Società

Fallimento: responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali e prescrizione dell'azione

L'azione ex art. 146 L.F. di responsabilità contro gli amministratori è soggetta a prescrizione quinquennale decorrente dal momento di oggettiva percepibilità dell'insufficienza del patrimonio sociale

di Rossana Mininno


Gli amministratori sono responsabili verso i creditori sociali

Presupposti dell'azione sono l'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale e l'insufficienza dello stesso al soddisfacimento dei creditori sociali (cfr. articolo 2394 del codice civile).

Con l'azione di responsabilità contro gli amministratori e a tutela dei creditori sociali «si lamenta […] un danno diretto, per responsabilità e non per debito, causato dalla condotta dell'amministratore che ha vulnerato il patrimonio della società sino a renderlo non capiente per soddisfarli» (Cass. civ., Sez. I, sentenza n. 31204 del 29 dicembre 2017).

L'insufficienza del patrimonio a soddisfare i creditori deve porsi quale «conseguenza delle condotte degli organi sociali in violazione ai doveri della carica» (Cass. 31204/2017 cit.).

A seguito della declaratoria di fallimento la legittimazione all'esercizio dell'azione sociale di responsabilità prevista dall'articolo 2393 del codice civile e dell'azione dei creditori sociali prevista dall'articolo 2394 del codice civile spetta, in via esclusiva, al curatore (cfr. articoli 2394 bis del codice civile e 146 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267), il quale «può fruire dei presupposti e degli scopi di entrambe, al fine di acquisire all'attivo fallimentare tutto quanto sottratto, quale strumento di reintegrazione del patrimonio sociale»
(Cass. 31204/2017 cit.).

Nell'ipotesi in cui il curatore, in sede di azione giudiziaria, deduca la responsabilità degli amministratori senza ulteriori specificazioni «fa valere sia l'azione che spetterebbe alla società, in quanto gestore del patrimonio dell'imprenditore fallito, sia le azioni che spetterebbero ai singoli creditori, considerate però quali "azioni di massa" in ragione dell'art. 146 legge fall.» (Cass. 31204/2017 cit.).

Con precipuo riferimento al requisito dell'insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei creditori la relativa nozione «si ricollega alla garanzia patrimoniale generica di cui all'art. 2740 cod. civ., costituita dal patrimonio della società» (Cass. 31204/2017 cit.) e «rappresenta un mero fatto contabile» (Cass. 31204/2017 cit.).

Essa consiste in una «eccedenza delle passività sulle attività» (Cass. civ., Sez. I, sentenza n. 9619 del 22 aprile 2009), ma «non corrisponde […] allo stato d'insolvenza di cui all'art. 5 della legge fall., trattandosi di una condizione di squilibrio patrimoniale più grave e definitiva, la cui emersione non coincide necessariamente con la dichiarazione di fallimento, potendo essere anteriore o posteriore» (Cass. 9619/2009 cit.).

Il momento di decorrenza del termine prescrizionale quinquennale per l'esercizio dell'azione giudiziaria di responsabilità contro gli amministratori è collegato a quello di «oggettiva percepibilità, da parte dei creditori, dell'insufficienza dell'attivo a soddisfare i debiti (e non anche dall'effettiva conoscenza di tale situazione)» (Cass. civ., Sez. I, ordinanza n. 23171 del 22 ottobre 2020) e «decorre dal momento in cui l'attivo si sia palesato in modo oggettivamente percepibile da parte dei creditori come inidoneo a soddisfarli» (Cass. 31204/2017 cit.; conformi ex multis Cass. 9619/2009 cit.; Cass. civ., Sez. I, sentenza n. 13378 del 12 giugno 2014).

Non rileva il profilo del soggettivismo psicologico, ma quello - diverso - della valutazione astratta di conoscibilità: «non già mero fatto soggettivo di conoscenza del danno da parte del titolare dell'azione, bensì rilievo del dato oggettivo della sua conoscibilità da parte dei terzi creditori, posti così nella condizione di poter esercitare il proprio diritto» (Cass. 31204/2017 cit.).

Per quanto attiene al decorso del termine prescrizionale, stante la «onerosità della prova gravante sul curatore, sussiste una presunzione "iuris tantum" di coincidenza tra il "dies a quo" di decorrenza della prescrizione e la dichiarazione di fallimento» (Cass. 13378/2014 cit.).

Tale presunzione, in quanto fondata sull'id quod plerumque accidit, «non esclude come, in concreto, il deficit si sia manifestato in un momento anteriore, gravando il relativo onere probatorio su chi allega la circostanza e fonda su di essa un più favorevole inizio del decorso della prescrizione» (Cass. 31204/2017 cit.; conformi ex multis Cass. civ., Sez. I, 4 dicembre 2015, n. 24715; Cass. civ., Sez. I, 18 giugno 2014, n. 13907), con la conseguenza, quanto al riparto degli oneri probatori, che la prova contraria della «diversa data anteriore di insorgenza dello stato di incapienza patrimoniale» e di conoscibilità dello stesso, tesa a vincere la suddetta presunzione, è a carico dell'amministratore (Cass. 13378/2014 cit.).

Con la recente ordinanza n. 15839 pubblicata in data 23 luglio 2020 i Giudici della Sesta Sezione civile (Prima Sottosezione) della Corte di cassazione, in sostanziale continuità con il consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità, hanno statuito il seguente principio di diritto: «L'azione ex art. 146 l.fall. dei creditori sociali verso gli amministratori soggiace al termine prescrizionale di cui all'art. 2394 c.c., decorrente dal momento in cui i creditori sono oggettivamente in grado di avere percezione dell'insufficienza del patrimonio sociale, per l'inidoneità dell'attivo - raffrontato alle passività - a soddisfare i loro crediti» (massima rv. 658712 - 01).

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