Fallimento, tempi certi per la rinuncia dell’unico creditore
L'atto di rinuncia alla domanda di fallimento dell'unico creditore non ha effetto se arriva quando il provvedimento è già stato inviato per via telematica in cancelleria, anche se non è stato ancora pubblicato.
La Corte di cassazione, con la sentenza 13187, respinge il ricorso del legale rappresentante di una Sas, contro la decisione del tribunale di dichiarare aperta la procedura concorsuale nei confronti della Sas. Un verdetto contestato perché, ad avviso della difesa, era stato adottato malgrado la desistenza dell'unico creditore della società che, dopo aver negato, nella fase prefallimentare, qualunque disponibilità a recedere dalla sua richiesta, aveva poi depositato un'istanza di desistenza con rinuncia espressa agli atti del giudizio.
Un passo che, per il ricorrente, doveva essere considerato tempestivo perché arrivato dopo la camera di consiglio ma prima che la sentenza fosse pubblicata. E dunque in un tempo precedente la conclusione dell'iter , che si chiude con la pubblicazione affidata al cancelliere.
Diverso il parere della Cassazione che considera la comunicazione della marcia indietro del creditore fuori tempo massimo.
I giudici di legittimità ricordano che nel caso in cui il solo creditore istante desista dalla domanda, è necessario fare una distinzione tra la desistenza dovuta al pagamento da parte del debitore e quella in cui non c’è estinzione dell’obbligazione. Nel secondo caso, precisa la Suprema corte, si deve parlare di atto di rinuncia all’istanza di fallimento e tenere presente la sua natura strettamente processuale. Per questa ragione l’atto va rivolto al giudice , come avviene per la domanda iniziale, perché lo valorizzi ai fini della decisione.
La desistenza come atto di rinuncia non può dunque essere valida se arriva , quando il collegio ha ormai esaminato tutte le questioni che gli sono state sottoposte. A maggior ragione la “comunicazione” va considerata tardiva, se come nel caso esaminato, vine resa nota quando il provvedimento è già stato scritto ed è in attesa di pubblicazione, perché il giudice lo ha già inviato per via telematica al cancelliere.
Per la Cassazione scatta infatti, una parità di trattamento con la rinuncia agli atti, regolata dal codice di rito civile «L’assimilazione dell’atto di desistenza operante sul piano meramente processuale, impone del resto di ritenere - scrivono i giudici - che il medesimo, al pari della rinuncia agli atti di cui all’articolo 306 del Codice di procedura civile, non possa spiegare effetti a seguito della deliberazione della sentenza».
A supporto della sua decisione la Cassazione la sua giurisprudenza sulla rinuncia all’impugnazione, secondo la quale questa è inefficace se esercitata dopo la delibazione della decisione, anche se non pubblicata. Un principio che i giudici ritengono di poter estendere alla rinuncia alla domanda di fallimento.
Corte di cassazione - Sentenza 13187/2020