Penale

Fabbricato abusivo, sospensione condizionale della pena possibile anche senza la demolizione

Lo ha chiarito la Terza sezione penale della Cassazione, sentenza 33414 depositata oggi

immagine non disponibile

di Francesco Machina Grifeo

Non è legittima l'automatica subordinazione della sospensione condizionale delle pena concessa per prima volta alla demolizione dell'opera abusiva. Lo ha chiarito la Terza sezione penale della Cassazione, sentenza 33414 depositata oggi, accogliendo, sotto questo profilo, il ricorso di una donna condannata a 40 giorni di carcere e 26mila euro di ammenda per aver realizzato in zona sismica un fabbricato in cemento armato di due piani in assenza di permesso di costruire e senza neppure un progetto ed un professionista a seguire i lavori.

Il Tribunale dunque aveva subordinato la sospensione condizionale alla demolizione dell'opera, senza motivare le ragioni della propria decisione. E la Corte di appello ha confermato la decisione aderendo all'indirizzo della Cassazione secondo il quale "è legittima la sentenza con cui il giudice subordina la concessione della sospensione condizionale della pena all'eliminazione delle conseguenze dannose del reato mediante demolizione dell'opera abusiva, senza procedere a specifica motivazione sul punto, essendo questa implicita nell'emanazione dell'ordine di demolizione disposto con la sentenza, che, in quanto accessorio alla condanna del responsabile, è emesso sulla base dell'accertamento della persistente offensività dell'opera stessa nei confronti dell'interesse protetto ".

Secondo un diverso orientamento, a cui la Sezione aderisce, invece "non è sufficiente affermare che l'ordine di demolizione ha la funzione di eliminare le conseguenze dannose del reato, ma è necessario spiegare perché, sul piano prognostico di cui all'art. 164, comma primo, cod. pen., si ritenga necessario porre l'esecuzione di tale ordine come condizione per la fruizione del beneficio della sospensione condizionale della pena".

Quest'ultimo indirizzo, argomenta la decisione, è più aderente alla lettera dell'articolo 165 cod. pen. nella parte in cui, pur non escludendo affatto la possibilità di subordinare la sospensione condizionale della pena alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato (e dunque anche alla demolizione dell'immobile abusivamente realizzato) (comma primo), attribuisce al giudice una facoltà (del cui esercizio egli deve dar conto in base al giudizio prognostico di cui all'articolo 164, comma primo, cod. pen.), non un obbligo (comma secondo). Del resto, prosegue la Corte, quando il legislatore ha inteso subordinare in modo automatico la sospensione condizionale della pena all'adempimento di obblighi specificamente previsti, lo ha fatto in modo espresso, "tipizzando i relativi casi e privando il giudice di ogni facoltà sul punto".

Mentre l'argomento della persistente offensività dell'immobile abusivo che, secondo l'orientamento qui non condiviso, legittima la subordinazione della sospensione condizionale alla sua demolizione in assenza di qualsiasi giudizio prognostico, "non solo non convince ma introduce, di fatto, un automatismo non previsto, né voluto dal legislatore".

Prova ne sia, sul piano della interpretazione sistematica, che nei casi di certa persistenza dell'offesa al bene tutelato dalla sanzione penale il legislatore ha lasciato al giudice il compito di valutare se subordinare o meno il beneficio della sospensione condizionale in base al giudizio prognostico di cui all'articolo 165, comma primo, cod. pen. (cfr, al riguardo, gli articoli 255, comma 3, e 257, comma 3, Dlgs n. 152 del 2006). In questo senso, sul piano della coerenza intrinseca, "non si comprende perché in caso di reati urbanistici la sospensione condizionale della pena concessa per la prima volta possa essere immotivatamente subordinata alla demolizione dell'opera abusivamente realizzata, mentre in caso di inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali e sotterranee, la sospensione della pena può essere subordinata alla bonifica o agli adempimenti alle prescrizioni imposte dall'autorità".

Né altrimenti si spiegherebbe perché per determinati, specifici, reati il legislatore ha inteso subordinare senz'altro il beneficio al risarcimento del danno o alla riparazione pecuniaria (articolo 165, commi quarto e sesto, cod. pen.) escludendo da tale "numerus clausus" i reati in materia urbanistica. "Ciò che si vuol dire – conclude la Cassazione - è che la funzione ripristinatoria dell'ordine di demolizione, volta a eliminare te conseguenze dannose del reato, non giustifica di per sé la sostanziale abrogazione del primo comma dell'articolo 165 cod. pen.".

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©