Fondi patrimoniali, la fideiussione non basta per agire sui beni vincolati
Per la Cassazione non c’è automatismo tra natura del debito e bisogni familiari
Per contestare il diritto del creditore ad agire esecutivamente sui beni vincolati in fondo patrimoniale, il debitore opponente deve dimostrare che il suo debito è stato contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia, in quanto, secondo l’articolo 170 del Codice civile, i beni del fondo patrimoniale possono essere escussi solo per debiti contratti per soddisfare i bisogni della famiglia del debitore. E questa dimostrazione non può essere automaticamente desunta dal fatto che il debito in questione deriva dal rilascio di una fideiussione a favore di una società.
È quanto deciso dalla Cassazione nell’ordinanza n. 29983 del 25 ottobre 2021 che, specularmente, fa il paio con l’ordinanza n. 2904 dell’8 febbraio 2021 (si veda il Sole 24 Ore dell’8 marzo 2021) ove è stato stabilito che il creditore non può pretendere di ricavare, dal solo fatto del rilascio di una fideiussione prestata in relazione a un’attività imprenditoriale, la prova che si tratti di un debito contratto «nell’interesse della famiglia», argomentando che, in tanto l’attività lavorativa viene svolta da una persona, in quanto da essa vengono ricavate le risorse occorrenti per provvedere ai bisogni della famiglia.
Non c’è automatismo
Insomma, sia il creditore agente che il debitore opponente non soddisfano l’onere della prova se si limitano a pretendere l’esistenza di un automatismo tra la natura del debito e la sua qualità di debito contratto «per scopi estranei ai bisogni della famiglia» (articolo 170 del Codice civile).
Anche dalla lettura della decisione n. 29983/2021 pare dunque intravvedersi continuità nell’orientamento della Cassazione (già espresso nelle decisioni n. 8201/2020 e n. 2904/2021) secondo il quale, differentemente da un più rigido orientamento precedente, nel concetto di “bisogno della famiglia” non deve indistintamente farsi rientrare l’assunzione di qualsiasi «vincolo obbligatorio idoneo a determinare un arricchimento indiretto del nucleo familiare», il cui inadempimento legittimerebbe, dunque, il creditore a soddisfarsi anche sui beni che siano vincolati nel fondo patrimoniale.
Più autonomia tra i coniugi
Questo mutato orientamento della Cassazione prende corpo dal rilievo che il modello familiare nel tempo si è evoluto, tendendo a bilanciare gli interessi della famiglia con quelli del singolo coniuge e a valorizzare le scelte di libertà individuale nonché l’autonomia dei coniugi, pur sempre fermo restando il loro dovere di contribuzione al mantenimento della famiglia e dei figli. Pertanto, se è vero che ogni ricchezza individuale è potenzialmente idonea ad arrecare un vantaggio al nucleo familiare, la nozione di obbligazione contratta per i bisogni della famiglia «deve avere una portata più circoscritta» in quanto, altrimenti, si vanificherebbe ogni possibilità per il debitore di dimostrare che il creditore riconoscesse l’obbligazione contratta per scopi estranei ai bisogni della famiglia del debitore (e quindi non escutibile sui beni del fondo patrimoniale).
Se ogni vincolo obbligatorio utile a accrescere il patrimonio familiare fosse inteso come contratto per soddisfare i bisogni della famiglia del debitore, sarebbe impossibile per costui dimostrare il contrario. Inoltre, se i coniugi costituiscono un fondo patrimoniale, per ciò stesso esprimono una scelta che tende a separare le risorse che si intendono destinate a soddisfare le esigenze della famiglia da quelle destinate ad altra finalità.
Ad esempio, nell’ordinanza n. 15741/2021, la Cassazione ha riconosciuto i beni vincolati nel fondo patrimoniale come non suscettibili di esecuzione forzata se il debito contratto da uno dei coniugi ecceda il dovere che egli ha di procurarsi il fabbisogno occorrente per adempiere al suo obbligo di contribuzione per il mantenimento della famiglia e dei figli. È il caso, ad esempio, del debito contratto per «esigenze di natura voluttuaria» o per «interessi meramente speculativi».
DOMANDE E RISPOSTE
1. Cosa si intende per «bisogni della famiglia»?
È un concetto che non va concepito in senso restrittivo, riferito cioè solo alla necessità di soddisfare le esigenze indispensabili per l'esistenza della famiglia. Va , invece, inteso nel senso di ricomprendere anche le esigenze volte al pieno mantenimento, al benessere e all'armonico sviluppo della famiglia, nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa: restano quindi escluse solo le esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi
Cassazione, sentenze 134/1984, 4011/2013, 5385/2013, 20998/2018
2. Quali sono i debiti contratti per soddisfare i bisogni della famiglia?
L'escussione dei beni vincolati nel fondo patrimoniale può avere luogo solo se l'origine del rapporto obbligatorio ha inerenza diretta e immediata con i “bisogni della famiglia”. Il criterio identificativo dei crediti il cui soddisfacimento può essere realizzato in via esecutiva sui beni vincolati nel fondo patrimoniale va dunque ricercato non già nella natura (contrattuale o extra contrattuale) delle obbligazioni assunte ma nella relazione esistente tra gli scopi per cui i debiti sono stati originati e i bisogni della famiglia
Cassazione, sentenze 11230/2003, 12998/2006, 15862/2009, 16176/2018
3. Il debito originato per ragioni professionali o imprenditoriali si intende contratto per soddisfare i bisogni della famiglia?
Non c'è automatismo tra debito lavorativo e soddisfazione dei bisogni della famiglia (pur se l’attività lavorativa è precipuamente svolta per procurare le risorse occorrenti a soddisfare i bisogni della famiglia) né, al contrario, estraneità tra debito lavorativo e bisogni della famiglia. Estraneità o inerenza devono essere oggetto di prova specifica e non possono essere presunte.
Cassazione 29983/ 2021; 15741/2021; 2904/2021; 8201/2020
4. Il fondo patrimoniale è revocabile? Anche l'atto di profondo valore etico è revocabile?
L'istituzione del fondo patrimoniale può essere dichiarata inefficace con l’azione revocatoria ordinaria, se ne sussistano i presupposti. L’azione non è limitata dal fatto che l’atto oggetto di revoca abbia «un profondo valore etico e morale», come, ad esempio, il trasferimento della proprietà di un bene effettuato a seguito di una separazione per adempiere all’obbligo di mantenere figli e coniuge.
Cassazione, sentenze 4933/2005; 2604/1994; 11537/2002; 15603/2005; 966/2007; 24757/2008