Famiglia e successioni: il punto sulla giurisprudenza dei giudici di merito
La selezione delle pronunce di merito in materia di diritto di famiglia e delle successioni 2022
Si segnalano in questa sede i depositi della giurisprudenza di merito in materia di diritto di famiglia e delle successioni 2022. Le pronunce in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni:
1.Violazione degli obblighi di assistenza familiare e minore età del figlio
2.Incapacità di testare
3.Concepimento all'estero con tecniche di PMA eterologo da coppia omoaffettiva femminile
4.Accertamento di paternità, risarcimento del danno endo-familiare e prescrizione dell'azione revocatoria
5.Liquidazione del danno endo-familiare per la dolosa e illecita privazione della figura paterna
6.Ordini di protezione per ubriachezza molesta ed aggressioni fisiche in pregiudizio dell'integrità fisica del coniuge e dei figli minorenni
7.Gravità e dolo del pregiudizio per la revocazione della donazione per ingratitudine
8.Impresa familiare, documentazione fiscale e onere della prova
9.Compensazione con controcrediti derivanti da accordi di trasferimento della casa familiare
10.Separazione e mantenimento del figlio in affidamento temporaneo
1. VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI DI ASSISTENZA FAMILIARE - La minore età del figlio rappresenta "in re ipsa" una condizione soggettiva di stato di bisogno
(Cp art. 570, comma 1)
La minore età del figlio, a favore del quale è previsto l'obbligo di contribuzione al mantenimento, rappresenta in re ipsa una condizione soggettiva di stato di bisogno, e che ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 570, comma primo, cod. pen., in caso di omesso versamento dell'assegno di mantenimento fissato dal giudice della separazione in favore del coniuge, il giudice non deve accertare l'esistenza di uno stato di bisogno dell'avente diritto o di una situazione di impossidenza dell'altro coniuge, ma deve verificare se tale inadempimento esprima la volontà del soggetto obbligato di violare gli obblighi di assistenza inerenti alla qualità di coniuge e non esprima, invece, una difficoltà di ordine economico alle cui conseguenze si sarebbe trovato esposto anche in costanza di matrimonio.
Tribunale di Potenza, sentenza 6 giugno 2022 n. 644 – Giudice Rizzo
2. SUCCESSIONI - Incapacità di testare
(Cc art. 591)
Lo stato di incapacità di testare debba essere valutato con particolare rigore, non essendo sufficiente una semplice anomalia o alterazione delle facoltà psichiche ed intellettive del de cuius, bensì occorrendo la prova che, a cagione di una infermità transitoria o permanente, ovvero di altra causa perturbatrice, il soggetto sia stato privo in modo assoluto, al momento della redazione dell'atto di ultima volontà, della coscienza dei propri atti o della capacità di autodeterminarsi.
Quanto alla prova dell'incapacità, che può essere data con ogni mezzo, in caso di infermità tipica, permanente ed abituale l'incapacità si presume e la prova che il testamento sia stato redatto in un momento di lucido intervallo grava su chi affermi la validità del testamento; al contrario, nel caso di infermità intermittente o ricorrente, poiché si alternano periodi di capacità a periodi di incapacità, non sussiste la presunzione indicata, e la prova della sussistenza di essa deve essere data da chi impugni il testamento.
Ai fini della formulazione di tale complesso giudizio, si è ribadito come il Giudice non possa ignorare il contenuto stesso intrinseco dell'atto di ultima volontà e gli elementi di valutazione da esso desumibili, in relazione alla serietà, normalità e coerenza delle disposizioni in esso espresse nonché facendo riferimento ai sentimenti ed ai fini che risultano averle ispirate.
Nel caso in esame, parte appellante principale non ha fornito la prova che la de cuius versasse in uno stato di incapacità tale da renderla priva in modo assoluto della coscienza dei propri atti e della volontà di determinarsi coerentemente con essi, né vi è prova di uno stato di incapacità permanente o abituale della testatrice che possa giustificare un differente criterio di riparto probatorio.
Corte d'Appello Milano, Sez. II, sentenza, 6 maggio 2022, n. 1515 – Pres. Saresella, Cons. Rel. Schiaffino
3. PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA
(Articolo 8 Legge 19 febbraio 2004, n. 40 - Norme in materia di procreazione medicalmente assistita; art. 95 D.P.R. 3 novembre 2000 n. 396; articoli 8 e 14 della CEDU)
In caso di concepimento all'estero mediante l'impiego di tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, voluto da coppia omoaffettiva femminile, deve essere rettificato l'atto di nascita del minore, nato in Italia, che indichi quale madre, oltre alla donna che ha partorito, l'altra componente la coppia donatrice dei gameti, poiché il legislatore ha inteso limitare l'accesso a tali tecniche di procreazione medicalmente assistita alle sole situazioni di infertilità patologica, alle quali non è equiparabile l'infertilità della coppia omoaffettiva. Né può invocarsi un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 8 della legge n. 40 del 2004, non potendosi ritenere tale operazione ermeneutica imposta dalla necessità di colmare in via giurisprudenziale un vuoto di tutela che richiede, in una materia eticamente sensibile, necessariamente l'intervento del legislatore.
Il Tribunale ha ritenuto legittimo il rifiuto da parte dell'Ufficiale di stato civile al ricevimento della dichiarazione di riconoscimento del rapporto di filiazione da parte di entrambe le madri, alla luce della legge n. 40 del 2004 in tema procreazione medicalmente assistita e della legge n. 76 del 2016 in materia di unioni civili.
Tribunale di Arezzo, decreto 10 novembre 2022 – Pres. Faltoni, Cons. Rel. Est. Caprio
4. DANNO ENDOFAMILIARE – Accertamento di paternità, risarcimento del danno endofamiliare e prescrizione dell'azione revocatoria
(Cc articoli 263, 265, 1414, 2043, 2059, 2740, 2901)
Il risarcimento del danno endo-familiare, ormai costantemente riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità, costituisce un particolare tipo di danno extracontrattuale di natura non patrimoniale; collocandosi dunque nell'alveo dell'art. 2059 cod. civ. esso si connota quindi, come ogni fatto illecito, degli elementi oggettivi (condotta o omissione, danno, nesso di causalità) e di quello soggettivo o psicologico, risultando necessaria la sussistenza di un fatto doloso o colposo, per come richiesto in generale, in tema di responsabilità aquiliana, dall'art. 2043 cod. civ. Tale ultimo elemento, nel caso di specie, è risultato del tutto indimostrato, rendendo superfluo ogni accertamento sulla sussistenza degli elementi oggettivi per il principio c.d. della ragione più liquida.
Nel caso in esame, Tizio impugnava il riconoscimento di Mevio, proponendo contestualmente ricorso ex art. 269 cod. civ. per ottenere la dichiarazione giudiziale di paternità nei confronti di Caio.
Quest'ultimo si rendeva di fatto nullatenente per mezzo degli atti dispositivi di donazione e compravendita favore dei figli. Tizio allora agiva in giudizio esperendo azione revocatoria al fine di ottenere la soddisfazione del proprio credito, così come sarebbe derivato dal giudizio relativo all'accertamento della paternità. A suo dire, l'ammissibilità dell'azione revocatoria ordinaria doveva riconoscersi stante la mera titolarità di una ragione di credito a suo favore, essendo bastevole un diritto di credito anche ipotetico. Tale diritto doveva ritenersi discendente dal diritto al risarcimento del danno per illecito endo-familiare (o danno endo-familiare da privazione del rapporto genitoriale) preteso nell'ambito del giudizio promosso ex art. 269 cod. civ., e pendente avanti al Tribunale.
Tribunale Vicenza, Sez. II, sentenza, 25 febbraio 2022, n. 312 - Giudice Grassi
5. DANNO ENDOFAMILIARE - La dolosa e illecita privazione della figura paterna legittima il risarcimento del danno non patrimoniale
(Cc articoli 147, 148, 263, 337 septies)
In caso di danno endofamiliare da privazione del rapporto genitoriale, si pone a base del calcolo liquidatorio la voce appositamente prevista dalle tabelle adottate dall'Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano. Tali tabelle rimangono utilizzabili come parametro di valutazione, con gli opportuni adattamenti" nonché che "il criterio tabellare può rappresentare un punto di riferimento nella liquidazione del danno in via analogica".
Pur ritenendosi corretto quale punto di partenza liquidatorio quello individuabile nei parametri tabellari previsti per la voce "perdita del genitore", deve procedersi ad un ulteriore adeguamento in diminuzione in ragione della minore gravità della fattispecie in esame che riguarda la dolosa e illecita privazione della figura paterna, rispetto a quella oggetto delle tabelle.
Il Tribunale ha accolto la domanda di parte attrice condannando il convenuto al versamento in favore del figlio, della somma, stabilita in via equitativa, di Euro =125.000,00= a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale derivante dalla violazione dei doveri di mantenimento, istruzione, educazione, determinata dalla privazione del rapporto parentale.
Tribunale Napoli, Sez. I, sentenza, 13 luglio 2022 – Pres. Tabarro, Cons. Rel. Est. Spezzaferri
6. ORDINI DI PROTEZIONE PER ABUSI FAMILIARI - Ordini di protezione per abusi familiari per ubriachezza molesta ed aggressioni fisiche in pregiudizio dell'integrità fisica del coniuge e dei figli minorenni
(Cc articoli 342-bis e 342-ter)
Integrano abuso o maltrattamento del minore (tale da determinare l'allontanamento del genitore dalla casa familiare) anche quelle situazioni di violenza "indiretta", che si verificano quando il minore assiste a scene di violenza poste in essere da un genitore a danno dell'altro.
NOTA
Nel caso in esame, il Tribunale felsineo con decreto del luglio 2022 accoglieva la domanda della moglie, ordinando al marito di cessare immediatamente le condotte pregiudizievoli nei suoi confronti e dei figli e per la durata di sei mesi di allontanarsi dalla casa familiare e da tutti i luoghi da questi abitualmente frequentati, in particolare dal luogo di lavoro della ricorrente e dalle scuole dei ragazzi. Questi ultimi pur non avendo subito direttamente aggressioni, hanno comunque dovuto assistere alle azioni intimidatorie del padre contro la madre, con conseguente realizzazione di una fattispecie di "violenza assistita".
Il marito ha proposto reclamo che è stato rigettato.
Il giudice civile può adottare "ordini di protezione" quando la condotta del genitore o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all'integrità fisica o morale, ovvero alla libertà di altro coniuge o convivente.
L'art. 1, L. 4 aprile 2001, n. 154 dispone peraltro che «le norme della presente legge si applicano, in quanto compatibili, anche nel caso in cui la condotta pregiudizievole sia stata tenuta da altro componente del nucleo familiare diverso dal coniuge o dal convivente, ovvero nei confronti di altro componente del nucleo familiare diverso dal coniuge o dal convivente». La previsione consente dunque, l'operatività degli ordini di protezione, offrendo tutela a tutti i componenti del nucleo familiare, ivi compresi i minori (vittime di una "violenza" proveniente dal genitore, dal suo convivente, o da altri soggetti)
Infine, è importante sul tema ricordare il provvedimento del 17 aprile 2013 del Tribunale di Milano che ha stabilito quanto segue: "Il diritto di famiglia prevede rimedi speciali, tipici e settoriali per porre rimedio a ciascuna delle possibili violazioni che uno dei partners dovesse porre in essere: garanzie per l'assegno di mantenimento (156 cod. civ.); provvedimenti atipici per le condotte aggressive (342-bis cod. civ.); sanzioni e risarcimento del danno (709-ter c.p.c.); modifica/revoca dei provvedimenti interinali (709, ult. comma, c.p.c.); ingiunzioni di pagamento in ragione delle condizioni di separazione o divorzio, costituenti titolo esecutivo; sequestro dei beni del coniuge allontanatosi (146 cod. civ.); presentazione della domanda di separazione o divorzio. In particolare, nel caso in cui uno dei coniugi ponga in essere condotte lesive della persona del congiunto, è dato ricorso agli ordini giudiziali ex art. 342-bis cod. civ., 736-bis c.p.c., nella cui sede sono anche ammesse statuizioni di tipo economico. Ne consegue che, in tutti questi casi, difetta la residualità richiesta dall'art. 700 c.p.c. per l'ammissibilità dello strumento cautelare."
Tribunale di Bologna, ordinanza 1 settembre 2022 – Pres. Palumbi, Giud. Rel. Migliori
7. DONAZIONE – La revoca della donazione è possibile solo se il donante subisce un pregiudizio grave e doloso
(Cc articoli 769, 800, 801, 802)
L'ingiuria grave richiesta, ex art. 801 c.c., quale presupposto necessario per la revocabilità di una donazione per ingratitudine, consiste in un comportamento (esteriorizzato, dunque reso palese a terzi) suscettibile di ledere in modo rilevante il patrimonio morale del donante ed espressivo di un reale sentimento di avversione da parte del donatario, tale da ripugnare alla coscienza collettiva. Tale presupposto non può essere desunto da singoli accadimenti che, pur risultando di per sé censurabili, per il contesto in cui si sono verificati e per una situazione oggettiva di aspri contrasti esistenti tra le parti, non possono essere ricondotti ad espressione di quella profonda e radicata avversione verso il donante che costituisce il fondamento della revocazione della donazione per ingratitudine.
Il tenore letterale dell'art. 801 c.c. riflette il carattere tassativo delle ipotesi di revocazione in essa contemplate in quanto la regola è che la donazione sia definitiva, mentre la revocabilità è un'eccezione. La norma dunque, non consente al Giudice di omettere, neppure in via analogica, una approfondita valutazione, anche quantitativa, del danno posto alla base della domanda di revocazione: non è un danno generico a poter integrare l'ipotesi tipica dell'ingratitudine verso il donante, bensì un danno qualificato. Deve trattarsi di un pregiudizio, da un lato, grave — in rapporto, evidentemente, alla situazione economica del donante — e, dall'altro, dolosamente arrecato. Entrambi i connotati, della gravità e del dolo, debbano ricorrere congiuntamente, cosa che non è stato rilevato nel caso di specie, ove l'attrice si è limitata a dolersi del mancato rilascio dell'immobile.
La revoca della donazione per ingratitudine sotto il profilo della ingiuria grave richiede un'azione consapevole e volontaria del donatario direttamente volta contro il patrimonio morale del donante, risolvendosi in una manifestazione di perversa animosità verso il donante idonea a giustificare il pentimento rispetto al compiuto atto di liberalità. Per contro i comportamenti del donatario come l'interruzione degli studi, l'uso di stupefacenti e la commissione di reati che, pur potendo comportare dolorose reazioni nell'animo del donante, non sono tuttavia volti direttamente a colpirlo, non giustificano la revoca della donazione elargita in epoca anteriore.
Corte d'Appello Bologna, sentenza 25 agosto 2022 n. 1775 – Pres. Fazzini, Cons. Est. Poppi
8. IMPRESA FAMILIARE – Non sempre la documentazione fiscale è sufficiente ai fini della corresponsione di utili
(Cc articolo 230 bis)
In tema di impresa familiare ex art. 230-bis cod. civ., la predeterminazione, ai sensi dell'art. 9 della legge n. 576 del 1975, e nella forma documentale prescritta, delle quote di partecipazione agli utili dell'impresa familiare, sia essa oggetto di una mera dichiarazione di verità o di un negozio giuridico può risultare idonea, in difetto di prova contraria da parte del familiare imprenditore, ad assolvere mediante presunzioni l'onere - a carico del partecipante che agisca per ottenere la propria quota di utili - della dimostrazione sia della fattispecie costitutiva dell'impresa stessa che dell'entità della propria quota di partecipazione - in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato - agli utili d'impresa.
Nel caso in esame, però, le dichiarazioni dei redditi presentate dalla moglie non hanno assolto l'onere probatorio perché l'istruttoria ha infatti permesso di accertare che la ricorrente non aveva prestato in modo continuativo attività lavorativa in favore dell'impresa familiare.
Tribunale di Bologna, Sez. Lavoro, sentenza 27 settembre 2022 n. 339 – Giud. Est. Zompì
9. MANTENIMENTO DEI FIGLI – Preclusa la compensazione con controcrediti derivanti da accordi di trasferimento della casa familiare
(Cc articoli 147, 438, 1243 cc; Cpc articolo 615)
Il carattere sostanzialmente alimentare dell'assegno di mantenimento a beneficio dei figli, in regime di separazione, comporta la non operatività della compensazione del suo importo con altri crediti.
NOTA
In materia di crediti alimentari e ad essi assimilati vige il divieto di compensazione ai sensi degli artt. 447 e 1246 n. 5 cod. civ.
E' opinione consolidata e condivisa che l'assegno di mantenimento a favore della prole abbia carattere sostanzialmente alimentare con conseguente applicabilità, in via analogica, del divieto di compensazione sancito dagli articoli sopra citati. Ciò diversamente dal credito dell'assegno di mantenimento attribuito dal giudice al coniuge separato senza addebito di responsabilità, ai sensi dell'art. 156 cod. civ., che ha la sua fonte legale nel diritto all'assistenza materiale inerente al vincolo coniugale e non nell'incapacità della persona che versa in stato di bisogno e non è in grado di provvedere al proprio mantenimento. Questo assegna non rientra tra i crediti alimentari per i quali, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1246 1 comma, n. 5 e 447 cod. civ., non opera la compensazione legale salvo che tale contributo, per la sua non elevata entità, debba presumersi sia stato consumato o sia destinato a fini di sostentamento personale del coniuge.
In proposito, la Suprema Corte ha sempre affermato che è possibile ritenere che vi sia un vero e proprio carattere alimentare dell'assegno di mantenimento a beneficio dei figli nell'ambito della separazione con la conseguenza che non opera la compensazione dell'importo del mantenimento con altri crediti per la natura sostanzialmente alimentare dell'assegno di mantenimento: da ciò la non operatività della compensazione dell'importo con altri crediti in quanto si tratta di un credito non disponibile né rinunciabile e quindi neppure compensabile.
Tribunale di Parma, sentenza 31 maggio 2022 n. 713 - Giudice Colladet
10. SEPARAZIONE – In caso di separazione, occorre garantire il mantenimento del figlio in affidamento
(Cc articolo 156)
In tema di separazione personale, si presuppone la permanenza del vincolo coniugale, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale, sicché i redditi "adeguati" cui va rapportato, ai sensi dell'art. 156 c.c., l'assegno di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della condizione ostativa dell'addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.
In caso di separazione, occorre garantire il mantenimento del figlio in affidamento temporaneo.
Nel caso di specie, infatti, nella ricostruzione del tenore di vita che aveva la famiglia è stato valorizzato il fatto che i coniugi avevano deciso congiuntamente l'affidamento temporaneo del minore), il quale era stato collocato presso la loro abitazione e la moglie nel momento in cui ha richiesto l'affidamento del minore, era consapevole di poter usufruire non solo del proprio reddito, ma anche delle risorse economiche del marito.
Tribunale Ancona, Sez. I, sentenza, 24 giugno 2022, n. 812 – Pres. Corinaldesi, Giud. rel. ed est. Guidarelli