Penale

Forum shopping e reati tributari dichiarativi

Con la sentenza n. 27606/2020, la Terza Sezione della Cassazione Penale offre interessanti spunti di riflessione sulla normativa applicabile per delineare il luogo di consumazione dei delitti tributari c.d. dichiarativi e, di riflesso, l'organo giudicante territorialmente competente

di Paolo Comuzzi, Mattia Miglio


Nella vicenda che ci occupa, all'odierno imputato veniva appunto contestata la violazione dell'art 5 D.Lgs. 74/2000 e nell'ambito del procedimento veniva emesso decreto di sequestro preventivo, che veniva confermato dal Tribunale del Riesame.

Nel confermare tale ordinanza, la Suprema Corte - come accennato - si sofferma sui profili di competenza territoriale, dal momento che la difesa aveva rilevato il difetto di competenza del Tribunale di Avellino - ove era pendente il procedimento e ove si trovava la sede effettiva dell'impresa - in luogo del Tribunale di Lagonegro, autorità competente - a detta della difesa - dal momento che l'impresa aveva trasferito la propria sede legale in un comune lucano, ove si trovava l'ufficio del consulente fiscale della Società.

Scorrendo le motivazioni, la Suprema Corte - in conformità con il consolidato orientamento giurisprudenziale - statuisce che - ai fini della determinazione della competenza territoriale ai sensi dell'art. 18 comma 2 D.Lgs. 74/2000 - assume rilevanza non tanto la sede legale formale dell'impresa quanto "la sede effettiva dell'impresa" (p. 3), sia essa coincidente o meno con la sede legale della Società.

Tale soluzione viene suffragata da una serie di argomentazioni e, in primis, dale indicazioni presenti nella Relazione governativa di accompagnamento al D.Lgs. 74/2000, in cui si evidenzia che "il comma 2 dell'art.18 detta "disposizioni specifiche, intese a risolvere in via normativa i problemi connessi all'individuazione del giudice competente in ordine a determinate ipotesi di reato [...].

Relativamente ai delitti in materia di dichiarazione, tali problemi si connettono al nuovo sistema di trasmissione dei dati in via telematica attraverso soggetti abilitati: sistema che, ove si abbia riguardo al luogo dal quale la trasmissione parte, consentirebbe, in pratica, all'autore dell'illecito di "scegliersi" il giudice competente con il semplice accorgimento di incaricare della trasmissione stessa un soggetto abilitato che operi nel luogo ritenuto più conveniente; mentre, ove si abbia riguardo al luogo in cui i dati confluiscono, porterebbe all'inaccettabile risultato di concentrare la competenza per tutti i reati presso il Tribunale di Roma, stante la gestione centralizzata del materiale informatico. A fronte di ciò, si è dunque stabilito che i reati in questione debbano considerarsi consumati nel luogo in cui il contribuente ha il domicilio fiscale, salva l'applicabilità del criterio suppletivo del luogo dell'accertamento laddove detto domicilio risulti ubicato all'estero" (pp. 3-4).

Ne consegue pertanto che "sarebbe allora del tutto contraddittorio ritenere che il legislatore si sia posto il problema di evitare che il contribuente, nella prospettiva di incorrere nella leva penale per i reati in materia di dichiarazione, scegliesse il giudice competente inoltrando la comunicazione telematica da un luogo piuttosto che da un altro, determinando di volta in volta la consumazione del reato, per poi consentire, attraverso un particolare "criterio di collegamento" interno, il perseguimento, di volta in volta, del medesimo scopo consentendo al contribuente di scegliere, anche in virtù di determinazioni successive attraverso il continuo mutamento della sede legale, il domicilio fiscale" (p. 4).

Di conseguenza, per sede - la cui nozione risulta essere determinante per l'individuazione della competenza territoriale - si intende "il luogo in cui l'ente ha il centro principale della sua attività e tale luogo - indicato nell'atto costitutivo, nello statuto e riportato nel registro delle imprese - può essere diverso da quello in cui convenzionalmente è stata stabilita la sede legale, per cui in tal caso rimane solo il dato formale della indicazione "legale" della sede ma questa è, secondo il principio di effettività, altrove" (p. 5).

Tale conclusione - conforme al principio di effettività - non è affatto una peculiarità del diritto penale tributaria ma trova spazio anche in altri rami del nostro ordinamento giuridico, quali il ramo tributario, il diritto civile, il diritto processuale civile e il diritto fallimentare, "dove per sede (effettiva) si intende il luogo ove hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell'ente e si convocano le assemblee, e cioè il luogo deputato, o stabilmente utilizzato, per l'accentramento, nei rapporti interni e con i terzi, degli organi e degli uffici societari in vista del compimento degli affari e dell'impulso dell'attività dell'ente (Infatti, anche per la dichiarazione di fallimento si deve guardare alla sede effettiva per individuare la competenza territoriale: "In tema di individuazione del tribunale competente a dichiarare il fallimento, ai sensi dell'art. 9, comma 1, I.fall., la presunzione iuris tantum di coincidenza della sede effettiva con la sede legale è superabile attraverso prove univoche che dimostrino che il centro direzionale dell'attività dell'impresa è altrove e che la sede legale ha carattere solo formale o fittizio, rilevando a tal fine, in particolare, la mancanza di una concreta struttura operativa presso la sede legale, sicché debba riconoscersi che detta sede sia solo un mero recapito)" (p. 5)

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