Amministrativo

Finanza di progetto: la scelta del soggetto promotore non è sottoposta ai princìpi delle procedure ad evidenza pubblica

Nota a Tar Campania, Sezione I, 10 maggio 2022, n. 3179

di Daniele Archilletti*

È pacifico in giurisprudenza che nel procedimento di project financing la scelta del soggetto promotore operata dalla stazione appaltante determina una immediata posizione di vantaggio per il soggetto prescelto e un definitivo arresto procedimentale per i concorrenti non prescelti; in ragione di ciò, il menzionato atto di scelta è lesivo e deve essere immediatamente impugnato dai concorrenti non prescelti (Cons. Stato, Ad. Plen., 28 gennaio 2012, n. 1).

Il caso di specie si innesta proprio nell'ambito dell'ipotesi sopra menzionata, laddove un operatore economico ha impugnato il provvedimento con cui la stazione appaltante ha dichiarato di pubblico interesse la proposta – volta alla realizzazione del sistema integrato di gestione della mobilità e di smart mobility nel territorio del Comune di Caserta – presentata da un altro operatore economico – così eleggendolo soggetto promotore dell'iniziativa - sostenendone l'illegittimità sul presupposto che la scelta operata dalla committente è intervenuta in assenza di qualsiasi valutazione comparativa. Tale provvedimento è stato oggetto di ulteriori censure, con le quali è stato lamentato, inter alia, che la proposta eletta non avrebbe potuto essere approvata né dichiarata di pubblico interesse, in quanto incompleta e priva di alcuni degli elementi essenziali richiesti dall'art. 183, comma 15, del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (il "Codice" ovvero il "D.lgs. n. 50/2016").

Nelle more del giudizio, instauratosi innanzi al Tar Campania, la stazione appaltante ha comparato la proposta già approvata rispetto a quella presentata dal ricorrente e, all'esito della relativa valutazione, ha disposto la convalida del provvedimento impugnato, ai sensi dell'art. 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Ne è seguita la proposizione di un atto di motivi aggiunti, con cui la società ricorrente ha censurato, tra l'altro, la presunta genericità e oscurità del nuovo provvedimento adottato dall'amministrazione, dal momento che la proposta del soggetto eletto – sostanzialmente analoga a quella della medesima società ricorrente – sarebbe comunque meno idonea al raggiungimento dell'interesse pubblico perseguito.
A ciò ha fatto séguito, altresì, l'adozione del bando di gara per l'affidamento in concessione del servizio de quo, a sua volta impugnato dalla società ricorrente mediante la proposizione di un secondo atto di motivi aggiunti.

Non è utile soffermarsi, in tale sede, sulle doglianze concernenti il bando di gara. Occorre aggiungere, invece, che la citata gara è andata deserta – neppure il soggetto promotore vi ha preso parte – e, successivamente, la stazione appaltante ha deciso di bandire una nuova procedura di evidenza pubblica, mediante ripubblicazione degli stessi atti regolatori (bando e disciplinare) e fissazione di un termine pari a diciotto giorni per presentare offerta.
Tale ulteriore provvedimento è stato gravato mediante un terzo atto di motivi aggiunti, con cui la società ricorrente si è lamentata, in particolare, che l'amministrazione non avrebbe potuto mettere nuovamente a gara la stessa proposta, essendo venuto ormai a mancare un
promotore vincolato a realizzarla.

Le domande cautelari contenuti negli atti processuali della ricorrente sono state respinte e, all'esito dell'udienza pubblica del 9 febbraio 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.

Con la decisione in commento, il Giudice investito della controversia ha innanzitutto dichiarato la sopravvenuta improcedibilità del ricorso introduttivo del giudizio, dal momento che il provvedimento ivi impugnato era stato superato dal secondo provvedimento adottato dalla stazione appaltante, con cui quest'ultima ha proceduto alla comparazione delle proposte progettuali de quibus.

In secondo luogo, è stata ritenuta suggestiva, ma in ogni caso infondata, la censura della società ricorrente volta a sostenere l'illegittimità della scelta operata dalla stazione appaltante, sul presupposto che mentre la proposta del soggetto eletto quale promotore dell'iniziativa fosse stata oggetto di negoziazione con la committente, quella presentata dalla medesima ricorrente era invece sfuggita a qualsivoglia interlocuzione. Di qui, l'asserita violazione della par condicio, dal momento che, a dire della ricorrente, il procedimento finalizzato all'individuazione del soggetto proponente sarebbe sottoposto alle medesime regole delle procedure di evidenza pubblica, che comprendono, appunto, il pieno rispetto del principio sopra menzionato.

Il Tar ha motivato l'infondatezza della censura rilevando che, diversamente da quanto accade negli affidamenti in appalto, nella finanza di progetto la scelta del soggetto promotore dell'iniziativa è finalizzata a individuare una proposta proveniente da un soggetto privato che cooperi nella definizione del concreto interesse pubblico e non già, dunque, a scegliere un contraente fra gli operatori economici in gara.

Tale circostanza attribuisce alla stazione appaltante un'amplissima discrezionalità nel procedere con la scelta del promotore dell'iniziativa – rispetto alla quale, dunque, il sindacato del giudice è limitato – dal momento che essa, come anticipato, non è diretta all'individuazione della migliore fra una pluralità di offerte, bensì alla valutazione di un interesse pubblico che giustifichi, nell'ambito della programmazione delle opere pubbliche, l'accoglimento della proposta più idonea a perseguirlo, peraltro in un'ottica necessariamente collaborativa con il privato.

Ne consegue che, a fronte di una pluralità di proposte aventi analogo oggetto, l'amministrazione è tenuta a:
• valutare l'inerenza delle stesse all'interesse pubblico che si intende perseguire; e,
• qualora tale verifica dia esito positivo, a compararne il contenuto in ossequio ai princìpi generali di imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa, privilegiando l'offerta più rispondente all'interesse pubblico e idonea a giustificare l'inserimento del progetto a essa sotteso nelle proprie attività di programmazione.

Si tratta, dunque, di una scelta che sfugge ai princìpi delle procedure concorrenziali, rivelandosi essa alla stregua di uno strumento tramite il quale la pubblica amministrazione definisce di concerto con il privato un obiettivo di interesse pubblico da realizzare.

I princìpi concorrenziali troveranno invece applicazione nella seconda delle due fasi che connotano l'istituto della finanza di progetto , ossia nella fase di scelta del contraente nell'ambito della procedura di evidenza pubblica avente come oggetto la sottomissione di un'offerta in ordine al progetto di fattibilità presentato dal soggetto promotore e approvato dall'amministrazione.

Quanto, inoltre, alla presunta illegittimità della nuova gara, censurata dalla ricorrente con il terzo atto di motivi aggiunti, il Tar ha rilevato l'infondatezza della doglianza rilevando che nessuna disposizione normativa impedisce la possibilità di indire una nuova procedura di evidenza pubblica avente il medesimo oggetto né, in ogni caso, nel caso di specie è intervenuta alcuna revoca della dichiarazione di pubblico interesse della proposta, che deve quindi considerarsi ancora immanente.

Non è di specifico interesse rilevare, ai fini del presente commento, le ulteriori argomentazioni spese dal giudice per respingere i tre ricorsi per motivi aggiunti.
Posto quanto sopra, si riportano nel seguito alcuni brevi spunti di riflessione.

Si è già detto, come ribadito da un recente arresto giurisprudenziale, che per pacifica giurisprudenza "la fase preliminare di individuazione del promotore, ancorché procedimentalizzata, è connotata da amplissima discrezionalità amministrativa, tale da non potere essere resa coercibile nel giudizio amministrativo di legittimità (Cons. Stato, III, 20 marzo 2014, n. 1365; III, 30 luglio 2013, n. 4026; 24 maggio 2013, n. 2838; V, 6 maggio 2013, n. 2418), essendo intesa non già alla scelta della migliore fra una pluralità di offerte sulla base di criteri tecnici ed economici preordinati, ma alla valutazione di un interesse pubblico che giustifichi, alla stregua della programmazione delle opere pubbliche, l'accoglimento della proposta formulata dall'aspirante promotore (Cons. Stato, V, 31 agosto 2015, n. 4035)" (Tar Sicilia, Catania, Sez. I, 11 ottobre 2021, n. 3057).

Si è altresì detto, tuttavia – ed è stato confermato dalla pronuncia in esame – che a fronte di una pluralità di proposte progettuali ricevute, l'amministrazione è tenuta a compararne il contenuto in ossequio ai princìpi generali di imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa, dovendo successivamente pronunciarsi unicamente sulla proposta ritenuta maggiormente rispondente all'interesse pubblico che si intende perseguire e, quindi, idonea a essere inserita nelle proprie attività di programmazione.

A parere di chi scrive, l'imparzialità e la concorrenza sono princìpi che corrono su rette parallele, che non possono essere separati l'uno dall'altro, dunque, nella valutazione di legittimità di un provvedimento amministrativo che si innesta in un contesto anche in senso lato concorrenziale.

Basti citare, tra le varie, una recente pronuncia del Consiglio di Stato in ordine al principio di equivalenza, il quale risponde, "da un lato, ai principi costituzionali di imparzialità, buon andamento e libertà d'iniziativa economica privata e, dall'altro, al principio di libera concorrenza, che vedono quale corollario il favor partecipationis alle pubbliche gare (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 10 febbraio 2022, n. 1006). Il principio di equivalenza è, dunque, finalizzato ad evitare che un'irragionevole limitazione del confronto competitivo fra gli operatori economici precluda l'ammissibilità di offerte aventi oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e tuttavia formalmente privo della specifica prescritta (Cons. Stato, Sez. III, 7 gennaio 2022, n. 65; Sez. IV, 7 giugno 2021, n. 4353). Per giurisprudenza costante, l'interpretazione della lex specialis di gara deve essere, dunque, condotta secondo criteri di proporzionalità e di ragionevolezza, con la finalità di escludere soluzioni interpretative eccessivamente restrittive ed anticoncorrenziali, e, in caso di dubbi interpretativi, deve essere sempre preferita la soluzione che consenta la massima partecipazione alla gara (Cons. Stato, Sez. V, 25 marzo 2020, n. 2090)" (vds. Consiglio di Stato, Sez. V, 17 febbraio 2022, n.1186 ).

Applicando le citate coordinate ermeneutiche al caso di specie, si potrebbe sostenere, per analogia, che non può essere preclusa la valutazione di offerte tra loro analoghe nel perseguimento dell'interesse pubblico condiviso.

Non convince del tutto, infatti, la tesi secondo cui la valutazione di un interesse pubblico sfugga inevitabilmente alle logiche concorrenziali, laddove vi sia omogeneità, sovrapponibilità o semplice analogia delle proposte progettuali ricevute.

Non convince, in tal senso, la piana applicazione di tale orientamento giurisprudenziale al caso di specie, laddove si è attribuita una discrezionalità eccessiva alla pubblica amministrazione, la quale ha scartato la proposta progettuale della ricorrente non già perché meno idonea – rispetto all'offerta del soggetto eletto promotore – a perseguire l'interesse pubblico condiviso, ma solamente in quanto una valutazione comparativa più approfondita avrebbe aggravato il procedimento amministrativo e causato notevoli ritardi.

Si tratta di ragioni che, a parere di chi scrive, non sono idonee a fondare l'adempimento dell'amministrazione all'obbligo di pronunciarsi sulla proposta ritenuta maggiormente rispondente all'interesse pubblico che si intende perseguire.

Il Tar, dunque, nel caso di specie, anziché limitarsi a operare una piana applicazione dei princìpi enucleati dalla giurisprudenza di riferimento, avrebbe dovuto "spingersi un pochino oltre", arrivandosi a domandare, in particolare, se:

• l'interesse pubblico che si è inteso perseguire non avrebbe potuto essere perseguito più efficacemente con il progetto "scartato", dal momento che un'offerta è stata preferita a un'altra per mere ragioni organizzative e/o di non aggravamento del procedimento;
• nel bilanciamento degli interessi e dei principi di imparzialità e buon andamento, tali ragioni possano essere considerate prevalenti rispetto alla par condicio, che nel caso di specie non sembra essere stata garantita, e siano quindi tali da garantire comunque il rispetto del citato principio del buon andamento dell'azione amministrativa.

A fronte di tali domande, è lecito augurarsi che la società soccombente presenti appello avverso tale pronuncia, affinché il Consiglio di Stato possa rivalutare la questione de qua, abbandonando l'approccio pilatesco di piana applicazione dei princìpi enucleati dalla giurisprudenza di riferimento.

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*A cura dell'Avv. Daniele Archilletti, Lipani Catricalà & Partners

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