Responsabilità

Fondo rischi per la c.d. “auto-assicurazione” delle strutture sanitarie, i rapporti tra fondo rischi e polizze assicurative

L’ultimo contributo dello Speciale è dedicato agli scenari di transizione dal regime di auto-ritenzione all’assicurazione e le possibili difficoltà nel percorso di adeguamento alle previsioni del D.M. n. 232/2023

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di Alberto Quagli e Mario Capecchi*

La quantificazione del fondo rischi può essere variamente influenzata dalla eventuale stipulazione di polizze assicurative. A tal riguardo, è necessario osservare che il decreto in esame espressamente prevede che le polizze di assicurazione per la R.C. sanitaria debbano essere stipulate nella forma claims made (art. 5 c. 1), cioè l’assicuratore debba tenere indenne la struttura dalle conseguenze delle domande risarcitorie ricevute nel corso del periodo assicurato, a prescindere dal momento nel quale si è verificata la condotta generatrice del danno (purchè lo stesso non risalga a oltre dieci anni prima del periodo di validità della polizza). Tale modello assicurativo è ben distante dal tradizionale modello loss occurrence (che resta utilizzato, ad esempio, in ambito RC Auto) in forza del quale l’assicuratore si impegna a tenere indenne l’assicurato da tutte le conseguenze dannose delle condotte dannose che si verificheranno nel periodo di copertura, indipendentemente dal momento nel quale verranno ricevute le richieste risarcitorie.

Tale differenza è destinata a riflettersi sulla contabilizzazione dei rischi perché la stipulazione di una polizza claims made non è in grado di esternalizzare integralmente e definitivamente i rischi che si generano nel corso dell’esercizio nel corso del quale la polizza viene stipulata (e per i quali deve essere accantonato il fondo rischi), a differenza di quanto avverrebbe nel caso di stipulazione di polizza loss occurrence: solo in quest’ultimo caso, infatti, la stipulazione della polizza consentirebbe alla struttura di esternalizzare definitivamente i rischi che dovessero sorgere nel corso del periodo assicurato con la conseguenza di non richiedere alcun accantonamento nel fondo rischi per i rischi derivanti dallo svolgimento dell’attività sanitaria nel periodo assicurato.

La polizza claims made, invece, consente una esternalizzazione dei rischi che possono verificarsi nel periodo assicurato che è:

  • non integrale: perché si verifica limitatamente a quei rischi per i quali verrà presentata domanda risarcitoria durante la vigenza dell’assicurazione;
  • non definitiva: in quanto è destinata a cessare (anche per i rischi già esistenti ma che ancora non siano stati oggetto di domanda risarcitoria) qualora l’assicurazione non venga rinnovata.

Per tendere a un trasferimento integrale e definitivo dei rischi nei confronti del mercato assicurativo mediante polizza claims made, è necessario che la struttura sanitaria si mantenga costantemente assicurata fino a quando il rischio (generato anche negli esercizi precedenti) persiste. Quanto finora esposto rappresenta una semplificazione che non tiene conto né delle note problematiche che possono condurre ai c.d. “vuoti di copertura”, né della possibilità che la polizza preveda deeming clause, ma una compiuta analisi di tali situazioni esulerebbe dalle finalità del presente contributo e verrà affrontata in altra sede.

I diversi scenari che possono presentarsi

Fatte tali premesse è ora possibile passare ad esaminare i diversi scenari che possono presentarsi.

1) La prima possibilità è che la struttura opti per una completa esternalizzazione del rischio stipulando una polizza senza alcuna franchigia o S.I.R. (ipotesi disciplinata dall’art. 14). In tal caso (fermo restando l’obbligo di adottare il sistema di monitoraggio del rischio previsto dall’art. 17), la costituzione del fondo rischi potrebbe non essere necessaria qualora la polizza abbia una durata tale (ovvero già si preveda la stipulazione di nuova polizza alla scadenza del periodo assicurato) da far ragionevolmente ritenere che tutti i rischi che sono stati generati nell’esercizio verranno trasferiti al mercato assicurativo con la polizza in corso e/o con le successive: considerando ottimisticamente che i rischi siano destinati a estinguersi per prescrizione decorsi 10 anni dal fatto che li ha generati, si potrà soprassedere ad alimentare il fondo rischi solo quando la struttura abbia già regolarmente (cioè con una delibera assunta ai sensi dell’art. 9 c.2.sulla base dei dati ricavati dal monitoraggio di cui all’art. 17) ipotizzato di mantenere in essere la copertura assicurativa per i prossimi dieci anni.

Qualora, invece, la decisione del passaggio al sistema assicurativo non sia certa nel medio-lungo periodo, la struttura (seppure assicurata), dovrà accantonare un fondo rischi per la gestione di quei rischi che sono destinati a tradursi in una domanda risarcitoria da ricevere dopo il termine del periodo per il quale la struttura ha già maturato la decisione di mantenere in essere la copertura assicurativa (ciò, ovviamente, dovrà avvenire sulla base dei dati relativi alla curva di diminuzione del rischio in funzione dell’approssimarsi della prescrizione che deve comunque essere calcolata nell’ambito delle funzioni di cui all’art. 17). Naturalmente, tale fondo potrà poi essere svincolato qualora la struttura decida successivamente di stipulare ulteriori polizze assicurative. La stipulazione della polizza non ha invece alcuna incidenza sul fondo riserva sinistri il quale dovrà continuare ad essere gestito fino all’esaurimento dei sinistri precedenti la stipulazione della polizza, come previsto dall’art. 14.

2) La seconda possibilità è che è la struttura opti per un sistema misto nel quale solo i sinistri di importo superiore alla franchigia o alla SIR verranno esternalizzati, con conseguente auto ritenzione dei rischi fino a tale importo: in tal caso, fermo restando il monitoraggio di tutti i rischi (sopra e sotto SIR) previsto dall’art. 17, l’accantonamento del fondo rischi dovrà avere ad oggetto solo i rischi di valore inferiore alla soglia di auto-ritenzione (fermo restando quanto già esposto al punto precedente relativamente alla durata prevista del periodo di assicurazione e al possibile accantonamento per il periodo successivo allo stesso).

Gli scenari di transizione

Restano, infine, da esaminare gli scenari di transizione dal regime di auto-ritenzione all’assicurazione e viceversa.

Nel primo caso, non ci sono particolari differenze rispetto a quanto già esposto poc’anzi per l’assicurazione, se non che, qualora tale passaggio dovesse avvenire dopo che fosse già stato costituito un fondo rischi, quest’ultimo potrà essere ridotto o azzerato in funzione della prevedibile durata del passaggio al regime di assicurazione. In ragione della riduzione delle passività che discende dal passaggio all’assicurazione, il comma secondo dell’art. 10 del decreto in esame, impone tale transizione alle strutture che non siano in grado di ricostituire il fondo rischi dopo che quest’ultimo, a seguito della trasmigrazione di cui all’art. 12, si dimostri insufficiente a far fronte ai rischi attesi.

Più complicato è, invece, il passaggio dall’assicurazione all’auto-ritenzione. In questo caso, infatti, la struttura dovrà farsi carico (per i sinistri fino alla soglia di auto-ritenzione, nel caso di passaggio al sistema misto, integralmente in caso di auto-ritenzione totale) del rischio di sinistri conseguenti non solo a fatti che ancora devono verificarsi, ma anche conseguenti a fatti già accaduti e per i quali ancora non sia stata ricevuta la domanda risarcitoria (e anche tale dato dovrà essere calcolato sulla base della “curva” di ritardo delle richieste risarcitorie rispetto al verificarsi della causa di sinistro e al tasso di casi in cui si ritiene possa maturare la prescrizione che ciascuna struttura dovrà mettere a punto sulla base dei dati raccolti).

Entrata in vigore del dm

Alcune questioni si pongono in relazione alla individuazione dell’esercizio a partire dal quale sarà necessario che il bilancio venga approvato in conformità alle nuove disposizioni.

Il decreto è entrato in vigore dopo l’ordinaria vacatio legis di 15 giorni il 16 marzo 2024, tuttavia, l’art. 18 ai commi 2 e 4 prevede un periodo transitorio di 24 mesi, in relazione ad alcuni adempimenti in tema di polizze assicurative e di adozione di analoghe misure.

Per ciò che in questa sede maggiormente interessa, l’art. 18 c. 4 stabilisce che “Le strutture sanitarie adeguano le misure organizzative e finanziarie previste al Titolo III entro 24 mesi dall’entrata in vigore del presente decreto”.

Il primo punto da affrontare è quello della interpretazione di tale disposizione per valutare se la stessa preveda un rinvio della entrata in vigore delle disposizioni in tema di analoghe misure, ovvero solo una moratoria per l’adeguamento alle stesse.

Quest’ultima soluzione pare da prediligere in quanto più aderente al tenore letterale della disposizione ed è già stata accolta dalla giurisprudenza con riferimento al secondo comma del medesimo articolo 18 con riferimento al delicato tema dell’azione diretta. A tal proposito è necessario ricordare che l’art. 12 comma sei della legge Gelli, in tema di esperibilità dell’azione diretta del danneggiato nei confronti della compagnia assicuratrice della struttura sanitaria, prevede che “Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 6 dell’articolo 10 con il quale sono determinati i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie e per gli esercenti le professioni sanitarie.” 

L’esperibilità dell’azione diretta è stata quindi impossibile fino all’emanazione del decreto in esame e, dopo il 16 marzo 2024 ci si è posti il problema se il presupposto previsto dall’art. 12 c. 6 si fosse già verificato con l’entrata in vigore del decreto, ovvero se la previsione contenuta nell’art. 18 c. 2 (ove è scritto che “entro 24 mesi dall’entrata in vigore del presente decreto (…) gli assicuratori adeguano i contratti di assicurazione (….)) comportasse un differimento di 24 mesi di tutte le disposizioni in tema di assicurazione, ivi compresa quella in tema di azione diretta, ovvero se quest’ultima fosse già immediatamente esperibile. A tal riguardo, la giurisprudenza si è espressa nel senso della immediata esperibilità dell’azione diretta.

In ragione di quanto sopra, si deve ritenere che le norme del decreto in tema di analoghe misure siano in vigore dal 16 marzo 2024 e che le strutture possano godere, fino al 16 marzo 2026 di una moratoria che consente di ritardare fino a tale data l’adeguamento delle “misure organizzative e finanziarie previste al Titolo III” (intitolato “Requisiti minimi di garanzia e condizione di operatività delle misure analoghe”, che comprende gli articoli da 9 a 17).

Quanto finora osservato consente di ritenere che il bilancio dell’esercizio 2024 potrà sicuramente essere redatto anche in difformità dalle previsioni del decreto perché dovrà essere approvato nel 2025, anno nel quale, sebbene le norme del decreto saranno già in vigore, la struttura (in virtù della predetta moratoria) potrà legittimamente sostenere di non essere in grado di procedere a determinare l’accantonamento per il fondo rischi in quanto ancora non sono stati effettuati tutti gli adeguamenti organizzativi necessari al corretto calcolo dell’accantonamento per lo stesso.

Ovviamente, essendo già le norme del decreto in vigore, nulla vieta che anche il bilancio di tale esercizio venga approvato già nel rispetto delle stesse.

Simmetricamente, si deve ritenere che il bilancio per l’esercizio 2026 dovrà essere sicuramente redatto in conformità alle disposizioni del decreto perché in tale esercizio (e, a maggior ragione, nel 2027 anno in cui tale bilancio dovrà essere approvato) le strutture dovranno già essersi uniformate al contenuto del decreto e, quindi, fuori dal periodo di moratoria.

Più controversa (e meritevole di un futuro, ulteriore, approfondimento) è la situazione con riferimento al bilancio 2025, che dovrà essere approvato nel 2026, con riferimento al quale possono darsi due ipotesi.

La prima ipotesi (che, probabilmente, riguarderà un numero esiguo di casi) è che il bilancio 2025 venga approvato prima del 16 marzo 2026: in tal caso, la situazione sarà del tutto identica a quella di cui si è dato conto per il 2024.

La seconda ipotesi (che, probabilmente, riguarderà la maggior parte delle strutture) è che il bilancio 2025 venga approvato dopo il 16 marzo 2026: in attesa di ulteriori approfondimenti che si rinviano a un ulteriore contributo, si ritiene che, a tale data, la struttura dovrebbe aver già completato l’adeguamento organizzativo alle disposizioni del decreto e, pertanto, non vi sarà più alcuna ragione per cui si possa approvare un bilancio privo del corretto stanziamento del fondo.

Va inoltre considerato che larga parte delle strutture sanitarie sono tenute a redigere il bilancio indicando in comparazione i dati dell’esercizio precedente: pertanto, qualora il bilancio 2025 venga approvato dopo il 16 marzo 2026 e, quindi, con il relativo fondo rischi, sarà necessario fare analogo procedimento per il 2024 così da poter inserire il dato di quest’ultimo esercizio in comparazione.

Questo passaggio rappresenta un cambio “obbligato” di criterio contabile e quindi, da regola generale di cui all’OIC 29, richiederà un’applicazione retrospettica anche al bilancio dell’esercizio precedente. Se il primo esercizio di adozione effettiva delle nuove regole sarà il 2025, l’impatto contabile del cambiamento, sempre da regola generale di cui all’OIC 29, si rifletterà in una variazione di riserva del patrimonio netto all’inizio del esercizio 2024.

Questo principio generale, sempre che non sia modificato da eventuali successive disposizioni, implica che in ogni caso l’esercizio 2025 dovrà tenere conto delle nuove regole per la rilevazione del fondo.

Val la pena di segnalare che il suddetto principio dell’applicazione retrospettica all’esercizio precedente può esserderogato quando “dopo aver fatto ogni ragionevole sforzo, non è fattibile determinare l’effetto di competenza dell’esercizio precedente, o ciò risulti eccessivamente oneroso”, situazione che probabilmente si verificherà in molti casi.

Le possibili difficoltà nel percorso di adeguamento alle previsioni del decreto

Le considerazioni che precedono impongono di valutare quali potranno essere le principali difficoltà che le strutture sanitarie dovranno affrontare entro il marzo 2026 per ottemperare a quanto previsto dal decreto.

Si possono individuare, una di tipo organizzativo e una di tipo economico.

Sotto il profilo organizzativo, la principale difficoltà (che, peraltro, è generale, nel senso che riguarderà tutte le strutture e non solo quelle che opteranno per l’auto-ritenzione totale o parziale) riteniamo sarà rappresentata dalla costituzione del sistema di monitoraggio del rischio e, in particolare, dalla creazione della serie storica. Tali operazioni richiedono la raccolta e la organizzazione di una serie di informazioni che, nella maggior parte delle strutture, sono trattate da articolazioni interne differenti (ufficio sinistri, risk management, affari generali, amministrazione) e, per le strutture che abbiano stipulato polizze assicurative, dovranno essere in parte richieste alla compagnia (o alle compagnie, nel caso se ne siano succedute più di una nell’ultimo quinquennio). Tale operazione si presenta particolarmente delicata soprattutto perché non deve essere compiuta “una tantum” ma è destinata ad essere eseguita “su base continuativa” e, perciò, è opportuno che venga preceduta da una accurata progettazione dei flussi informativi e degli strumenti mediante i quali gestirli sia nella fase di avvio che in quella di costante aggiornamento. Tale compito richiederà anche la scelta e la configurazione degli strumenti informatici che dovranno garantire massima efficienza operativa sia nella comunicazione dei dati tra le diverse articolazioni interne coinvolte così da agevolare la logica dei “compartimenti stagni” che spesso si creano all’interno delle organizzazioni più complesse, sia sotto il profilo della loro elaborazione, estrazione ed aggregazione per le molteplici diverse e connesse finalità coinvolte dal trattamento (oltre alla quantificazione dei fondi, i dati potranno essere consultati ed elaborati anche per finalità quali, il risk management sanitario, la gestione della qualità, la revisione contabile del bilancio, etc. etc.).

Tale progettazione dovrà inoltre avvenire nel rispetto delle disposizioni del GDPR (e, in particolare, dei principi di privacy by design e di necessità) e ciò può comportare non poche difficoltà laddove si pensi che i dati da trattare sono tipicamente contenuti in documenti sanitari (si pensi alla cartella clinica o alle relazioni sanitarie e/o medico-legali) ma dovranno essere trattati da personale e, soprattutto, per finalità che nulla hanno a che vedere con la cura del paziente, con la conseguenza che sarà necessario implementare un procedimento di estrazione dei dati necessari, ovvero di oscuramento delle parti dei documenti contenenti i dati non di interesse del destinatario della comunicazione.

L’adeguamento alle misure previste dal decreto è inoltre destinata a rivelarsi particolarmente gravosa sotto il profilo economico perché le strutture si vedranno costrette ad aumentare notevolmente (orientativamente si può pensare ad un raddoppio) gli accantonamenti per l’autoritenzione per un periodo che si può stimare di almeno 2 o 3 esercizi.

Infatti, in una prima fase, la struttura dovrà stanziare accantonamenti per il fondo rischi (destinate a neutralizzare i rischi derivanti dallo svolgimento dell’attività nell’esercizio per il quale viene redatto il bilancio) e dovrà, inoltre continuare a prevedere appostamenti per il fondo riserva sinistri (che andranno a neutralizzare gli effetti economici delle richieste risarcitorie relative a fatti occorsi negli esercizi precedenti). Tale gravoso impegno è destinato a ridursi non appena il fondo riserva sinistri verrà sostanzialmente “alimentato” dal fondo rischi tramite il meccanismo della trasmigrazione dal fondo rischi a quello per la riserva sinistri.

Tale inversione di tendenza dovrebbe iniziare non appena saranno state ricevute la maggior parte delle richieste risarcitorie relative ai rischi del primo esercizio nel quale verrà appostato il fondo rischi ed è prevedibile che ciò non possa avvenire prima, almeno, di un paio di esercizi.

Superato tale momento il nuovo sistema potrà dirsi essere entrato “a regime” e l’accantonamento per il fondo rischi dovrebbe tendenzialmente sostituire quello che attualmente alimenta il fondo sinistri perché quest’ultimo (quantomeno in una visione ideale) dovrebbe richiedere accantonamenti ulteriori rispetto a quelli oggetto di trasmigrazione dal fondo rischi solo laddove questi ultimi si dovessero rivelare insufficienti rispetto alla misura che il rischio renderà necessaria una volta che si sia trasformato in sinistro.

Fino a tale momento, tuttavia, l’auto-ritenzione richiederà un impegno economico assai superiore a quello attuale e ciò potrebbe essere difficilmente sostenibile per molte strutture.

Sotto questo profilo il legislatore ha forse errato a non prevedere un meccanismo di introduzione progressiva del nuovo assetto (come sarebbe potuto avvenire laddove fosse stato previsto che, per il primo anno, le strutture debbano accantonare almeno un terzo delle somme previste per fare fronte ai rischi, due terzi il secondo anno per poi giungere alla stima intera con il terzo anno).

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*A cura di Alberto Quagli, Professore ordinario di Economia Aziendale – Dipartimento di Economia, Università di Genova e Marco Capecchi, Professore associato di diritto privato – Dipartimento di Giurisprudenza, Università di Genova

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