Società

Fusioni societarie, per gli immobili il rebus delle norme da applicare

Se l’operazione è traslativa valgono le regole sulle cessioni, però non adatte

di Angelo Busani

La conclusione secondo cui la fusione provoca un effetto estintivo della società incorporata e la trasmissione del suo patrimonio (per successione universale) in capo alla società incorporante non ha rilevanza solamente sotto il profilo processuale: la stessa sentenza 21970/2021 afferma a chiare lettere che «gli aspetti “sostanziali” della vicenda della fusione societaria … non possono essere disgiunti da quelli “processuali”».
Ebbene, una rilevante derivazione dalla natura giuridica della fusione si ha nel caso di incorporazione di una società proprietaria di immobili in quanto se l’atto di fusione fosse considerato come rientrante nel perimetro degli atti «aventi per oggetto trasferimento … di diritti reali» alla sua stipula dovrebbe essere applicata tutta una serie di norme prescritte, a pena di nullità dell’atto traslativo, in ordine alla conformità edilizia e catastale degli edifici di proprietà della società incorporata, nonché la normativa attinente all’allegazione del certificato di destinazione urbanistica dei terreni di proprietà della società incorporata.
Inoltre, sarebbero da osservare le norme (non dettate a pena di nullità, ma presidiate da una sanzione pecuniaria di natura amministrativa) in tema di dotazione e di allegazione dell’attestato di prestazione energetica degli edifici di proprietà della società incorporata.
Finora, tutte queste prescrizioni, di tipica applicazione ai contratti di compravendita, sono state bypassate, nelle operazioni di fusione e di scissione, in quanto tali operazioni sono state intese (dall’indomani della riforma del diritto societario del 2003) come eventi di natura non traslativa ma meramente modificativi delle strutture societarie che vi prendano parte.
La scissione e la fusione provocano bensì un cambiamento di titolarità nell’intestazione degli immobili appartenuti, prima di queste operazioni, alla società scissa e alla società incorporata e poi venuti ad appartenere, rispettivamente, alla società beneficiaria della scissione o alla società incorporante.
Ma si è appunto ritenuto che questo effetto non fosse l’esito di un atto recante l’espressione di una volontà traslativa (come accade nel caso di una compravendita, di una permuta o di una donazione), bensì un’automatica conseguenza della concentrazione patrimoniale che viene provocata dall’operazione di scissione o di fusione, in quanto ritenuta avere non un effetto estintivo ma meramente modificativo della situazione preesistente.
Ora, al cospetto delle decisioni della Cassazione che, in tema di scissione (sentenze 4737/2020 e 11984/2020) e in tema di fusione (21970/2021) hanno decisamente ritenuto queste operazioni non come “semplici” modifiche organizzative, ma eventi di effettiva natura traslativa, un ripensamento indubbiamente occorre: magari sotto il profilo che le predette norme proprie dei trasferimenti immobiliari non si prestano ad essere applicate ai fenomeni di successione a titolo universale, essendo preordinate ad essere rilevanti per gli atti che, come la compravendita, integrano una successione a titolo particolare nel diritto oggetto di trasferimento.

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