Lavoro

Ex Ilva, licenziabile l’operaio che critica il lavoro dell’appaltatrice

Nella giusta causa rientra anche l’uso del cellulare durante il turno

di Domenico Palmiotti

Legittimo il licenziamento per giusta causa di un dipendente dell’acciaieria di Taranto che, pur non avendo titolo, aveva contestato le modalità di un lavoro che nel reparto Treni Nastri 2 stavano effettuando gli operai dell’impresa appaltatrice Lacaita. Inoltre aveva “agitato” il cellulare, probabilmente per dire che avrebbe potuto filmarli. Respinto dal giudice della sezione Lavoro del Tribunale di Taranto, Cosimo Magazzino, il ricorso del lavoratore contro il licenziamento effettuato a ottobre 2020 da Acciaierie d’Italia (ex ArcelorMittal Italia ed ex Ilva). Per il magistrato, le condotte contestate (interferenza con un’attività aziendale e uso del cellulare sul posto di lavoro che è vietato) legittimano la giusta causa. «Gli elementi di contesto del fatto addebitato (natura della prestazione, grado di fiduciarietà, attenuanti, aggravanti, etc.) e la connessa valutazione di intrinseca gravità di esse e di proporzionalità della sanzione, inducono - si legge nell’ordinanza - a ritenere condivisibile la valutazione datoriale in ordine alla spiccata lesività delle condotte contestate».

Per il magistrato, il lavoratore «anche ove effettivamente avesse ritenuto che alcuni dipendenti della società appaltatrice Lacaita stessero espletando la propria attività lavorativa utilizzando attrezzatura non idonea, tale da poter produrre emissioni nocive e non controllate nell’ambiente di lavoro, avrebbe dovuto segnalare la circostanza, nei modi dovuti, al proprio preposto ovvero ai responsabili per la sicurezza». «Non certo manifestando direttamente rimostranze e rivolgendo addirittura rimproveri nei confronti dei dipendenti di una società appaltatrice» e «agitando il cellulare». Non risulta, dice il giudice, «che il lavoratore in questione rivestisse alcuna particolare qualifica né possedesse alcuna specifica competenza in materia in ambito aziendale».

C’è la “sussistenza” dei fatti contestati e la Cassazione ha già stabilito che il lavoratore, «prima di assumere iniziative unilaterali», deve «provvedere ad informare la controparte datoriale circa le misure necessarie da adottare ovvero evidenziare l’inidoneità di quelle in concreto adottate». Per il giudice, «la gravità dell’inadempimento posto in essere dal lavoratore appare vieppiù incrementata dal fatto che egli si sia rivolto direttamente ai dipendenti di una ditta appaltatrice, rivolgendo loro dei “rimproveri” e “agitando il cellulare”, chiaramente manifestando di poter usare (se non di avere già usato) tale dispositivo (peraltro in ulteriore violazione di uno specifico divieto aziendale) per riprendere lo stato dei luoghi». In questo modo ha interferito indebitamente anche nei rapporti contrattuali tra la società datrice e l’impresa esterna.

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