Rassegne di Giurisprudenza

Fallimento dell'impresa e competenza del giudice del lavoro

a cura della Redazione di PlusPlus24 Diritto

Lavoro - Fallimento - Cessione del ramo di azienda - Fallimento della società cessionaria - Continuità del rapporto di lavoro - Domanda di accertamento - Competenza del giudice del lavoro - Sussiste.
Deve affermarsi la cognizione del giudice del lavoro in relazione alle domande di accertamento della cessione di ramo di azienda e della continuità del rapporto di lavoro in capo alla cessionaria - nel caso di fallimento della cessionaria medesima - in quanto atte a rivelare un interesse del lavoratore al riconoscimento e alla tutela della propria posizione all'interno dell'impresa, sia in funzione di una possibile ripresa dell'attività, sia per la coesistenza di diritti non patrimoniali e previdenziali, estranei alla realizzazione della par condicio.
Corte di cassazione, sezione 6 civile, ordinanza 27 agosto 2021, n. 23528

Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - In genere giudice del lavoro - Giudice fallimentare - Ambito della cognizione - Indennità risarcitoria ex art. 18 st. lav. - Riparto - Criteri.
In tema di indennità risarcitoria ex art. 18 st.lav., come novellato dall'art. 1, comma 42, della l. 92 del 2012, qualora risulti l'interesse del lavoratore all'accertamento del diritto di credito risarcitorio, in via non meramente strumentale alla partecipazione al concorso nella procedura di amministrazione straordinaria bensì alla tutela della propria posizione all'interno dell'impresa, spetta al giudice del lavoro la cognizione delle domande di impugnazione del licenziamento, di reintegrazione nel posto di lavoro e di accertamento dell'entità dell'indennità risarcitoria.
Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 21 giugno 2018, n. 16443

Procedimenti speciali - Procedimenti in materia di lavoro e di previdenza - Controversie assoggettate - In genere cessione di ramo d'azienda - Fallimento della società cessionaria - Domande di invalidità della cessione e di accertamento della continuità del rapporto di lavoro con la cedente - Cognizione del giudice del lavoro - Sussistenza - Fondamento.
La domanda volta a far dichiarare la nullità, l'invalidità o l'inefficacia degli atti di cessione del ramo di azienda e la conseguente domanda di condanna al ripristino del rapporto di lavoro con la cedente appartengono, anche in caso di fallimento della cessionaria, alla cognizione del giudice del lavoro, quale giudice del rapporto e delle controversie relative allo "status" del lavoratore, in quanto l'accertamento richiesto in tali ipotesi non costituisce premessa di una pretesa economica nei confronti della massa fallimentare e dunque non richiede la cognizione del giudice fallimentare, chiamato soltanto alla qualificazione dei diritti di credito dipendenti dal rapporto di lavoro, in funzione della partecipazione paritaria al concorso tra creditori e con effetti esclusivamente endoconcorsuali.
Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 23 gennaio 2018, n. 1646

Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Effetti - Per i creditori - Crediti di lavoro - Licenziamento individuale - Domanda di condanna generica al risarcimento del danno ex art. 18 st.lav. - Perdurante competenza del giudice del lavoro - Sussistenza.
In caso di fallimento della società datrice di lavoro, compete al giudice del lavoro la cognizione non soltanto sulle domande del lavoratore di impugnazione del licenziamento e di condanna del datore alla reintegrazione nel posto di lavoro, in quanto dirette ad ottenere una pronuncia costitutiva, ma anche su quella di condanna generica al risarcimento dei danni mediante il pagamento di una indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a quello dell'effettiva reintegrazione, trattandosi di istanza meramente riproduttiva del contenuto dell'art. 18 st.lav., e conseguenziale alle richieste principali di dichiarazione di inefficacia del licenziamento, che non comporta alcun accertamento aggiuntivo sul "quantum" del risarcimento, né, quindi, impone lo scorporo della domanda per la preventiva verifica in sede di accertamento dello stato passivo avanti ai competenti organi della procedura fallimentare a tutela degli altri creditori, dovendosi ritenere, sul piano della "ratio legis", l'inutilità di una simile verifica, idonea ad appesantire ingiustificatamente la durata del processo.
Cassazione civile, sezione lavoro, sentenza 29 settembre 2016, n. 19308

Procedimenti speciali - Procedimenti in materia di lavoro e di previdenza - Controversie assoggettate - Rapporti di lavoro subordinato privato - Domanda del lavoratore intesa alla declaratoria di illegittimità o inefficacia del licenziamento e alla reintegrazione nel posto di lavoro - Fallimento del datore di lavoro nel corso di giudizio - Competenza del giudice del lavoro - Persistenza - Fondamento.
Ove il lavoratore abbia agito in giudizio chiedendo, con la dichiarazione di illegittimità o inefficacia del licenziamento, la reintegrazione nel posto di lavoro nei confronti del datore di lavoro dichiarato fallito, permane la competenza funzionale del giudice del lavoro, in quanto la domanda proposta non è configurabile come mero strumento di tutela di diritti patrimoniali da far valere sul patrimonio del fallito, ma si fonda anche sull'interesse del lavoratore a tutelare la sua posizione all'interno della impresa fallita, sia per l'eventualità della ripresa dell'attività lavorativa (conseguente all'esercizio provvisorio ovvero alla cessione dell'azienda, o a un concordato fallimentare), sia per tutelare i connessi diritti non patrimoniali, ed i diritti previdenziali, estranei all'esigenza della "par condicio creditorum".
Cassazione civile, sezione lavoro, sentenza 29 marzo 2011 n. 7129