, in forza dei quali il datore di lavoro è (stato) costretto ad esprimere una scelta cruciale senza disporre di elementi essenziali e fermi di giudizio.

Tali disposizioni prevedono infatti che la fruizione dell'esonero contributivo - la cui misura è variabile e determinata in relazione all'entità del ricorso a trattamenti d'integrazione salariale effettuato nei trascorsi mesi di maggio e giugno 2020 – comporti l'automatica rinuncia a presentare una domanda d'integrazione salariale per periodi decorrenti tra il 13 luglio 2020 e il 31 gennaio 2021. L'insensatezza delle disposizioni in commento è legata al fatto che la possibilità di beneficiare dell'esonero contributivo è subordinata al parere della Commissione europea, ad oggi ancora atteso. Dunque, pur ammettendo che il ricorso al trattamento d'integrazione salariale e l'esonero contributivo possano effettivamente essere ‘strumenti' tra loro alternativi, l'attuale meccanismo giuridico impone al datore di optare per una misura agevolativa incerta in luogo di una misura certa ed immediatamente applicabile qual è appunto il trattamento d'integrazione salariale di cui all'articolo 1 del D.L. 14 agosto 2020, n. 104 e all'articolo 1 del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137.

Peraltro, affiorano ulteriori perplessità con riguardo alle ‘geometrie' dello schema dell'esonero in esame se solo si consideri che, stando ad un'interpretazione letterale delle disposizioni vigenti, il divieto di licenziamento di cui all'articolo 14 del D.L. 14 agosto 2020, n. 104 e all'articolo 12, commi 9 e 10 del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137 è stabilito venga meno quando il datore di lavoro abbia interamente fruito dell'esonero spettante, conguagliando il credito maturato con la contribuzione obbligatoria dovuta.

Dunque, laddove la Commissione europea autorizzasse l'applicazione di tale misura e fossero tempestivamente rese note le istruzioni operative per l'effettuazione delle operazioni di conguaglio, il divieto di licenziamento potrebbe venir meno con forte anticipo rispetto al termine attualmente previsto del 31 gennaio 2020.

A tale interpretazione delle disposizioni in parola, che confligge apertamente con la ragione sottesa alle norme stesse e che, come detto, dovrebbe mirare a fronteggiare l'emergenza preservando i livelli occupazionali, ha aderito anche l'Istituto con circolare 18 settembre 2020, n. 105.

Un ulteriore elemento di assoluto rilievo riconducibile al meccanismo d'esonero contributivo si rinviene anche nella possibilità che lo stesso trovi applicazione con riferimento alla singola unità produttiva censita. Nell'ipotesi in cui l'impresa fosse composta di più unità produttive, il datore di lavoro potrebbe tracciare una strategia differente per ciascuna di queste, optando di volta in volta per il ricorso al trattamento d'integrazione salariale ovvero per l'esonero contributivo (e differenziando quindi la durata del divieto di licenziamento in relazione a ciascuna unità produttiva).

Inoltre, un'immediata operatività delle norme in esame potrebbe avere il merito di consentire all'impresa di porre in essere una politica occupazionale ‘variabile' sul territorio, modulando a seconda delle esigenze avvertite in relazione a ciascuna unità produttiva una strategia capace di rispondere efficacemente al non uniforme andamento della curva di contagio sul piano territoriale.

Di contro, l'esonero contributivo di cui all'articolo 27 del D.L. 14 agosto 2020, n. 104 ha già ottenuto l'autorizzazione della Commissione europea, a cui hanno fatto seguito le istruzioni operative dettate dall'INPS con circolare 22 ottobre 2020, n. 122.

Come noto, tale disposizione mira a sostenere l'occupazione in aree svantaggiate, prevedendo che il datore di lavoro stabilito in aree caratterizzate da grave disagio socio-economico possa beneficiare tra il 1° ottobre e il 31 dicembre 2020 di un esonero dal versamento della contribuzione nella misura del 30 per cento della contribuzione dovuta.

Anche in questo caso è difficile rintracciare precisamente la ratio del dispositivo. Infatti, l'agevolazione è riconosciuta al datore di lavoro - peraltro senza limiti quantitativi, se non quelli previsti dall'ordinamento comunitario - per il solo fatto che questi è stabilito in un'area ‘disagiata' e quindi a prescindere dall'entità degli effetti negativi prodotti dall'emergenza sanitaria sull'impresa.

È legittimo chiedersi se tale misura agevolativa abbia un'afferenza con l'attuale fenomeno epidemico e se dunque non avrebbe avuto senso fosse estesa - per equità e opportunità - ad ambiti territoriali ed imprese (più) severamente colpiti.

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*ArlatiGhislandi e AG Studi e Ricerche

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