Società

Esterovestizione societaria, una "particolare espressione dell'abuso del diritto"

E il principio che emerge dalla lettura dell'ordinanza n. 17849 della Corte di Cassazione

di Fabiola Del Torchio

L'esterovestizione societaria, ossia la localizzazione fittizia di una società all'estero, ed in particolare nei Paesi a fiscalità privilegiata, costituisce "una particolare espressione dell'abuso del diritto": è questo il principio che emerge dalla lettura dell' ordinanza 17849 dello scorso mese di giugno .

Il tema non è di secondaria importanza, visto che il ricondurre la fattispecie nell'ambito dell'elusione piuttosto che dell'evasione comporta conseguenze di estrema importanza dal punto di vista sanzionatorio poiché, com'è noto e secondo il dettato di cui all'articolo 10 bis, comma 13 L. 212/2000, le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie, restando applicabili esclusivamente le sanzioni amministrative.

Richiamando i principi in tema di libertà di stabilimento già espressi dalla sentenza Cadbury Schweppes (Corte di Giustizia Europea, C-196/04) i Giudici della Cassazione hanno confermato che la scelta del contribuente di localizzare l'impresa in un determinato Paese deve essere considerata legittima anche se dettata da interessi di vantaggio fiscale, ma solo a condizione che l'insediamento sia effettivo e l'attività economica - svolta in quel Paese - reale.

Ai fini della configurazione di un abuso, dunque, non è indispensabile dimostrare la sussistenza di ragioni diverse da quelle relative alla convenienza fiscale, quanto invece accertare – di volta in volta e nel merito - se l'operazione sia meramente fittizia ( wholly artificial arrangement) e consistente in una rappresentazione formale che non riproduce la realtà economica concreta e genuina.

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