Fallimento: è opposizione all’esecuzione la contestazione del creditore
La contestazione della possibilità per il creditore di iniziare o proseguire l'esecuzione forzata individuale in costanza del fallimento del debitore, ai sensi dell'articolo 51 della legge fallimentare, configura una vera e propria contestazione del diritto di questi a procedere a esecuzione forzata (individuale), e non attiene semplicemente alla regolarità di uno o più atti di esecuzione ovvero alle modalità di esercizio dell'azione esecutiva. Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza n. 14449 del 15 luglio 2016. Di conseguenza essa va qualificata come opposizione all'esecuzione ai sensi dell'articolo 615 del Cpc e non può dirsi assoggettata al regime, anche di decadenza, di cui all'articolo 617 del Cpc.
Sull’estinzione del procedimento - La Suprema corte, con la decisione in esame, ha anche ribadito che, in tema di estinzione del procedimento, i provvedimenti del giudice dell'esecuzione sono assoggettati esclusivamente a controllo giurisdizionale secondo quanto previsto dall'articolo 630, secondo e terzo comma, del Cpc. Previa eventuale proposizione di un istanza al giudice dell'esecuzione perché provveda a dichiarare l'estinzione, il debitore può proporre, sia contro il provvedimento che l'abbia dichiarata sia contro quello che abbia negato di farlo il reclamo previsto dal comma 3 dell'articolo 630 del Cpc, mentre resta escluso che possa proporre opposizione all'esecuzione, ai sensi dell'articolo 615 del Cpc, per farne valere l'improseguibilità dopo la verificazione della causa di estinzione, ovvero che possa proporre opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell'articolo 617 del Cpc, per contestare il provvedimento del giudice dell'esecuzione che dichiari l'estinzione ovvero che ometta di farlo, e tanto meno avverso gli atti del processo esecutivo adottati successivamente alla verificazione della suddetta causa di estinzione non dichiarata.
Corte di cassazione - Sezione III civile – Sentenza 15 luglio 2016 n. 14449