Famiglia

Famiglia e successioni: il punto sulla giurisprudenza dei giudici di merito

La selezione delle pronunce di merito in tema di diritto di famiglia e delle successioni del 2021

di Valeria Cianciolo

La selezione delle pronunce di merito del 2021 in tema di diritto di famiglia e delle successioni

Si segnalano in questa sede i depositi della giurisprudenza di merito in materia di diritto di famiglia e delle successioni. Le pronunce in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni:

 

1. La revoca della donazione e l’ingiuria grave;

2. La condotta dell’articolo 574-bis del Cp;

3. Il legittimato passivo dell’azione di riduzione;

4. L’allontanamento dalla casa familiare da parte del coniuge non assegnatario;

5. Accettazione tacita e denuncia di successione;

6. Richiesta di assegno di mantenimento al coniuge separato e accesso all'assegno sociale;

7. Ipoteca iscritta a carico del coniuge obbligato e indici sintomatici dell’inadempimento;

8. Giudizi de potestate e nomina del curatore al minore;

9. Separazione e condanna al pagamento della rata del mutuo 

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I PRINCIPI ESPRESSI DAI GIUDICI DI MERITO

 

N. 1 - DONAZIONE - Revoca della donazione. L'ingiuria grave deve consistere nell'irrispettosità della dignità del donante

Donazione - Revoca per ingratitudine - Nozione di "ingiuria grave". (Cc articolo 801)
L'ingiuria grave richiesta, ex articolo 801 del Cc, quale presupposto necessario per la revocabilità di una donazione per ingratitudine, pur mutuando dal diritto penale la sua natura di offesa all'onore ed al decoro della persona, si caratterizza per la manifestazione esteriorizzata, ossia resa palese ai terzi, mediante il comportamento del donatario, di un durevole sentimento di disistima delle qualità morali e di irrispettosità della dignità del donante, contrastanti con il senso di riconoscenza che, secondo la coscienza comune, aperta ai mutamenti dei costumi sociali, dovrebbero invece improntarne l'atteggiamento.

Tribunale Cassino, sentenza, 4 febbraio 2021 - Got Dr. Tirozzi

 

LA NOTA

È comune opinione, in dottrina, fatta propria anche dalla giurisprudenza dominante, che il concetto di ingiuria, rilevante ai fini della predetta disposizione di legge, prescinda dallo schema tipico del delitto correlativo, che punisce, ai sensi dell’art. 594 c.p.: «chiunque offende l’onore o il decoro di una persona presente».

La Cassazione sul punto ritiene che “L’ingiuria grave richiesta, ex art. 801 c.c., quale presupposto necessario per la revocabilità di una donazione per ingratitudine, pur mutuando dal diritto penale il suo significato intrinseco e l’individuazione del bene leso, si distacca, tuttavia, dalle previsioni degli artt. 594 e 595 c.p., e consiste in un comportamento suscettibile di ledere in modo rilevante il patrimonio morale del donante ed espressivo di un reale sentimento di avversione da parte del donatario, tale da ripugnare alla coscienza collettiva” (Cass. n. 7487/2011).

Nel caso di specie, è stata accolta la domanda della madre, avente ad oggetto la revoca di una donazione, per il comportamento ingiurioso tenuto nei suoi confronti da parte del figlio, consistente nel disinteresse di questi nei suoi confronti ed in particolar modo per la presentazione del ricorso per interdizione, nel quale si riferiva che parte attrice era affetta da psicosi schizofrenica cronica, cosa risultata poi infondata .

 

N. 2 - DELITTI CONTRO L'ASSISTENZA FAMILIARE - L'articolo 574-bis del Cp è caratterizzato dall’impedimento dell'esercizio della responsabilità genitoriale 

Delitti contro l'assistenza familiare - Sottrazione e trattenimento di minore all’estero. ( Codice penale, articoli 54, 163 e 574-bis)
L'articolo 574-bis del Cp, nel prevedere l'impedimento dell'esercizio della potestà genitoriale, quale requisito oggettivo essenziale per il perfezionarsi della fattispecie, richiede che il minore sia di fatto sottratto alla vigilanza dell'altro genitore, così da precludergli sia la funzione educativa ed i poteri insiti nell'affidamento, sia poi impedendogli di esercitare al meglio quell'ufficio che gli è stato conferito dall'ordinamento nell'interesse superiore del minore e della naturale salvaguardia del legame parentale. La sottrazione assume rilevanza penale nel momento in cui determina l'impedimento, anche solo in parte, delle prerogative inerenti alla responsabilità genitoriale, non risolvendosi nella sola privazione del contatto fisico tra genitore e figlio, ma anche nell'ostacolare materialmente la possibilità dell'esercizio di quei poteri/doveri di cura che derivano direttamente dalla legge.

Tribunale Cassino, sentenza 30 aprile 2021 - Got Principe

 

LA NOTA

L’art. 574-bis del codice penale inserito nel codice penale dalla legge 15.7.2009, n. 94 ("Disposizioni in materia di sicurezza pubblica", entrata in vigore il 14.8.2009), riguarda una forma speciale di sottrazione di minori. La norma viene applicata con riferimento ad episodi di conduzione (o di trattenimento) di figli all'estero da parte di genitori che decidono - una volta interrotto, anche informalmente, il rapporto con l'altro partner - di tornare presso il proprio Paese di origine (c.d. parental kidnapping). La casistica riguarda in genere i matrimoni contratti tra italiani e stranieri extracomunitari, finiti con la fuga di questi ultimi presso il proprio Paese, forieri, poi, di notevoli e drammatici problemi, anche di natura giudiziaria e diplomatica, allorquando si tratta di far tornare presso il luogo di nascita il minore sottratto, come nel caso oggetto della sentenza in esame. Ma occorre precisare anche che la norma copre anche quelle situazioni in cui sia il genitore cittadino italiano a decidere di fissare la propria residenza all'estero.

La sottrazione deve essere intesa nei confronti di chi esercita la responsabilità genitoriale o l'autorità tutoria, e ha rilevanza penale non solo quando si provochi il totale, ma anche il parziale impedimento dell'esercizio della medesima responsabilità.

Nel caso in esame, la madre aveva sottratto il figlio minore al padre e contro la volontà di questi, conducendolo e trattenendolo sia in Cuba (presso i nonni materni), che successivamente in Spagna, in un luogo ove peraltro risiedeva anche il nuovo compagno. Il padre è stato così costretto ad attivarsi per rintracciare il minore e solo dopo due anni dal suo allontanamento dall'Italia, ha avuto la possibilità di rivederlo.

 

3. SUCCESSIONE E AZIONE DI RIDUZIONE - Azione di riduzione. Legittimato passivo è il beneficiario della disposizione testamentaria lesiva

Testamento - Impugnazione - Incapacità - Azione di riduzione - Lesione di legittima. (Cc articoli 553, 554, 555, 556 e 747)
In tema di successione necessaria, ove la lesione della legittima sia determinata dall'alienazione a terzi, ad opera dell'erede o del legatario, di beni oggetto di disposizione testamentaria, legittimato passivo rispetto all'azione di riduzione esperita dal legittimario è soltanto il beneficiario della disposizione testamentaria lesiva della legittima, e non anche i possessori dei beni con cui questa deve essere reintegrata - i quali, al contrario, sono legittimati passivi rispetto alla domanda di restituzione conseguente al vittorioso esperimento della prima azione - avendo l'azione di riduzione comunque ad oggetto i beni appartenenti al "de cuius", sebbene già alienati, atteso che l'effetto della pronunzia è comunque quello di rendere inefficace nei confronti del legittimario la disposizione lesiva, e ciò anche nei confronti degli eventuali terzi acquirenti, salvi, nei confronti di costoro, gli effetti derivanti dall'omessa trascrizione della domanda di riduzione, ex articolo 2652, n. 8, del  codice civile.

Tribunale Cosenza, sentenza 14 aprile 2021 - Pres. Viteritti - Giud. Rel. Rombolà  

 

LA NOTA

Nel caso di specie, si è provato attraverso le risultanze documentali ed orali acquisite nel giudizio che il de cuius, nel momento in cui ha disposto della sua successione in forza del testamento pubblico, non fosse incapace. Appurata la validità del testamento, ne discende la validità delle attribuzioni fatte dal testatore.

La sentenza offre l’opportunità di chiarire l’effetto costitutivo dell’azione di riduzione che si esaurisce nel rendere inefficaci le disposizioni lesive nei confronti dei legittimari che l'abbiano chiesta, e nella misura occorrente per reintegrare la quota agli stessi riservata. Inoltre, viene ribadito il concetto che l'azione di riduzione può essere proposta solo contro i destinatari delle disposizioni lesive (eredi, legatari, donatari) e i loro eredi, non contro i loro aventi causa, che sono invece legittimati passivi dell'azione di restituzione.

Se colui contro il quale è stata pronunciata la riduzione ha alienato a terzi i beni oggetto della disposizione ridotta, la sentenza di riduzione non ha effetto immediato contro gli aventi causa: per ottenere la restituzione di detti beni, il legittimario deve proporre un'ulteriore domanda nei confronti dei terzi acquirenti.

Se la domanda di riduzione è successiva all'acquisto del terzo, il legittimario che ha agito in riduzione deve proporre contro l'acquirente una nuova domanda di restituzione, e il terzo potrà chiedere l'applicazione delle norme poste a sua salvaguardia.

 

 

4. SEPARAZIONE DEI CONIUGI e ASSEGNAZIONE CASA CONIUGALE – L'allontanamento dalla casa familiare da parte del coniuge non assegnatario deriva direttamente dal provvedimento

Revoca dell'assegnazione della casa familiare - Titolo esecutivo - Configurabilità - Fondamento - Esplicita condanna al rilascio - Necessità. (Cc, articolo 155-quater)
L'allontanamento dalla casa familiare da parte del coniuge o dell'ex convivente non assegnatario deriva direttamente dal provvedimento ovvero dalla sentenza che attribuisce il diritto ad abitare la casa familiare, che costituisce titolo esecutivo, anche quando l'ordine di rilascio non sia stato con essi esplicitamente pronunciato. La natura speciale del diritto di abitazione, ai sensi dell'articolo 155 -quater del Cc, è infatti tale per cui esso non sussiste senza allontanamento dalla casa familiare di chi non ne è titolare.

Tribunale Crotone, sentenza 27 aprile 2021 - Giud. Agostini

 

LA NOTA

La sentenza qui in esame, richiama l’articolo 155-quater del codice civile, ora abrogato, e i cui contenuti del 1° co., sono stati sversati, immutati, nell'articolo 337-sexies del codice civile in tema di assegnazione della casa coniugale. Viene ribadito un principio espresso dalla Cassazione civile 31 gennaio 2012, n. 1367, qui richiamata, in forza del quale: In tema di assegnazione della casa familiare, inizialmente disposta - come nella specie - con ordinanza del presidente del tribunale e poi oggetto di revoca, da parte del tribunale, con la sentenza che definisce il processo di separazione personale tra i coniugi, la natura speciale del diritto di abitazione, ai sensi dell'articolo 155-quater del codice civile, è tale per cui esso non sussiste senza allontanamento dalla casa familiare di chi non ne è titolare e, corrispondentemente, quando esso cessa di esistere per effetto della revoca, determina una situazione simmetrica in capo a chi lo ha perduto, con necessario allontanamento da parte di questi; ne consegue che il provvedimento ovvero la sentenza rispettivamente attributivi o di revoca costituiscono titolo esecutivo, per entrambe le situazioni, anche quando l'ordine di rilascio non sia stato con essi esplicitamente pronunciato.

 

5. SUCCESSIONE E ACCETTAZIONE TACITA - La denuncia di successione ed il pagamento della relativa imposta non comportano accettazione tacita della eredità

Successione - Accettazione tacita - Denuncia di successione - Comportamento complessivo del chiamato all'eredità - Valutazione.   (Cc, articolo 460)
La denuncia di successione ed il pagamento della relativa imposta, con riferimento al valore del patrimonio relitto dichiarato nella predetta denuncia, non comportano accettazione tacita della eredità, trattandosi di adempimenti fiscali che, in quanto diretti ad evitare l'applicazione di sanzioni, hanno solo scopo conservativo e rientrano, quindi, tra gli atti che il chiamato a succedere può compiere in base ai poteri conferitigli dall'articolo 460 del codice civile.

Tribunale Milano, sentenza 24 aprile 2021 - Giud. Dulcetta

 

LA NOTA

Il Tribunale meneghino sposa la tesi prevalente in giurisprudenza secondo la quale è ritenuto solo un elemento indiziario liberamente valutabile la presentazione della dichiarazione di successione (cui è obbligato pure il mero chiamato ex articolo 28 Tu sull'imposta sulle successioni e donazioni (Dlgs 31 ottobre 1990, n. 346) e il pagamento della relativa imposta. Occorre comunque precisare che l'accettazione tacita di eredità può essere desunta dal comportamento del chiamato che ponga in essere atti che non abbiano solo natura meramente fiscale, quale la denuncia di successione, ma che siano, al contempo, fiscali e civili, come la voltura catastale, che rileva non solo dal punto di vista tributario, per il pagamento dell'imposta, ma anche dal punto di vista civile, per l'accertamento, legale o semplicemente materiale, della proprietà immobiliare e dei relativi passaggi

 

 

6. ASSEGNO DI MANTENIMENTO - La richiesta di assegno di mantenimento al coniuge separato non rileva ai fini dell'accesso all'assegno sociale

Coniuge separato - Assegno sociale - Stato di bisogno - Previdenza . (Legge 8 agosto 1995, n. 335)  
La disciplina dell'assegno sociale stabilita dalla legge n. 335 del 1995 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare) nulla prevede in tema di separazione, ma è contrario alla ratio dell’istituto negare la spettanza dell'assegno sociale sostenendo che il richiedente non versi in stato di bisogno per non aver richiesto al coniuge separato alcun assegno di mantenimento, anche minimo, in sede di separazione Ai fini dell'accesso all'assegno sociale, la semplice mancanza di richiesta dell'assegno di mantenimento al coniuge separato non equivale ad assenza dello stato bisogno.

Tribunale Palermo, sezione Lavoro, sentenza, 14 aprile 2021 – Giud. Civiletti

 

LA NOTA

La sentenza del Tribunale di Palermo ha accolto la domanda della donna in un senso che in realtà confligge con quanto deciso sul tema da altre sentenze: ad esempio, Corte d'Appello di Salerno sentenza n. 649/2019, Tribunale di Busto Arsizio n. 98/2019, Tribunale di Catanzaro n. 850/2017 Tribunale di Napoli 4294/2017 secondo cui: "La scelta, da parte del coniuge più debole, di rinunciare all'assegno di mantenimento optando per una separazione consensuale senza obbligo di alimenti a carico dell'altro coniuge che sia titolare di un reddito (seppur minimo) mette in luce l'intento elusivo dei principi a sostegno dell'assegno sociale nonché una presunzione di possesso di altri redditi, ostativi all'accesso alla prestazione sociale".

 

7. SEPARAZIONE E ISCRIZIONE DI IPOTECA - Illegittima l'ipoteca iscritta a carico del coniuge obbligato se non ci sono indici sintomatici di un possibile inadempimento

Separazione - Divorzio - Inadempimento dell’assegno - Iscrizione Ipoteca – Illegittimità dell’iscrizione dell’ipoteca. (Cc, articoli 156, 2818, 2827, 2838; Legge 1° dicembre 1970 n. 898, articolo 8)

In tema di garanzie per il pagamento dell'assegno di separazione e di divorzio, la valutazione del coniuge, in favore del quale la sentenza di separazione riconosca l'assegno di mantenimento, circa la sussistenza, ai fini dell'iscrizione ipotecaria ai sensi dell'articolo 2818 del codice civile, del pericolo di inadempimento del coniuge obbligato, resta sindacabile nel merito, onde la mancanza - originaria o sopravvenuta - di tale pericolo determina, venendo meno lo scopo per cui la legge consente il vincolo, l'estinzione della garanzia ipotecaria e, di conseguenza, il sorgere del diritto dell'obbligato ad ottenere dal giudice, dietro accertamento delle condizioni anzidette, l'emanazione del corrispondente ordine di cancellazione ai sensi dell'articolo 2884 del codice civile.

Tribunale Pavia, sezione III, sentenza 26 marzo 2021 - Giud. Cunati

 

LA NOTA

L’articolo 156, 5° comma, codice civile dispone che la sentenza di separazione costituisce titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale. Tale garanzia è estesa anche alla separazione consensuale: la Corte Costituzionale con la sentenza 186 del 1988 ha infatti affermato che anche il decreto di omologazione degli accordi di separazione costituisce parimenti titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale.

Il principio espresso dalla sentenza del Tribunale di Pavia si fonda su un ragionamento che è alla base della normativa, ossia, che se è vero che la sentenza di separazione costituisce titolo per l'iscrizione di ipoteca, deve però ritenersi che tale iscrizione sia sottoponibile alla successiva verifica, da parte del giudice e su richiesta della parte onerata, della effettiva necessità di assicurare al coniuge creditore una garanzia di carattere reale, il che unicamente può legittimare il perdurare del vincolo imposto sul bene. E se ai fini dell'iscrizione la valutazione circa la sussistenza del pericolo di adempimento è attribuita alla valutazione discrezionale del creditore, il permanere del vincolo è sottoposto alla "conditio iuris" della verifica circa la sussistenza o la persistenza del pericolo di inadempimento.

Sul punto, la Suprema Corte ha ritenuto che la valutazione del coniuge, circa la sussistenza del pericolo di inadempimento del coniuge obbligato, ai fini dell'iscrizione ipotecaria, rimane sindacabile nel merito, sì che la mancanza originaria o sopravvenuta di tale pericolo determina l'estinzione della garanzia ipotecaria, e il conseguente diritto dell'obbligato di ottenere dal giudice l'emanazione dell'ordine di cancellazione dell'ipoteca

 

8. GIUDIZI DE POTESTATE E NOMINA DEL CURATORE AL MINORE - Nei giudizi de potestate la mancata nomina del curatore al minore importa rimessione della causa in istruttoria

Responsabilità genitoriale - Decadenza - Giudizi de potestate - Curatore del minore. (Cc, articolo 336; Cpc, articolo 78, comma 2)
Nel procedimento ex articolo 336 del codice civile, sebbene non prettamente contenzioso, il figlio minore, come pure i genitori, è parte necessaria del giudizio e pertanto la mancata integrazione del contraddittorio nei suoi confronti comporta la nullità del procedimento stesso, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 354, comma 1, del codice di procedura civile.  Nei cd. giudizi de potestate la posizione del figlio è sempre contrapposta a quella di entrambi i genitori, anche quando il provvedimento sia richiesto nei confronti di uno solo di essi, perché non si può capire ex ante se c'è concomitanza di interesse del minore con quello dell'altro genitore. Ravvisabile conflitto di interessi tra chi è incapace di stare in giudizio personalmente e il suo rappresentante legale ogni volta che l'incompatibilità delle loro rispettive posizioni è anche solo potenziale, e di conseguenza è necessaria la nomina d'ufficio di un curatore speciale che rappresenti e assista l'incapace.

Tribunale Sondrio, sentenza 26 marzo 2021 - Presidente Licitra

 

LA NOTA

In dottrina si osserva la gravità della mancanza di una previsione di carattere generale per tutte le procedure giudiziarie che coinvolgono interessi di grande rilevanza per il minore. I giudizi de potestate vedono la posizione del figlio potenzialmente contrapposta a quella di entrambi i genitori sulla scorta di un giudizio che non può che essere di prognosi nella impossibilità di stabilirsi, altrimenti, coincidenza e omogeneità degli interessi del minore con quello del genitore e con conseguente necessitata nomina di un curatore speciale per far fronte ad una situazione di incompatibilità potenziale tra colui che sia incapace di stare in giudizio e il suo rappresentante legale. Il caso posto all’attenzione del Tribunale di Sondrio nasce con un'azione per il riconoscimento della paternità in capo all'attore. Nella estrema conflittualità che affligge il rapporto genitoriale, testimoniata dalla condotta processuale delle parti e dalla pendenza di altri giudizi, anche penali, cagionati dalle tormentatissime relazioni in essere tra i genitori e le rispettive famiglie, emerge comunque la volontà paterna, ferma al di là delle motivazioni che la sorreggono, di lasciare gestire completamente la figlia alla madre.

 

9. SEPARAZIONE E CONDANNA AL PAGAMENTO DELLA RATA DEL MUTUO  - Impossibile trattare nel giudizio di separazione anche la condanna al pagamento della rata del mutuo

Separazione - Addebito - Processo - Connessione domande . (Cc,articolo 156; Codice di procedura civile, articoli 31, 32, 34, 35 e 36)
La trattazione congiunta delle cause soggette a rito ordinario e speciale è ammessa nei soli casi previsti dall'articoli 31, 32, 34, 35 e 36 del codice di procedura civile  e così chiaramente escludendo la possibilità di proporre più domande connesse soggettivamente ai sensi dell'articolo 33 del codice di procedura civile o dell'articolo 104 del codice di procedura civile e soggette a riti diversi.
In applicazione di questo principio si deve negare che nel caso di specie esista, tra la domanda principale di separazione e quella avente ad oggetto la condanna del ricorrente al pagamento della rata del mutuo, un nesso di connessione in grado di giustificare la trattazione in questo giudizio, assoggettato al rito speciale, di tale ultima domanda.

Tribunale Spoleto, sentenza, 21 aprile 2021 - Pres. Alunno, Giud. Rel. Stanga

 

LA NOTA

Come è stato più volte ribadito dalla giurisprudenza, l'articolo 40 del codice di procedura civile consente nello stesso processo il cumulo di domande soggette a riti diversi soltanto in ipotesi qualificate di connessione (articoli 31, 32, 34, 35 e 36 del Cpc), così escludendo la possibilità di proporre più domande connesse soggettivamente e caratterizzate da riti diversi: conseguentemente, ad esempio, è esclusa la possibilità del " simultaneus processus " tra l'azione di divorzio e quella avente ad oggetto, tra l'altro, la restituzione di beni mobili, essendo quest'ultima soggetta al rito ordinario, autonoma e distinta dalla prima

La possibilità di simultaneus processus nell’ambito di un giudizio di separazione soggetto a rito speciale con quella di risarcimento del danno, soggetta a rito ordinario, resterebbe esclusa proprio dall’autonomia assoluta delle domande non legate dal vincolo della connessione e distinte dalla domanda principale.

E’ pacifica quindi, secondo questo orientamento giurisprudenziale, l’inammissibilità della domanda risarcitoria nel giudizio di separazione, potendo la stessa essere fatta valere in separato giudizio.

 

 

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