Amministrativo

Furbetti del cartellino, nessuna pregiudiziale penale per il danno alla "immagine" della pubblica amministrazione

Per la sezione giurisdizionale della regione Sicilia della Corte dei Conti (sentenza 38/2021) la lesione del "buon nome" della Pa resta una ipotesi del tutto speciale di responsabilità amministrativa che può desumere "fatti" dall'accertamento in plesso penale

di Pietro Alessio Palumbo


La lesione del diritto della persona giuridica pubblica all'integrità della propria immagine è causa di danno non patrimoniale risarcibile sia sotto il profilo della "reputazione" presso i cittadini in genere o più specificamente presso i settori con cui l'ente interagisce, sia sotto il profilo dell'incidenza negativa che il "credito sminuito" può cagionare all'ordinario agire dei sui uffici. A ben vedere quindi la tutela dell'immagine dell'ente pubblico è strettamente connessa al rispetto degli ineludibili principi di imparzialità e buon andamento della Pubblica amministrazione consacrati nella stessa Costituzione Repubblicana. Ebbene con la recente sentenza n.38/2021 la sezione giurisdizionale per la regione Sicilia della Corte dei Conti ha chiarito che il quadro normativo attualmente vigente dopo il noto re-drafting disciplinare operato dalla Consulta con la sentenza n.61/2020, non richiede la presenza di una sentenza penale definitiva di condanna quale condizione di ammissibilità dell'azione di responsabilità per danno alla "nomea" dell'ente pubblico derivante dal fenomeno dei cd. furbetti del cartellino. In altre parole la lesione del "buon nome" della Pubblica amministrazione nel caso di clamor fori da assenteismo fraudolento dei propri funzionari resta una ipotesi del tutto speciale di responsabilità amministrativa che può desumere "fatti" dall'accertamento in plesso penale, conservando in ogni caso marcati tratti di autonomia e conseguenti obblighi di ristoro alla collettività.

Le possibili valutazioni dello scenario disciplinare
Il quadro normativo risultante all'esito della sentenza n.61/2020 della Corte delle Leggi, apre a differenziate interpretazioni involgenti le condizioni di ammissibilità dell'azione di responsabilità per danno all'immagine dell'Amministrazione pubblica.

Segnatamente, secondo un primo orientamento, l'osservanza nella sua lettura d'insieme, della citata pronuncia della Corte di piazza del Quirinale, imporrebbe di ritenere che l'azione di responsabilità per danno alla reputazione dell'ente pubblico presupponga, ineludibilmente, un giudicato penale di condanna.

Altro filone giurisprudenziale valorizza invece gli aspetti di autosufficienza della disciplina sulle false attestazioni o certificazioni presenti nel Testo unico sul pubblico impiego (TUPI), rispetto alla clausola limitativa della responsabilità stabilita in relazione alla pregiudizialità collegata alla preventiva e irretrattabile condanna penale per uno dei reati previsti dalla disciplina sugli effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche. Pertanto, a rigore di questo orientamento esegetico, la risarcibilità del danno all'immagine in ipotesi di assenteismo fraudolento opera indipendentemente da qualsivoglia condizione sostanziale o processuale non "espressamente" posta dalla normativa di riferimento.

I tratti peculiari della fattispecie
Invero, evidenzia la Corte dei Conti siciliana, benché la Consulta abbia ampliato gli effetti della propria pronuncia oltre a quanto chiesto nella relativa ordinanza di rimessione, ha "intenzionalmente" lasciato immutato il testo del TUPI laddove prevede che nei casi di falsa attestazione della presenza in servizio, accertata in flagranza ovvero mediante strumenti di sorveglianza, la denuncia al Pubblico Ministero e la segnalazione alla competente Procura regionale della Corte di Conti, avvengono entro venti giorni dall'avvio del procedimento disciplinare. Ebbene se si ritenesse che la decisione della Corte delle Leggi abbia determinato la necessità di una sentenza penale dibattimentale di condanna definitiva, quale presupposto per l'azione erariale di danno all'immagine derivante da assenteismo, si dovrebbe concludere che tale fattispecie abbia perso ogni connotazione di specialità, divenendo in buona sostanza identica alle altre fattispecie di reato. Di talché sarebbero state private di ogni concreta efficacia le disposizioni che impongono all'Amministrazione un distinto obbligo di comunicazione nei confronti della Procura Regionale della Corte dei Conti.

La (irragionevole) sovrapposizione delle comunicazioni
A ben vedere ove fosse necessaria una preventiva pronuncia penale definitiva di condanna, si dovrebbe affermare che all'avvio del procedimento disciplinare (per altro verso assolutamente sganciato dal procedimento penale) consegua per l'Amministrazione l'obbligo di informare entro venti giorni la Procura regionale della Corte dei Conti. Pur tuttavia, quest'ultima dovrebbe comunque attendere l'esito del procedimento penale prima di dare avvio alla propria azione. La comunicazione da parte dell'Amministrazione pubblica finirebbe per sovrapporsi ad analoga comunicazione da parte del Pubblico Ministero ai sensi della disciplina circa l'informazione sull'azione penale, normata dalle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale. Il tutto senza alcuna apparente finalità, in considerazione del fatto che alla condanna seguirebbe una comunicazione ai sensi delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale e della disciplina del codice della giustizia contabile.

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