Penale

Falso in atto pubblico: no all'aggravante se la natura fidefacente del documento non è nel capo di imputazione

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di Giuseppe Amato


Non può essere ritenuta in sentenza dal giudice la fattispecie aggravata del reato di falso in atto pubblico, ai sensi dell'articolo 476, comma 2, del Cp, qualora la natura fidefacente dell'atto considerato falso non sia stata esplicitamente contestata ed esposta nel capo di imputazione con la precisazione di tale natura o con formule alla stessa equivalenti (ossia espressa qualificazione dell'atto come fidefacente ovvero utilizzo di formulazioni testuali che descrivano in termini equivalenti la natura fidefacente dell'atto, nel riferimento alla fede privilegiata dello stesso o alla necessità della querela di falso perché la sua funzione probatoria sia esclusa), ovvero con l'esplicita indicazione della norma di cui al comma 2 dell'articolo 476 del Cp (che, essendo specificatamente ed esclusivamente riferita alla previsione della circostanza aggravante, identifica inequivocabilmente quest'ultima come inclusa nella contestazione). Così le sezioni Unite con la sentenza 4 giugno 2019 n. 24906.

Le sezioni Unite hanno argomentato la conclusione soffermandosi sulla disciplina della contestabilità "in fatto" delle circostanze aggravanti ed affermando che tale contestabilità deve essere verificata rispetto alle caratteristiche delle singole fattispecie circostanziali e, in particolare, alla natura degli elementi costitutivi delle stesse. Per l'effetto, secondo la Corte, è evidente che la contestazione in fatto non dà luogo a particolari problematiche per le circostanze aggravanti le cui fattispecie, secondo la previsione normativa, si esauriscono in comportamenti descritti nella loro materialità, ovvero che sono riferiti a mezzi od oggetti determinati nelle loro caratteristiche oggettive, perché l'indicazione di tali fatti materiali è idonea a riportare nell'imputazione la fattispecie aggravatrice in tutti i suoi elementi costitutivi, rendendo possibile l'adeguato esercizio dei diritti di difesa dell'imputato. Diversamente avviene con riguardo alle circostanze aggravanti nelle quali (come nell' ipotesi dell'aggravante ex articolo 476, comma 2, del Cp), in luogo dei fatti materiali o in aggiunta agli stessi, la previsione normativa include "componenti valutative", risultando di conseguenza che le modalità della condotta integrano l'ipotesi aggravata ove alle stesse siano attribuibili particolari connotazioni qualitative o quantitative, mentre ove il risultato di questa valutazione non sia esplicitato nell'imputazione, attraverso la precisazione della ritenuta esistenza delle connotazioni di cui sopra, la contestazione risulterà priva di una compiuta indicazione degli elementi costitutivi della fattispecie circostanziale, con pregiudizio dei diritti di difesa.

La Corte ha ritenuto ricorrere tale ultima situazione con riguardo, appunto, alla aggravante di cui al comma 2 dell'articolo 476 del Cp, perché la struttura della fattispecie circostanziale comprende certamente un elemento materiale costituito dal compimento della condotta di falsificazione commessa da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, ma vi è anche un elemento valutativo, dato dalla possibilità di qualificare l'atto come facente fede fino a querela di falso o fidefacente, che trova un supporto normativo negli articoli 2699 e 2700 del Cc; con la conseguenza, a tal ultimo riguardo, della necessità della verifica, da un lato, della titolarità, in capo al pubblico ufficiale, del potere di conferire all'atto l'efficacia fidefacente, e, dall'altro lato, della fede privilegiata delle attestazioni del documento su quanto fatto o rilevato dal pubblico ufficiale o su quanto avvenuto in sua presenza.

Nella specie, è stata così ritenuta insufficientemente contestata "in fatto" l'aggravante dell'articolo 476, comma 2, del Cp nei confronti dell'imputata (del reato di falso ideologico ex articolo 479 del Cp), giacché l'imputazione riportava unicamente il riferimento alla falsa attestazione, quale presentatore di titoli cambiari, di essersi recata nel luogo e nel domicilio indicati negli effetti e di avere proceduto alle ricerche del debitore: in tal modo, la contestazione si era limitata alla descrizione dell'atto oggetto del falso, ossia della dichiarazione del presentatore dei titoli, senza che fosse stata evidenziata testualmente la natura fidefacente di tale atto e senza che comunque l'imputazione avesse contenuto espressioni evocative di tale natura fidefacente.

Cassazione -Sezioni Unite penali -Sentenza 4 giugno 2019 n. 24906

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