Amministrativo

Giudice di pace, legittima la sospensione cautelare anche se la norma non la prevede

Per il Consiglio di Stato tale potere deve ritenersi insito in quello di revoca dall'incarico per condotte tali da compromettere il prestigio delle funzioni attribuitegli

di Francesco Machina Grifeo

La mancata previsione nel Dlgs n. 116/2017, vale a dire nel testo della Riforma organica della magistratura onoraria, di un espresso potere di sospensione dall'esercizio delle funzioni giudiziarie onorarie "non può ritenersi indicativa della volontà del legislatore di escludere la possibilità di irrogare un siffatto provvedimento cautelare". Il decreto legislativo, infatti, all'articolo 21 prevede la decadenza (qualora venga meno taluno dei requisiti necessari per essere ammesso alle funzioni), la dispensa (allorché si verifichi un impedimento per una durata superiore a sei mesi) e la revoca (in caso di accertata inidoneità ad esercitare le funzioni giudiziarie o i compiti dell'ufficio del processo). Non però, come detto, la sospensione cautelare dall'esercizio delle funzioni giudiziarie onorarie.

Per il Consiglio di Stato, sez. VII, 20 febbraio 2023, n. 1745 (Pres. Contessa, Est. Francola), tuttavia, il potere di disporre la sospensione deve ritenersi insito in quello di revoca del magistrato onorario dall'incarico ricoperto qualora abbia tenuto in ufficio o fuori una condotta tale da compromettere il prestigio delle funzioni attribuitegli. Se, infatti, è il ragionamento del Collegio, sussiste il potere di revocare l'atto di preposizione all'esercizio delle funzioni giudiziarie onorarie, non può che ritenersi sussistente, in quanto a fortiori contemplato in ossequio al principio di continenza, anche il (minore) potere di sospendere provvisoriamente e transitoriamente l'efficacia di siffatto atto per riscontrate e comprovate esigenze cautelari.

Non solo la carenza di un'espressa disposizione normativa "può essere superata dall'applicazione delle disposizioni concernenti gli illeciti disciplinari dei magistrati professionali in quanto espressione di un principio generale immanente al sistema e, dunque, estensibile anche alla magistratura onoraria, essendo volta a tutelare l'immagine della funzione giurisdizionale ed il corretto esercizio della stessa, dovendo, dunque, "trovare applicazione in tutti i casi in cui vi sia il pericolo di lesione".

Nel caso di specie, un giudice di pace era stato sospeso dal servizio perché sottoposto a procedimento penale a seguito di una querela per supposta truffa a cui era seguito un procedimento penale per insolvenza fraudolenta terminato con una pronuncia di proscioglimento per prescrizione. La sospensione del Gdp in via cautelare era stata presa dovendosi valutare se i fatti addebitati potessero avere rilevanza anche sotto il profilo disciplinare. Il giudice di pace ha impugnato l'atto di sospensione cautelare, osservando che l'articolol 21 del Dlgs n. 116 del 2017 non prevede espressamente la sospensione cautelare dal servizio del giudice di pace, sicché l'atto sarebbe stato adottato in carenza di potere.

Il Consiglio di Stato osserva che la sospensione cautelare dal servizio tutela non solo le evidenti esigenze pubbliche della collettività connesse all'attività giudiziaria esercitata dal giudice di pace ma anche quest'ultimo: se, infatti, "all'Amministrazione della giustizia fosse preclusa la possibilità di sospendere transitoriamente dall'incarico il Giudice di Pace coinvolto da fatti ritenuti di significativa rilevanza disciplinare in quanto idonei a compromettere il prestigio delle funzioni giudiziarie onorarie attribuite, non sarebbe possibile altra evenienza che l'immediata revoca del decreto ministeriale di nomina, con conseguente definitiva interruzione del rapporto ed impossibilità di decretarne un'eventuale futura prosecuzione se non a fronte di un annullamento d'ufficio o giurisdizionale che potrebbe anche mai avvenire".

Inoltre, l'articolo 21 quater della legge n. 241 del 1990 "riconosce, in generale, allo stesso organo che ha emanato il provvedimento amministrativo il potere di sospenderne l'esecuzione al ricorrere di gravi ragioni e per il tempo strettamente necessario, così rappresentando la sospensione dell'efficacia quale potere minore e connesso a quello (più ampio) di adozione di un certo provvedimento, in ragione dell'evidente connessione sussistente con la norma attributiva di quel determinato potere di amministrazione attiva, quest'ultima legittimando l'Autorità competente non soltanto formalmente ad esercitare il potere riconosciutogli, ma anche a consentirle un pieno governo delle conseguenze del potere esercitato, al punto da implicitamente ammettere financo la facoltà di sospendere l'efficacia del provvedimento tipico emanato".

Infine, non gioca alcun ruolo l'erronea affermazione secondo cui la società della quale l'appellante sarebbe socio ed amministratore di fatto avrebbe sede in un Comune rientrante nell'ambito del circondario di competenza del suo ufficio. La ragione del provvedimento adottato, spiega la decisione, si rinviene infatti nella tutela della funzione giudiziaria in sé considerata e nel discredito alla medesima potenzialmente arrecato dalla condotta tenuta fuori dall'ufficio dall'appellante, non rilevando anche il profilo della localizzazione territoriale a fronte della non decisiva rilevanza per la delibera del Csm impugnata che i fatti in questione siano stati commessi all'interno o meno del territorio rientrante nel circondario dell'ufficio presso il quale l'interessato svolgeva le funzioni di Giudice di Pace.

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