Civile

Fondi Fesr, niente compenso ai progettisti se il Comune non ottiene il finanziamento

È valida la clausola potestativa mista, per cui la realizzazione dell’evento dipende in parte dal caso, in parte dalla volontà di uno dei contraenti

di Gennaro Grimolizzi

È legittimo non pagare il compenso ai professionisti che hanno elaborato un progetto se l’incarico conteneva una clausola per cui le competenze professionali sarebbero state corrisposte solo se il progetto avesse ottenuto un finanziamento regionale. Né rileva che il finanziamento non sia stato concesso per la «non comprovata disponibilità di fondi propri» da parte del richiedente per cofinanziare il progetto. È quanto emerge dalla sentenza 2926 del 26 luglio 2021 con cui la Corte d’appello di Napoli (presidente D’Ambrosio, estensore Marinaro) ha confermato la pronuncia di primo grado e respinto l’appello proposto da due professionisti che chiedevano di condannare il Comune che aveva affidato loro l’incarico al risarcimento dei danni per il mancato pagamento della parcella.

La controversia tra i professionisti e l’ente trae origine dall’incarico di progettazione affidato ai primi per la costruzione di un mercato ortofrutticolo che avrebbe dovuto beneficiare di fondi del programma Fesr 1995-1999. Il progetto per la realizzazione dell’opera non è stato ammesso al finanziamento appunto per la «non comprovata disponibilità di fondi propri» da parte del Comune, con la conseguenza che nessun compenso è stato riconosciuto ai professionisti.

I professionisti appellanti contestano all’ente di non aver fatto tutto il possibile per ottenere il finanziamento. Il Comune, infatti, pur disponendo di fondi propri per partecipare al progetto, non avrebbe fornito la documentazione richiesta per dimostrare la propria capacità finanziaria. Inoltre i professionisti rilevano che, al momento dell’esclusione dai finanziamenti, l’ente non ha impugnato dinanzi al Tar il provvedimento di esclusione.

La difesa del Comune, dal canto suo, ha rimarcato la correttezza della procedura per ottenere il finanziamento dell’opera e l’esenzione da ogni responsabilità per aver posto in essere tutti gli adempimenti necessari e indispensabili previsti dalla legge e dal relativo bando di gara.

La sentenza della Corte d’appello di Napoli si snoda sulla condotta dell’ente e sui risultati conseguiti. Il Comune non è stato inerte o passivo. La difesa ha rilevato che la partecipazione finanziaria dell’ente non era da considerarsi una condizione per accedere al finanziamento; era, invece, una condizione di priorità in caso di punteggio ottenuto a parità con un altro ente. Le argomentazioni dei giudici di secondo grado vertono sull’orientamento che tiene conto della natura giuridica della condizione al cui avveramento era subordinato, nel caso in questione, il compenso del professionista. La pattuizione in esame è da considerare come «condizione potestativa mista», vale a dire «un evento la cui realizzazione dipende in parte dal caso, in parte dalla volontà di uno dei contraenti» per cui la «natura potestativa della detta clausola non esclude l’operatività della disposizione di cui all’articolo 1358 del Codice civile (comportamento delle parti in stato di pendenza, ndr)».

La Corte d’appello evidenzia che «detta clausola dunque deve ritenersi valida, in quanto non si pone in contrasto col principio di inderogabilità dei minimi tariffari, non vìola i principi di imparzialità e buon andamento della Pa (articolo 97 Costituzione), perché subordinare il compenso del professionista all’effettivo finanziamento dell’opera è garanzia di un accorto uso del denaro pubblico». Di qui l’altro rilievo dirimente, secondo il quale «la partecipazione finanziaria del Comune non era una condizione per accedere al finanziamento, ma costituiva soltanto titolo preferenziale in caso di parità di punteggio ottenuto» con conseguente riconoscimento di una condotta incontestabile sotto i profili della correttezza e della buona fede. «In tema d’indebito arricchimento della Pa», scrivono i giudici della Corte d’appello di Napoli, «il professionista che abbia eseguito un progetto per una prestazione professionale condizionata alla concessione di un finanziamento da parte di un ente terzo, con accettazione della condizione della rinuncia al compenso in caso di mancato conferimento del finanziamento, non ha diritto all’indennità, ai sensi dell’articolo 2041 del Codice civile, solo perché il suo progetto sia stato allegato alla richiesta di finanziamento, in quanto il mero invio del progetto, cui la Pa non può sottrarsi senza violare l’articolo 1357 del Codice civile, non costituisce riconoscimento implicito dell’utilità della prestazione professionale eseguita».

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