Estorsione e non truffa aggravata se la minaccia appare concreta
Lo ha chiarito la Corte di cassazione con la sentenza n. 48269 depositata oggi
La coazione della volontà, presente nel reato di estorsione, si distingue dalla manipolazione agita attraverso l'induzione in errore, tipica della truffa, in quanto solo nel primo caso l'azione illecita si presenta irresistibile. La Corte di cassazione, sentenza n. 48269 depositata oggi, fissa la differenza tra le due fattispecie respingendo il ricorso di un uomo condannato dalla Corte di appello di Torino per il delitto di estorsione continuata, aggravata dall'aver commesso il fatto in danno di persona ultrassessantacinquenne, con la ritenuta recidiva qualificata.
Per la Corte di merito i fatti accertati - valorizzato il concreto timore ingenerato nella vittima, idoneo a coartarne la libertà di determinazione patrimoniale per effetto di un male ingiusto direttamente dipendente dalla volontà dell'agente - integravano il paradigma dell'articolo 629 cod. pen., vale a dire l'estorsione. Secondo il ricorrente invece l'inquadramento giuridico era errato versandosi piuttosto nel delitto di truffa aggravata dall'aver ingenerato nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario.
Per la II Sezione penale, però, se si individua nella concreta efficacia coercitiva della minaccia l'attributo della condotta utile per distinguere la truffa dall'estorsione perde rilevanza anche la eventuale irrealizzabilità del male prospettato, essendo l'analisi richiesta limitata alla verifica ex ante della concreta efficacia coercitiva della azione minatoria. Così individuato nel costringimento forzato della vittima l'elemento caratterizzante del reato di estorsione, l'idoneità del male minacciato ad incidere sul processo volitivo non può che essere valutato ex ante ed in modo indipendente dalla effettiva realizzabilità dell'evento dannoso prospettato.
La Suprema corte dunque nel rigettare il motivo afferma il principio per cui l'elemento atto a differenziare la condotta estorsiva da quella di truffa aggravata "vessatoria" deve cogliersi nelle modalità della condotta, valuta ex ante, che può qualificarsi come estorsiva se connotata dalla minaccia di un male concretamente realizzabile ad opera dello stesso agente ed altresì idonea a coartare la volontà della vittima, ponendola di fronte al bivio di sottostare al ricatto o subire le conseguenze dannose del male minacciato. La valutazione della capacità di concreta ed effettiva coazione della minaccia, prosegue la Corte, è indagine di merito, che deve essere effettuata prendendo in esame le circostanze del caso concreto, ovvero sia la potenza oggettiva della minaccia che la sua soggettiva incidenza sulla specifica vittima. E tale verifica, se congruamente e logicamente motivata dal giudice di merito, non è ulteriormente sindacabile nel giudizio di legittimità.
La Corte territoriale, conclude la Cassazione, ha dunque correttamente applicato tali principi, "divisando invincibile effetto coercitivo in una minaccia credibile, per come rappresentata, cui la stessa persona offesa attribuì efficacia intimidatrice, tanto da cadere in uno stato di prostrazione immediatamente percepibile ab externo".