Civile

Finanziamenti con cessione del quinto della pensione, valido il patto con il quale il finanziatore si fa carico degli oneri di gestione Inps

La Cassazione, con la sentenza 24640/2021, ha enunciato un principio di diritto sul quale non risultano precendenti

di Mario Finocchiaro

La disposizione dell'articolo 1196 Cc - che pone le spese del pagamento a carico del debitore - può essere derogata sia da un accordo tra debitore e creditore, sia da un accordo tra debitore ceduto e finanziatore cessionario del credito. Deriva da quanto precede, pertanto, che in tema di finanziamenti personali garantiti da cessione del quinto della pensione, è valido il patto concluso mediante sottoscrizione del modulo di accreditamento con il quale l'istituto finanziatore, accreditato ma non convenzionato, si obblighi, accettando il regolamento approvato dall'Inps, a sostenere gli oneri di gestione delle cessioni sostenuti dall'istituto di previdenza. Questo il principio enunciato dalla Sezione I della Cassazione con la sentenza 13 settembre 2021 n. 24640.

Un principio innovativo
Questione nuova sulla quale non risultano precedenti.
Per qualche riferimento, e, in particolare, nel senso che la previsione, da parte dell'articolo 5 del Dpr 5 gennaio 1980 n. 180, della cedibilità, ai fini della estinzione di prestiti ottenuti alle condizioni stabilite dalla legge, "di quote di stipendio o salario fino al quinto dell'ammontare di tali emolumenti", costituente una delle eccezioni alla regola generale, posta dall'articolo 1, del divieto di fare oggetto di sequestro, pignoramento o cessione gli emolumenti di ogni tipo erogati nell'ambito del pubblico impiego, si riferisce, come evidenziato dalla chiara e restrittiva lettera della norma, alle sole erogazioni periodiche, percepite con continuità dal dipendente in attività di servizio, e quindi non trova applicazione con riferimento all'indennità di fine rapporto, Cassazione, sentenza 20 febbraio 1999, n. 1428, in Guida al diritto, 1999, fasc. 15, p. 39, con nota di Sacchettini E., La legge ammette il trasferimento limitato solo delle quote di stipendio e salario.

Il merito sul quinto dello stipendio
Per i giudici di merito, nel senso che la disciplina di cui al Drp n. 180 del 1950, relativa alla sequestrabilità e pignorabilità nei limiti di un quinto degli stipendi dei dipendenti dello stato e degli enti pubblici, può operare solo laddove concretamente risulti gravante a carico del debitore quale pubblico dipendente un reale limite alla disponibilità della retribuzione percepita che renda, di fatto, indisponibile quella parte di stipendio pignorata, ceduta, sequestrata oppure oggetto di delegazione o ritenuta o, ancora, assoggettata a prelievo diretto; tale circostanza non si verifica solitamente nel mutuo fondiario perché in esso non si riscontra alcun vincolo incidente sulla libertà della disponibilità della retribuzione, Tribunale di Castrovillari, 22 settembre 2013, in Corti calabresi, 2013, p. 886.

Riscossione di quote associative sindacali
In tema di riscossione di quote associative sindacali dei dipendenti pubblici e privati a mezzo di trattenuta ad opera del datore di lavoro, l'articolo 52 del Dpr 5 gennaio 1950 n. 180, come modificato dall'articolo 13-bis del decreto legge 14 marzo 2005 n. 35, convertito dalla legge 14 maggio 2005 n. 80, nel disciplinare tutte le cessioni di credito da parte dei lavoratori dipendenti, non prevede limitazioni al novero dei cessionari, in ciò differenziandosi da quanto stabilito dall'articolo 5, del medesimo Dpr, per le sole ipotesi di cessioni collegate all'erogazione di prestiti. Ne consegue che è legittima la suddetta trattenuta del datore di lavoro, attuativa della cessione del credito in favore delle associazioni sindacali, atteso, altresì, che una differente interpretazione sarebbe incoerente con la finalità legislativa antiusura posta a garanzia del lavoratore che, altrimenti, subirebbe un'irragionevole restrizione della sua autonomia e libertà sindacale, Cassazione, sentenza 17 febbraio 2012,n. 2314, in Lavoro nella giurisprudenza, 2013, p. 295, con nota di Cosattini L.A., Contributi sindacali e cessione del credito, nonché in Riv. it. dir. lavoro, 2012, II, p. 927, con nota di Spinelli G., Il pagamento dei contributi sindacali mediante ritenuta sulle retribuzioni. Orientamenti "consolidati" e nuove prospettive.
Sempre in tema di riscossione di quote associative sindacali si è precisato, altresì:
- il divieto di cessioni parziali di credito di natura retributiva da parte del lavoratori subordinati pubblici e privati, di cui all'articolo 5 Dpr 5 gennaio 1950 n. 180 come novellato dalle legge n. 311 del 2004 e n. 80 del 2005, non ha carattere generale, essendo limitato alla sola estinzione di prestiti contratti con soggetti diversi dagli istituti di credito indicati agli articoli 15 e 53 del testo unico, sicché sono consentite le cessioni parziali di crediti retributivi al datore di lavoro ai fini di contribuzione sindacale, Cassazione, sentenza 7 marzo 2012, n. 3546, in Mass, giur. lav., 2012, p. 921, con nota di Tamburro C., Contributi sindacali mediante cessione del credito retributivo: il problematico contemperamento degli interessi;
- a seguito dell'estensione alle aziende private del Dpr n. 180 del 1950, operata dall'articolo 1, 137º comma, legge n. 311 del 2004, i compensi erogati da privati datori di lavoro ai propri dipendenti non possono essere più ceduti, salve le eccezioni previste dal medesimo Dpr o da altre disposizioni di legge; a partire dal 1º gennaio 2005, quindi, la cessione dei crediti retributivi deve ritenersi lecita nell'ipotesi, individuata dagli articoli 5 e 52 del Dpr n. 180 del 1950, in cui la stessa sia funzionalmente orientata alla restituzione di un finanziamento erogato dagli istituti di cui all'articolo 15 stesso Dpr, non anche al pagamento delle quote associative sindacali, Tribunale di Torino, sentenza 18 novembre 2006, in Notiziario giurisprudenza del lavoro, 2006, p. 604.
In margine all'articolo 1, Dpr n. 180 del 1950, da ultimo, si è precisato, tra l'altro, che la costituzione volontaria di pegno su stipendi, salari, pensioni ed altri emolumenti di dipendenti pubblici (nella specie, quote di stipendio e Tfr), anche in ragione della sua causa concreta, ravvisabile ex latere creditoris nel vincolo sulla disponibilità degli emolumenti a garanzia del credito, è vietata ex articolo 1 del Dpr n. 180 del 1950 in forza dell'assimilazione funzionale di essa al pignoramento di crediti vietato, dalla citata norma, allo scopo di garantire la permanente destinazione dei detti emolumenti alla loro naturale funzione di fronteggiare i bisogni propri del dipendente e della sua famiglia, Cassazione, sentenza 29 gennaio 2021, n. 2151, in Foro it., 2021, I, c. 1708.

I limiti di pignorabilità degli stipendi
Sui limiti di pignorabilità degli stipendi dei pubblici dipendenti, si è affermato, tra l'altro:
- gli stipendi dei pubblici dipendenti sono pignorabili nei limiti del quinto, ma, allorché il pignoramento od il sequestro seguano ad una cessione, gli stessi, ai sensi del combinato disposto degli articoli 2, comma secondo, e 68 del Dpr 5 gennaio 1950 n. 180, incontrano l'ulteriore limite della metà complessiva, nel senso che in tal caso rimane pignorabile o sequestrabile esclusivamente la differenza tra la metà dello stipendio e la quota ceduta (e cioè, ove sia stata ceduta la quota massima di un quinto, la quota residua di tre decimi) e, poiché tale differenza normalmente supera un quinto, rimangono fermi il limite di un quinto per ciascun pignoramento ed i limiti previsti per il loro concorso (che, naturalmente, non potrà più raggiungere la metà dello stipendio, dovendosi sempre dedurre la quota ceduta), senza che possa ritenersi che l'articolo 68 sopracitato consente il cumulo solo per i pignoramenti per crediti alimentari, Cassazione, sentenza 22 aprile 1995, n. 4584, in Foro it., 1996, I, c. 3770, con nota di Acone M., Note in tema di oggetto del pignoramento dei crediti;
- in tema di limiti alla pignorabilità e sequestrabilità degli stipendi dei pubblici dipendenti, quali risultanti dalle parziali declaratorie - di cui alle sentenze della Corte Costituzionale n. 89 del 1987 e n. 878 del 1988 - di illegittimità costituzionale delle norme di previsione, qualora intervenga un pignoramento contenuto entro tali limiti (del quinto) successivamente ad una cessione di pari misura, regolarmente perfezionata e notificata, non è illegittima la coesistenza ed il cumulo delle due cause riduttive dello stipendio, non risultando superata quota complessiva della metà dello stipendio medesimo, posta dall'articolo 68 del Dpr n. 180 del 1950 quale limite assoluto per il concorso di cause siffatte, Cassazione, sentenza 9 maggio 1994, n. 4488, in Giust. civ., 1994, I, p. 1792, nonché in Giur. it., 1995, I, 1, c. 1740.

La giurisdizione
Sul problema della giurisdizione, quanto alle controversie in tema di trattenute sulle pensioni di pubblici dipendenti si è precisato:
- la controversia relativa alla ripetibilità, a mezzo trattenute da operare mensilmente sulla pensione di un pubblico dipendente, di importi indebitamente percepiti nel corso del rapporto di lavoro, non rientra nella giurisdizione della Corte dei conti, ma appartiene a quella del giudice del rapporto di pubblico impiego, da individuare - per situazioni soggettive relative a fatti materiali o atti successivi al 30 giugno 1998 - nel giudice ordinario, Cassazione, sez. un., sentenza 14 novembre 2018, n. 29284, resa in una fattispecie in cui il dipendente in quiescenza aveva contestato la ripetibilità di miglioramenti economici ricevuti sulla base di un titolo giudiziale esecutivo, poi riformato in appello;
- la controversia relativa alla determinazione dell'importo della trattenuta da operare mensilmente sulla pensione di un pubblico dipendente, per la restituzione di un prestito pluriennale concesso dall'Inpdap (oggi Inps), non rientra nella giurisdizione della Corte dei conti, appartenendo a quella del giudice del rapporto di lavoro, da individuare - per situazioni soggettive azionate dopo il 30 giugno 1998 - nel giudice ordinario, Cassazione, sez. un., ordinanza 17 aprile 2014, n. 8930.

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