Famiglia

Famiglia e successioni: il punto sulla giurisprudenza dei giudici di merito

La selezione delle pronunce di merito in materia di diritto di famiglia e delle successioni 2022/ 2023

di Valeria Cianciolo

Si segnalano in questa sede i depositi della giurisprudenza di merito in materia di diritto di famiglia e delle successioni 2022/ 2023. Le pronunce in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni:
1.Addebito e onere della prova
2.Danno da perdita del rapporto parentale per il coniuge con diversa residenza anagrafica
3.Nullità del testamento per mancanza di autografia
4.Affidamento esclusivo alla madre per violenze alla moglie e disinteresse verso i figli
5. Impresa familiare, separazione del coniuge, partecipazione agli utili e prova documentale
6.Riduzione dell'assegno divorzile per la pensionata invalida affetta da disturbi psichici
7.Riduzione dell'assegno divorzile se l'obbligato ha maggiore capacità reddituale
8.Modifica delle condizioni di divorzio e affidamento dei figli fra coniugi stranieri
9.Ammissibilità della domanda cumulativa della separazione consensuale e del divorzio congiunto


1. SEPARAZIONE – Nessun addebito se l'intollerabilità della convivenza è causata da una malattia mentale del coniuge
(Cc, articoli 143 e 151, Cpc, articoli 31, 32, 34, 35, 36 e 40)
La pronuncia di addebito non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri che l'art. 143 c.c. pone a carico dei medesimi coniugi, essendo invece necessario accertare se tale violazione abbia assunto efficacia causale nel determinarsi della crisi del rapporto coniugale o sia invece intervenuta quando era già maturata una situazione di intollerabilità della convivenza; deve, pertanto, essere pronunciata la separazione senza addebito allorché non sia stata raggiunta la prova che il comportamento contrario ai doveri nascenti dal matrimonio, tenuto da uno o da entrambi i coniugi, abbia concretamente causato il fallimento della convivenza: pertanto, è onere del coniuge richiedente l'addebito provare la sussistenza di un nesso di causalità tra l'asserita violazione degli obblighi matrimoniali e l'intollerabilità della convivenza con il coniuge.
Nel caso di specie, all'esito dell'istruttoria svolta la ricorrente non aveva fornito prova dell'abbandono del tetto coniugale da parte del marito il quale si era allontanato dalla casa coniugale avvisando la moglie, affetta da disturbo bipolare, accreditando al contempo mensilmente, la somma di € 500,00 sul conto personale della moglie, garantendole così il sostentamento economico.
Tribunale Firenze, sezione I, sentenza 24 marzo 2023 n. 929 – Pres. Governatori; Rel. Tarchi

2. RISARCIMENTO – Riconosciuto il danno da perdita del rapporto parentale anche se vi è diversa residenza anagrafica fra i coniugi
(Cc, articoli 1226 e 2056)
In tema di liquidazione equitativa del danno da perdita del rapporto parentale, nel caso in cui si tratti di congiunti appartenenti alla cd. famiglia nucleare (e cioè coniugi, genitori, figli, fratelli e sorelle), la perdita di rapporti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto può essere presunta in base alla loro appartenenza al medesimo "nucleo familiare minimo", nell'ambito del quale l'effettività di detti rapporti costituisce la regola nell'attuale società, in base all'id quod plerumque accidit, fatta salva la prova contraria che deve essere fornita dal convenuto
Elementi idonei a far ritenere attenuata ovvero addirittura del tutto superata la presunzione di perdita di effettivi rapporti di reciproco affetto e solidarietà con il coniuge defunto, sotto il profilo dinamico-relazionale, sono stati ravvisati nella separazione, legale e/o di fatto, tra i coniugi stessi, ferma restando sempre la possibilità per il coniuge superstite di dimostrare la sussistenza di un vincolo affettivo particolarmente intenso nonostante la separazione , ovvero nell'assenza di convivenza, la quale, benché non costituisca, in generale, connotato minimo ed indispensabile per il riconoscimento del danno da perdita del rapporto parentale, è certamente rilevante almeno ai fini della determinazione del quantum debeatur
Tribunale Piacenza, sentenza 23 marzo 2023 n. 157- Giudice unico Ventriglia

3. SUCCESSIONE – Nullità del testamento per mancanza di autografia
(Cc, articoli 588, 591, 606- e 682; Cpc, articoli 102, 103, 116, 171, 270 e 291)
Accertata la regolare costituzione del contraddittorio, la mancata dichiarazione di contumacia di una parte non invalida la successiva pronuncia, in quanto tale declaratoria non vale a determinare la contumacia, che deriva invece dalla mancata costituzione della parte ritualmente evocata in giudizio, ma ha il solo scopo di fornire la prova dell'avvenuto accertamento, ad opera del giudice, circa la notificazione dell'atto introduttivo alla parte non comparsa
Il testamento olografo è nullo quando manca l'autografia "o" la sottoscrizione: tale alternativa è prevista dalla legge, non a caso, al fine di evitare che pur dopo aver reso le ultime volontà, il testatore possa avere avuto un ripensamento e si sia determinato a non sottoscrivere quanto redatto, mentre la nullità per difetto di autografia del testamento è configurabile allorché l'intervento del terzo ne elimini il carattere di stretta personalità.
Il giudice del merito, ancorchè abbia disposto una consulenza grafica sull'autografia di una scrittura disconosciuta (nella specie, testamento olografo), ha il potere - dovere di formare il proprio convincimento sulla base di ogni altro elemento di prova obiettivamente conferente, comprese le risultanze della prova testimoniale, senza essere vincolato ad alcuna graduatoria fra le varie fonti di accertamento della verità.
In forza di tale principio, non è possibile giustificare a priori un giudizio di prevalenza di un mezzo di prova rispetto a un altro, quando entrambi i mezzi siano in astratto idonei rispetto al fatto da provare. E nella valutazione delle prove, la scelta di opportunità di fare ricorso a presunzioni e la selezione, tra le varie risultanze istruttorie, di quelle più idonee a sorreggere la motivazione, involgono, a norma dell'art. 116 c.p.c., apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di formare il suo convincimento utilizzando i dati che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un'esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti.
Nel caso in esame, vi erano due schede testamentarie olografe: nella prima vi era la nomina di un erede universale e vari legati disposti in favore degli enti pubblici o assistenziali operanti sul territorio con finalità di cura degli ammalati, degli anziani, dei bambini, nonché le attribuzioni patrimoniali destinate al suffragio dell'anima del figlio premorto e del compimento di atti di culto in suo favore. Nella seconda scheda testamentaria veniva lasciato tutto alla Parrocchia che non figurava tra i beneficiati con il testamento olografo di appena ventotto giorni prima rispetto a quello in verifica. Secondo il Tribunale, la scheda testamentaria impugnata (la seconda) era nulla, in quanto non interamente riconducibile alla mano della testatrice e, quindi, alla sua volontà.
Tribunale Pavia, sezione III, sentenza 23 marzo 2023 n. 392 - Presidente Caterbi; Relatore Rocchetti

4. RESPONSABILITÀ GENITORIALE - Violenze alla moglie e disinteresse verso i figli. Affidamento esclusivo alla madre
(Cc, articolo 330; legge 1 dicembre 1970 n. 898, articolo 3, n. 2)
La gravità delle condotte assunte dall'uomo anche alla presenza del figlio minore, nel corso della vita matrimoniale, unita all'assenza di rapporti con lo stesso sono stati ritenuti indici sintomatici di una totale carenza genitoriale che ha portato alla declaratoria di decadenza dall'esercizio della responsabilità sul minore.
Confermato dunque, l'affidamento esclusivo del bambino alla madre la quale ha dimostrato di accudire e sostenere adeguatamente il figlio, provvedendo al suo mantenimento, alla sua educazione e assicurandone la crescita.
Tribunale di Bologna, sezione I civile, sentenza 28 marzo 2023 n. 780 – Pres. Migliori, Giud. Rel. D'Addabbo

5. REGIME PATRIMONIALE DELLA FAMIGLIA - Impresa familiare, separazione del coniuge, partecipazione agli utili e prova documentale
(Cc, articolo 230 bis; articolo 9 della legge 2 dicembre 1975, n. 576, Disposizioni in materia di imposte sui redditi e sulle successioni)
In tema di impresa familiare ex art. 230-bis cod. civ., la predeterminazione, ai sensi dell'art. 9 della legge n. 576 del 1975, e nella forma documentale prescritta, delle quote di partecipazione agli utili dell'impresa familiare, sia essa oggetto di una mera dichiarazione di verità o di un negozio giuridico può risultare idonea, in difetto di prova contraria da parte del familiare imprenditore, ad assolvere mediante presunzioni l'onere - a carico del partecipante che agisca per ottenere la propria quota di utili - della dimostrazione sia della fattispecie costitutiva dell'impresa stessa che dell'entità della propria quota di partecipazione - in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato - agli utili d'impresa.
NOTA
Nel caso in esame, la moglie aveva convenuto il marito dal quale era separata, chiedendo, previo accertamento della partecipazione all'impresa familiare del convenuto a far data dal 2008 fino alla separazione, il pagamento della quota di utili, per oltre €. 350.000,00, nonché degli incrementi dell'azienda e avviamento.
Come è noto, la partecipazione agli utili per la collaborazione prestata nell'impresa familiare, ai sensi dell'art. 230-bis c.c., va determinata sulla base degli utili non ripartiti al momento della sua cessazione o di quella del singolo partecipante, nonché dell'accrescimento, a tale data, della produttività dell'impresa ("beni acquistati" con gli utili, "incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento") in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato.
La domanda della ricorrente è stata rigettata dal Giudice felsineo in quanto non solo non vi era prova che la stessa avesse prestato in via continuativa attività lavorativa nella impresa individuale del marito, inoltre tale circostanza era stata esclusa dai testi escussi.
La partecipazione della ricorrente nell'impresa del marito è risultata essere solo fittiziamente dichiarata.
Tribunale di Bologna, sentenza 27 settembre 2022 n. 339 - Giudice Zompi

6. DIVORZIO – Architetto nullatenente dotato di redditi non dichiarati e pensionata invalida affetta da disturbi psichici
(Legge 1 dicembre 1970 n. 898, articolo 3 n. 2)
Le Sezioni Unite del 2018, pur confermando l'abbandono del parametro del "tenore di vita" e il riparto degli oneri probatori definito nel 2017, nel senso che è il coniuge richiederete a dover provare la situazione che giustifica la corresponsione dell'assegno. hanno riconosciuto all'assegno di divorzio una funzione non già soltanto assistenziale (qualora la situazione economico-patrimoniale di uno degli ex coniugi non gli garantisca l'indipendenza economica), ma anche riequilibratrice, ovvero compensativo perequativa, ove ne sussistano i presupposti - in presenza di un significativo squilibrio delle situazioni economico patrimoniali tra gli ex coniugi. dopo il divorzio, e quantunque entrambi versino in Situazione di autosufficienza economica - per la cui verifica è stata bandita la separazione tra criteri attributivi, tali da incidere sull'an del diritto all'assegno, e criteri determinativi, da utilizzarsi solo successivamente, ai fini della fissazione del quantum: la Corte ha avuto riguardo al caso in cui l'ex coniuge richiedente, specialmente nei rapporti matrimoniali protrattisi per lungo tempo, pur trovandosi, all'esito del divorzio; in situazione di autosufficienza economica, versi rispetto all'altro in condizioni economico-partrimoniali deteriori per aver rinunciato, al fine di contribuire ai bisogni della famiglia, ad occasioni in senso lato reddituali, attuali o potenziali, con sacrificio economico, a favore dell'altro coniuge, che merita un intervento, "compensativo-perequativo". L'assegno divorzile è quindi dovuto o nell'ipotesi in cui l'ex coniuge non sia economicamente autosufficiente o in quella in cui matrimonio sia stato causa di uno spostamento patrimoniale divenuto ingiustificato ex post dall'uno all'altro coniuge. spostamento patrimoniale che, in tal caso, e volo in tal caso, va corretto attraverso l'attribuzione di un assegno, in funzione compensativo perequativa. L'assegno di divorzio deve essere riconosciuto, non in rapporto al pregresso tenore di vita familiare, ma in misura adeguata anzitutto a garantire, in funzione assistenziale, l'indipendenza o autosufficienza economica dell'ex coniuge, secondo un criterio di normalità, avuto riguardo allo concreta situazione del coniuge richiedente nel contesto in cui egli vive, e inoltre, ove ne ricorrano i presupposti e vi sia una specifica prospettazione in tal senso, deve essere adeguato a compensare il coniuge economicamente più debole, in funzione perequativo-compensativa, del sacrificio sopportato per aver rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali (che il coniuge richiedente ha l'onere di dimostrare nel giudizio), al fine di contribuire ai bisogni della famiglia, rimanendo, in tal caso, assorbito l'eventuale profilo assistenziale.
Nel caso in esame, è stato ridotto l'assegno divorzile alla moglie da euro mille ad euro 500, revocata l'assegnazione della casa coniugale e revocato il mantenimento ai figli.
Tribunale di Parma, sezione I, sentenza 28 febbraio 2023 n. 249 - Giudice Chiari

7. DIVORZIO - Modifica delle condizioni di divorzio e componente assistenziale dell'assegno divorzile
(Legge 1 dicembre 1970 n. 898)
Respinta la richiesta di elisione dell'assegno divorzile se gli elementi modificativi dedotti, (nel caso in esame, il venir meno dell'obbligo di mantenimento della madre verso il figlio e la spontanea rinuncia all'assegnazione dell'abitazione familiare da parte del padre), non sono sufficienti ad escludere l'assetto e l'equilibrio delineato dalla sentenza che aveva determinato la misura dell'assegno divorzile.
Tribunale di Verona, sezione I, decreto 25 maggio 2023 – Pres. Guerra;Rel. Dal Martello

8. DIVORZIO – Modifica delle condizioni di divorzio e affidamento dei figli fra coniugi stranieri
( Regolamento UE 1111/2019, articolo 7; Regolamento CE 4/2009, articolo 3; articolo 15 della Convenzione dell'Aja del 19 ottobre 1996; Convenzione dell'Aja del 1 giugno 1970, sul riconoscimento dei divorzi e delle separazioni personali; articoli 7, 64 e 65 della legge 218/1995; legge 1 dicembre 1970 n. 898, articolo 9)
Sussiste la giurisdizione italiana in relazione alle domande attinenti all'affidamento e al mantenimento della prole, ex art. 7 del Regolamento UE 1111/2019 e art. 3 del Regolamento CE 4/2009 (aventi portata universale). È inoltre applicabile la legge italiana in base all'art. 15 della Convenzione dell'Aja del 19 ottobre 1996, concernente la competenza, la legge applicabile, il riconosci-mento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori (alla quale l'Albania ha aderito), nonché in base all'articolo 3 del Protocollo dell'Aja del 23 novembre 2007 (quest'ultimo avente parimenti portata universale ex art. 2).
Non essendo l'Albania parte dell'Unione Europea, è esclusa l'applicazione del Reg. UE 1111/2019 che disciplina il riconoscimento delle sentenze di divorzio e si applica la Convenzione dell'Aja del 1 giugno 1970 in forza della quale i divorzi sono riconosciuti in qualsiasi altro Stato contraente, sussistendone le condizioni.
Tribunale di Verona, sezione I civile, decreto 16 maggio 2023 - Pres. Guerra; Rel. Quintiliano

9. RIFORMA CARTABIA – Ammissibile la domanda cumulativa della separazione consensuale e divorzio congiunto
(Cpc, articolo 473-bis.49)
Prima dell'avvento della Riforma Cartabia, nessuna norma autorizzava l'introduzione della domanda di divorzio all'interno della separazione, né in via contenziosa (la Cassazione riteneva inammissibile la domanda di divorzio in tutti i casi di suo deposito senza che la separazione fosse passata in giudicato - o se consensuale omologata - e non fosse decorso il necessario termine di legge), né in forma congiunta.
La Riforma Cartabia ha previsto la possibilità di proporre, negli atti introduttivi della separazione giudiziale, la domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio la cui disciplina è contenuta nell'art. 473-bis.49 c.p.c..
L'ordinanza di Lamezia Terme ritiene che la disciplina contenuta all'interno del 473 bis. 49 c.p.c. sia applicabile anche nel caso in cui il procedimento si instauri su domanda congiunta delle parti, fatto questo non scontato visto che la ha ammesso il cumulo delle domande di separazione e di scioglimento o prestazione degli effetti civili del matrimonio in sede contenziosa.
Tribunale di Lamezia Terme, ordinanza 13 maggio 2023 - Presidente e relatore Garofalo

10. DIVORZIO - Revisione delle condizioni di divorzio e cessazione della convivenza del figlio
(Cc, articoli 156 e 337- septies; legge 1 dicembre 1970 n. 898, articolo 9; Cpc, articoli 282 e 741)
In materia di diritto di famiglia la natura stessa della decisione, emessa rebus sic stantibus e priva, quindi, del carattere della irretrattabilità e la riconosciuta facoltà delle parti di chiedere in ogni tempo la revisione delle condizioni di separazione e divorzio in base al modificarsi della situazione sostanziale, non solo rendono inapplicabili le preclusioni di cui all'articolo 345 del codice di procedura civile, ma impongono anzi al giudice di merito, sia esso di primo grado che d'appello, l'attento esame di ogni comprovato e obiettivo mutamento verificatosi nella condizione delle parti che determini l'esigenza di un riequilibrio delle rispettive posizioni.
NOTA
L'assetto dei rapporti patrimoniali fra i coniugi e delle statuizioni riguardanti i figli stabilite con la sentenza di divorzio può essere modificato con il procedimento camerale previsto dall'art. 9 l. div., "qualora sopravvengano giustificati motivi".
È questa una frase rituale il cui contenuto precettivo non spicca per chiarezza e viene riferita a fatti nuovi che abbiano causato una modifica della situazione familiare tale da far ritenere superate le statuizioni contenute nella sentenza passata in giudicato. Un'interpretazione questa imposta dai principi che reggono il giudicato e, in particolare, il divieto del bis in idem per cui il giudice non può essere chiamato a dare un nuovo giudizio sulla rilevanza giuridica di fatti già accertati con una sentenza passata in giudicato.
La norma si riferisce sia ai rapporti patrimoniali fra i coniugi, con particolare riferimento all'assegno post-matrimoniale corrisposto a norma dell'art. 5, comma 6, l. div., sia ai rapporti con i figli minori.
Tribunale di Bari, sezione I, decreto 16 maggio 2023 - Presidente e relatore De Simone

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